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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Reggio Calabria - Catanzaro - Cosenza
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 258

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   142
   l'arte Quarta — Italia Meridionale
   Milano, ove fu seppellito nella chiesa del Cannine. Aveva fatto venire da Caccuri i suoi due nipoti, che condivisero la sua fortuna e il suo favore alla Corte degli Sforza.
   11 maggiore, Cecco Simonetta, nato nel 1410, tenne dietro a Francesco Sforza in tutte le vicende della sua vita guerresca. Nel 144S combattè al suo fianco nella battaglia di Caravaggio vinta sui Veneziani; nel medesimo anno ebbe da Renato d'Angiò il titolo semplicemente onorifico di presidente della Camera della Summaria o Camera dei Conti nel suo regno in purtihus di Napoli e, dopo qualche tempo, fu nominato governatore di Lodi.
   Quando Francesco Sforza divenne duca di Milano, Cecco Simonetta ebbe parecchi feudi nel ducato, fra gli altri, quello di Sartirana nella Lomellina. Per la sua fedeltà, la sua istruzione e la generosa protezione accordata alle lettere e alle belle arti, egli era divenuto il personaggio principale del ducato; donde la gelosia e l'invidia dei cortigiani, che tentarono, ma indarno, di screditarlo e togliergli il favore del duca.
   Dopo la morte dello Sforza continuò nei suoi uffici sotto Galeazzo Maria e, quando questi fu assassinato nel 14-76, ebbe gran parte nel mantenimento dell'ordine e nell'assunzione al potere di Gian Galeazzo. Egli aiutò coi suoi consigli la duchessa vedova Dona di Savoia, che governò durante la minorennità del giovane duca suo figlio; e diede prova di fermezza e di previdenza, approfittando dell'esempio della rivoluzione suscitata a Genova dai Ineschi per cacciare da Milano coloro che apparecchiavansi ad imitarli.
   Ma Cecco Simonetta non vinse i suoi potenti avversari che per rimaner vittima degli intrighi di un ignobile avversario. Certo Tassini ferrarese, antico cameriere di Galeazzo Maria, divenne il drudo della duchessa reggente. Simonetta lo disprezzò a prima giunta e non si avvide del pericolo che correva se non allorquando il favorito ebbe ottenuto il richiamo degli sbanditi, di Lodovico il Moro fra gli altri, il più pericoloso di tutti. Fu allora ch'ei disse a Bona di Savoia: « Io perderò la mia testa, ma voi non conserverete il governo dello Stato >. Infatti, dopo d ritorno del Moro, l'integro e fedele ministro Simonetta, il solo onesto degli uomini politici italiani di quei tempi borgiani, fu arrestato ed imprigionato nel castello di Pavia. S'incominciò con
   10 spogliarlo dei suoi averi, divisi fra i suoi nemici. Indi, dopo d'essere stato sottoposto più volte alla tortura, gli fu mozza la testa il B0 ottobre 1480. La sua tomba trovasi nella chiesa di San Domenico in Pavia.
   Il suo minor fratello, Giovanni Simonetta, fu favorito del pari da Francesco Sforza. Ferdinando di Napoli gli diede, nel 1460, l'investitura dei feudi di Pioccella e di Rocca di Neto nella Calabria sua patria. Milano e Genova gli diedero la cittadinanza e il duca Galeazzo Maria gli fece dono della terra di San Giorgio nella Loinellina. Dopo la morte di Francesco Sforza, di cui era stato segretario intimo, attese esclusiva-niente a scrivere la sua storia, la quale venne ni luce a Milano al principio del 14-80 sotto il titolo: l>e rebus gestìs Francisci Sfortiae Mediolanevsi duci®, libri xxxi e fu ristampata nella medesima città nel 1486, sempre in folio. Fa Piblioteca Nazionale di Parigi possiede l'unico esemplare in velino dell'edizione principe ed è quello che
   11 Simonetta destinava a Luigi XI e che offri a Carlo Vili. Fssa possiede anche l'esemplare in velino della traduzione in italiano pubblicata da Cristoforo Landino a Milano nell'anno 1490, esemplare destinato a Lodovico il Moro col suo ritratto in miniatura.
   Alla fine del 1480 Giovanni Simonetta fu coinvolto nella disgrazia del fratello suo, posto alla tortura ed esiliato da ultimo a Vercelli; dacché Lodovico ii Moro non aveva osato mandare al patibolo lo storico che aveva onorato la memoria del padre suo. È ignota la data precisa della morte di Giovanni Simonetta, ma esiste il suo testamento con la data del 1491 Nella chiesa di Santa Maria delle Grazie in Milano sorge il suo sepolcro, di cui l'epitafio attesta che il Moro lo aveva lasciato tornar dall'esilio.