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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171 |
Digitalizzazione OCR e Pubblicazione a cura di Federico Adamoli
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ATTO SECONDO -- SCENA 111
59-
L'Ate 13 maligna olio divampa il regno Tolla face d'amore, è in Forteringa. Per le speranze che l'iniqua induce. La stolta giovinezza a morte corre. 360 Liberarla è il pretesto ; il fin, riporle Sul capo la corona. T Lorenesi, Quella razza superba e tracotante, Sdegnano riconoscere la sacra Ragion che ti riveste : e tu per essi --'> Non sei che una tiranna incoronata Dalla cieca fortuna. TI lor consiglio Persuase alla vana il millantarsi Regina de' Britanni. Eterna, guerra Coll'empia e col suo germe ! Ornai t'è forza 230 Di ricevere il colpo o di vibrarlo.
La sua vita t'è morte, e la sua morte T'è vita, !
Elisab. Empiete, o nobile Ceeilio, Eri officio increscioso. To so qual v'apre Puro zelo le labbra, e la sagace 23ó Prudenza io veggo che dal cor vi sorge; Ma nel chiuso dell'anima detesto Questa prudenza sanguinosa,! Io bramo Un consiglio più mite. Illustre Tallio ! Palesateci il vostro.
Talbo Alla fedele
240 Cura, che infiamma di Cecili© il petto
Degnamente applaudisti, o mia, regina. A me pure, a me pur, benché dal labbro Non trabocchi eloquente, un cor si move Fido non meno. Oli. possa tu per lunghi 245 Anni produr la- gloriosa vita
Al gaudio de' tuoi servi ed alla pace b>i questa, terra! Più felici tempi Non rammenta Albion da che si regge
13 Ate : la Sedazione. Era figlia di Giove e, secondo Esiodo. di Eride, la Discordia, e fu cacciata dall'Olimpo per la sua malvagità.

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