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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Reggio Calabria - Catanzaro - Cosenza
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 258

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Nicastro
   175
   Cenni storici. — .Nicastro ha una lunga storia favolosa od ipotetica intorno alle sue origini accolta dal marchese Francesco di Sant'Ippolito nelle sue Memorie storiche della città di Nicastro, riprodotta da Pasquale Giuliani nel libro dello stesso titolo, pubblicato nel 187G a Nicastro e confutato dal Lenormarit nel 3° volume della sua erudita Grande Grève.
   A detta sua, Nicastro non è punto l'antica Numistro, presso la quale fu combattuta nel 210 av. C. una battaglia rimasta indecisa fra Annibale e Marcello. Nicastro è una corruzione di Neocastrum, così denominato in tutti i diplomi antichi ed autentici. Questa denominazione appartiene alla grecità bizantina, e dimostra in modo irrefragabile che la città è una di quelle fondate sotto il dominio degli imperatori greci e per cura dei loro agenti per accogliere i nuovi coloni condotti dall'Oriente o per porgere un asilo alle popolazioni espulse nelle invasioni. E se Nicastro è di fondazione bizantina, è nel suo genere una delle più antiche della Calabria, anteriore di almeno due secoli a Catanzaro. Esisteva già nel secolo VIII, ma gli è soltanto coi Normanni che incominciò a rappresentare una parte nell'istoria generale. La sua fortezza era allora una delle chiavi della Calabria meridionale e di là passava la strada che metteva a Reggio da Cosenza e da tutta la vai di Grati.
   Roberto Guiscardo bloccò Nicastro, recandosi per la prima volta a por l'assedio a Reggio nel 1057, e ne ricevette, al ritorno, la capitolazione, in un con quella di Maida. L'anno seguente, alla prima contesa fra Roberto e suo fratello Ruggero per la divisione della Calabria conquistata in comune, mentre Roberto assediava Ruggero in Scalea, ì greci di Nicastro ribellaronsi e sterminarono la guarnigione di 60 uomini d'arme normanni rimasti nel castello. Codesto evento, facendo temere una insurrezione generale della Calabria, addusse la riconciliazione dei due fratelli. Nicastro rimase definitivamente a Roberto il quale, occupando l'area di un antico monastero greco denominato I'arrigiani, sacro a Santa Eufemia vergine e martire di Calcedonia, e distrutto dai Saraceni, vi costruì una sontuosa e celebre abazia di Benedettini, distrutta poi, a sua volta, dal terribile tremuoto del 1638. Nella carta di fondazione di quest'abazia, fra le tante sue donazioni, ve n'Ita una di sua nipote Emlmrga, figliuola di Drogone, la quale fece edificare a proprie spese la cattedrale ov'era il suo sepolcro ed atterrata anch'essa dal suddetto tremuoto.
   A Nicastro dimorò l'imperatore e re Arrigo VI, come attesta un diploma emanato in questa città a favore del monastero di San Giovanni in Fiore nella Sila. La sua vedova Costanza fece riattare il castello di Nicastro durante la minorennità di Federico II. Sotto questo principe Nicastro toccò l'apice della prosperità; era allora una delle città principali della parte più meridionale, del regno di terraferma. Nella regione detta Carrà l'imperatore aveva una villa con un parco da caccia ove introdusse la razza dei fagiani la quale attecchì e fece sì buona prova che, nel secolo XVII, questi nobili uccelli abbondavano ancora pei boschi vicini.
   Nel 1239 Federico II ripigliò, pel Regio Dominio, quella parte di Nicastro che. i monaci di Sant' Eufemia possedevano in feudo, dando loro in cambio la cittadella vicina di Nocera. Il castello, rinforzato dall'imperatore con nuovi lavori e creduto inespugnabile, racchiudeva il tesoro accumulato coi redditi fiscali della metà della Sicilia e dell' intiera Calabria.
   Quando, in capo ad un certo numero d'anni, volle addolcire la cattività del suo primogenito Arrigo — creato in prima da lui re dei Romani e poi ribellatosi ad istigazione del papa e dei guelfi d'Allemagna — Federico 11 fece condurre a Nicastro codesto principe, rinchiuso dal 1235 nel castello di San Felice nella Puglia, sotto la custodia di Galvano Lancia. Ma, giunto nella fortezza calabra, Arrigo riuscì ad evaderne ed andò a nascondersi ne! bosco di Martirano, ove, secondo gli uni, affogò nelle acque del Savuto per sottrarsi a coloro che lo inseguivano e, secondo altri,