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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Reggio Calabria - Catanzaro - Cosenza
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 258
Cotrone
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una perdita (li 1200 uomini. Alcuni giorni dopo però, ricongiuntosi, con una marcia notturna, al proconsole P. Licinio Crasso Dives, riappiccò battaglia e sconfisse i Cartaginesi costretti a rinchiudersi in Crotona dopo aver lasciato sul campo 4000 morti e oOO prigionieri, con undici insegne militari in mano ai Romani.
L'anno seguente Annibale assiste da Crotona alla defezione delle città bruzie della valle del Crati, le quali, volendo por line alla guerra, schiusero le loro porte al console Gneo Servilio Copione, che, animato dal buon snccesso, andò ad assalire i Cartaginesi sotto Crotona. Fu una battaglia sanguinosissima, in cui i Fenici Occidentali ebbero 5000 morti ed altrettanti almeno i Romani e di cui l'esito rimase indeciso. Ma in capo ad alcuni giorni giungeva a Crotona Asdrubale coll'ordine assoluto del Senato cartaginese ad Annibale di lasciar l'Italia e tornare in Africa per tener testa a Scipione.
Annibale ubbidì a malincuore ma volle, partendo, lasciar ricordi sanguinosi all'Italia. Ei s'imbarcò a Crotona, sulla cui spiaggia fu compiuto, per ordine suo, l'eccidio efferato dei mercenari italiani. Per non lasciare nulla ai Romani che potesse giovar loro in guerra appiccò il fuoco ai proprii arsenali e magazzini e fece uccidere 4000 cavalli da guerra con tutti gli animali da soma del suo esercito. Egli attese quindi all'imbarco delle schiere che voleva condurre in Africa per opporle a Scipione. Come tutti gii eserciti cartaginesi, il suo componevasi di mercenari di ogni provenienza; ma il vero nerbo consisteva in quelle vecchie bande italiote di Campani, di Sanniti, di Lucani e di Bruzii che seguivano da molti anni la sua bandiera e ch'egli aveva trovato in ogni occasione non meu salde delle migliori legioni romane. Egli tentò con belle promesse, l'aumento del soldo fra le altre, di adescarle a tenergli dietro a Cartagine, ma la più parte rifiutarono di espatriare ed Annibale allora li radunò per la restituzione delle armi, facendoli circondare dal rimanente delle sue schiere. Ad un suo cenno un corpo appostato di arcieri semi-selvaggi africani e delle isole Baleari saettarono tutti quei miseri Italioti disarmati, che 11011 potevano nè difendersi nè fuggire.
Dopo la partenza di Annibale, Crotona rimase quasi deserta e rovinata in gran parte; finche, nel 194 av. Cr., il Senato romano v'inviò una colonia sotto i triumviri Gneo Ottavio, L. Emilio Paullo e C. Pletorio In questa nuova condizione la città ripigliò una certa floridezza, ma ben lontana dall'antica. 11 suo porto però fu sempre frequentato qual luogo di transito in Grecia ed un'iscrizione dà sempre a Crotona il titolo di colonia sotto l'Impero, quantunque nè Plinio nè Tolomeo la riconoscano come tale.
11 nome di Crotona ricomparisce nelle guerre di Belisario e di Narsete contro i Goti; essa fu una delle poche città che serbarono sempre a quel tempo qualche considerazione in quella parte d'Italia e continuò ad esistere sotto la sovranità degli imperatori bisantini ; finché passò, col rimanente della moderna Calabria, sotto quella dei Normanni.
Ignorasi affatto a quali mani il dominio feudale di Crotona (che incominciava a prendere il nome odierno di Cotrone) fu assegnato sotto i Normanni e i principi della Casa di Svevia, ovvero se essa formasse allora parte del regio dominio. L'istoria niedievica di Cotrone non fu ancor scritta e solo si sa che, al principio del regno degli Angioini, essa era una regia fortezza, di cui Carlo d'Angiò diede, nel 1284, la Castel-lama a Pietro Ruffo conte di Catanzaro, d'origine calabrese ed uno dei suoi ardenti partigiani.
Nel secolo XV il marchesato di Cotrone e il ducato di Catanzaro passarono da Nicolò Ruffo alla sua figlia ed erede Enrichetta, la quale, avendo sposato, per amore e contro il volere del re, Antonio Centiglia di Yentimiglia, morì di crepacuore in una villa detta appunto di Crepacuore. Quest'Antonio Centiglia va rinomato nell'istoria napoletana sotto il titolo di Marchese di Cotrone.
Per impedire le devastazioni dei Barbareschi, Don Fedro di Toledo, uno dei migliori viceré di Napoli, fortificò, nel 1041, Cotrone, rifacendone le fortificazioni e costruendone