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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Reggio Calabria - Catanzaro - Cosenza
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 258
Provincia ili Catanzaro
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Questa basilica è il residuo più ragguardevole dei primi secoli cristiani nelle provincie meridionali dell'antico ex-reame di Napoli.
Come attesta il nome della stazione Annibali, san quelle le rovine presso la foce del Cornee di Castra llannibalis. Ai bei tempi delle colonie acliee nella Magna Grecia era colà uno stabilimento ellenico in cui Annibale, apprezzandone il valore come posizione strategica, costruì una fortezza per coprir da quella parte, contro ogni assalto dei Romani, i quartieri d'inverno delle sue schiere stanziate nel paese di Crotona.
Terminata la seconda Guerra Punica, una piccola città succedette al campo trin-cierato d'Annibale. Tito Livio, che chiama il luogo Castra e vi ricorda l'esistenza di UH porto e di una dogana (Castrorum portorium quo in loco nunc oppidum est), ci informa che, nel 198 av. C., i censori P. Cornelio Scipione Africano e P. Elio Peto, vi dedussero una colonia di 3000 cittadini, numero stabilito dal Senato. Zuinpt eMommsen hanno dimostrato che un po' più tardi, quando una colonia importante fu stabilita nel 122 av. C. a Scylacium (di cui tratteremo in seguito), Castra llannibalis divenne il porto di questa città, di cui la costa, sparsa di scogli, era pericolosissima pei bastimenti. Dice Plinio che a Castra llannibalis la distanza dal Jonio al Tirreno era di 20 miglia romane ed è ben quella infatti che si può sempre misurare in linea retta dalla foce del Cornee, nel golfo di Squillace, alla costa del golfo di Sant'Eufemia presso il luogo detto Fondo del Fico. Egli aggiunge che precisamente in quel luogo Dionisio di Siracusa tolse a chiudere con una muraglia continua l'istmo Squillaceo, o lo strozzamento fra i due golfi opposti, per proteggere contro i barbari esterni, ovvero ì Lucani, le popolazioni comprese entro l'istmo. Vero è però che questa muraglia non potè essere compiuta. In seguito Crasso, respinto ch'ebbe il celebre Spartaco e i suoi schiavi ribelli nella penisola di Reggio Calabria, tolse alla sua volta a chiudere l'istmo Squillaceo con un'altra muraglia. Per bloccarle per terra, mentre le navi incrociavano lungo la costa, fece eseguire questa grande opera dai suoi soldati per tenerli in esercizio. Fu scavato in prima un fosso largo e profondo 30 piedi, che superava il pendìo delle montagne. Dice Plutarco ch'esso aveva 300 stadii di sviluppo, il che sembra indicare che egli tagliò l'istmo obliquamente in modo da appoggiarsi alle sue due estremità sulle piazza forti di Vibo Valentia (Hipponium, ora Bivona, che troveremo sotto Monteleone) e Scylacium, due colonie delle quali Spartaco non aveva potuto impadronirsi.
Dietro il fosso i soldati di Crasso incominciarono ad innalzare un muro costruito solidamente. A prima giunta, Spartaco rise di quei lavori; ma, quando si vide al punto di essere rinchiuso come in una trappola, prese la cosa sul serio e pensò al modo di sgattaiolarsela coi suoi. Era il verno. Approfittando d'una notte in cui una fitta nevicata impediva ai Romani di far buona guardia, l'accorto Spartaco, che aveva dato prova di essere un buon generale nell'insurrezione servile, fece colmare il fosso con terra e lascine in un punto non chiuso peranche dal muro e passò col suo esercito di schiavi per riappiccar guerra nella Lucania. Tutto il lavoro penoso di Crasso era oramai divenuto inutile. La circostanza della nevicata determina il punto ove passò Spartaco, (lacchè in Calabria non nevica se non nelle alte montagne. Gli è perciò evidentemente a traverso la cresta del monte Cappari sopra Monterosso che l'esercito degli schiavi ribelli sforzò la linea del blocco e passò alle spalle dell'esercito di Crasso.
Nella parte più alta della \ alle del Corace era situata la celebre abbazia di Corazzo, fondata, nel 10G0, da Roberto Guiscardo pei Benedettini, occupata in seguito, nel 11G2, (lai Cistercìensi, la quale annoverò fra i suoi abati, sullo scorcio del secolo XII, il beato Giovanni Gioacchimo, che doveva poi fondare l'ordine monastico di Flora.
Risalendo un po' meli lungi nella valle del Corace a 17 chilometri dal mare, si incontra, ad una grande altezza sopra la sponda destra del fiume, fra le due gole profonde del Corace e del Lama lo (l'antico Lametus), la cittadetta di Tiriolo che troveremo
GO — Lu l'atriu, voi. IV, parte 2\