Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincie di Reggio Calabria - Catanzaro - Cosenza', Gustavo Strafforello
Pagina (213/266) Pagina
Pagina (213/266)
La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Reggio Calabria - Catanzaro - Cosenza
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 258
180
l'arie Quarta — Italia Meridionale
quando suo fratello Ruggero incominciò le sue imprese nel mezzodì della Calabria, esordì col fondare, in vai delle Saline presso il capo dell'Anni, uno stabilimento simile a quello che suo fratello Roberto aveva fondato a San Marco Argentano.
Roberto — come leggesi nella cronaca latina di Amato, monaco di Montecassino — divenne un capo-brigante stabilito in San Marco e tal fu l'esordio di questo terribile conquistatore, il quale, dopo di aver fondato definitivamente un impero durevole nel mezzodì d'Italia, doveva morire trent'anni dopo, quando pareva che avesse a porsi in capo la corona imperiale di Costantinopoli e quando intitolavasi già superbamente nell'iscrizione della facciata di Salerno:
Roberto andò a chiedere soccorsi a suo fratello Umfredo conte dei Normanni della Puglia e, nulla avendo ottenuto, ripigliò più apertamente la vita di brigante. I)a ultimo venneglì fatto stringere amicizia con Pietro, castellano ricchissimo di Bisignano, e, postegli a tradimento le inani addosso, lo trasse prigioniero a San Marco e non lo ripose 111 libertà che dopo avergli estorto 20.(100 monete d'oro, con le quali s'affrettò a costruire, in San Marco Argentano, un castello nmnitissiino, la cui torre altissima esiste ancora al dì d'oggi.
Fu allora che i Normanni appiccarono a Roberto il soprannome di Viseardo (o Guiscardo), che significa astuto e che Girardo di Iìuonalbergo gli diede tosto in moglie sua sorella Alberada, unendosi a lui con 200 cavalieri. Per tal modo Roberto potè cominciare a trasformarsi da brigante in conquistatore, Egli cessò di saccheggiare il paese e s'impadronì in poco tempo della valle del Grati. Molti schieratomi sotto le sue bandiere e di tal modo egli formò quel corpo di Calabresi pienamente devoto alla sua persona, col quale contribuì sì validamente a decidere le sorti della battaglia di Civitella. Quest'evento, che. assicurò la posizione, dei Normanni in Italia e ili cui Roberto non esitò a recare a suo fratello Umfredo il soccorso che questi gli aveva sempre negato, accrebbe prodigiosamente la sua rinomanza fra i suoi compatrioti.
Fu allora ch'ei si tenne così forte da poter ripudiare Alberada e contrarre una alleanza più brillante con Sigelgaita, figlia di Guaitnaro principe di Salerno. Ma, invece di ricompensarlo, Umfredo, sempre geloso di lui, lo fece prendere a tradimento e gittare in prigione l'anno seguente 1054.
Roberto non vi rimase a lungo, del resto, che i Normanni costrinsero Umfredo a riporlo in libertà, a riconoscerlo, sotto la sua alta sovranità, signore di tutto ciò ch'ei potesse conquistare in Calabria ed a somministrargli truppe per coadiuvarlo in questa conquista. Roberto s'impadronì a viva forza delle città chiuse che gli avevano sino allora opposto resistenza, di Malvito, di Bisignano, di Cosenza, di Martorano e di tutto ciò che costituisce la Calabria Cifra, vale a dire la provincia di Cosenza. Egli serbò sempre la sua residenza a San Marco Argentano, che rimase la sua piazza d'anni principale sino al 1057, in cui succede al fratello Umfredo nella contea di Puglia a danno dei suoi nipoti e pupilli. Avendo allora il suo comando tutte le forze normanne, in prima attese a compiere la coni)uisf.a delle Provincie Calabre e, dopò aver sottomesso, nel 1060, Reggio Calabria, assunse il titolo di duca di Puglia e di Calabria, coll'assenso di papa Nicolò II.
Nel 1098, quando il gran conte Ruggero s'accinse alla conquista di Capita, ribelle al suo principe Riccardo della Casa noi manna d'Aversa, ei radunò a San Marco Argentano il suo esercito, di cui una gran parte era composta di Mussulmani di Sicilia. Imperocché i principi normanni non si facevano scrupolo di servirsi, in paesi cristiani, dei loro sudditi arabi e non cristiani come milizie. E i papi, che menarono di ciò tanto scalpore contro Federico II, il grande Ilolienstaufen, denunziandolo all'indignazione dell' intiera Cristianità, i papi, diciamo, fecero allora lo gnorri. Quando Roberto Guiscardo andò a liberare in Rama Gregorio VII, dando alle fiamme parto della città, il papa non si scandalìzzo che una frazione dei suoi liberatori fossero soldati maomettani.