Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincia di Napoli', Gustavo Strafforello

   

Pagina (426/475)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (426/475)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Napoli
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 450

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   37-2
   Parte Quarta — Italia Meridionale
   Tutte queste vicende non potevano non affievolire la potenza, menomare la prosperità di Cuma e renderla meno atta a competere con la potenza crescente degli Etruschi. Noi la troviamo perciò invocante l'aiuto di Jerone, despota potente di Siracusa, contro le squadre combinate dei Tirreni e dei Cartaginesi che l'avevano assalilo per mare e minacciavano la sua esistenza. La vittoria di Jerone in quell'occasione (414 av. C.) non solo liberò Cuma da un pericolo immediato, ma pare infliggesse anche 1111 colpo terribile alla potenza marittima degli Etruschi (Diod., xi, 51; Pino., Pyth., 1, 136-140) la cui squadra fu sconfitta nel golfo di Pozzuoli. Questa vittoria navale fa celebrata da Pindaro in uno de' più bei passi della la ode Pizia.
   Cuma par godesse poi di un lungo periodo di riposo e. di prosperità, ma un pericolo più formidabile divenne per essa la potenza crescente dei Sanniti, i quali, nel 423 av. C., impadroiiironsi di Capua e sol dopo tre anni, sconfitti ch'ebbero i Caimani in battaglia, posero l'assedio alla loro città e riuscirono, dopo reiterati tentativi, a prenderla d'assalto. La città fu posta a sacco, molti dei suoi cittadini passati a lil di spada e 1 rimanenti, trattone quelli clic riuscirono a porsi in salvo a Napoli, venduti schiavi: mentre le loro mogli e figliuole furon costrette a convivere coi conquistatori 1 quali vi fondarono una colonia.
   Da quel periodo (420 av. C. secondo Livio) Cuma cessò di essere una città greca e quando Capua cadde in poter dei Domani anch'essa fu sottomessa ed eretta, nel 331 av. C., 111 municipio romano. Nella seconda Guerra Punica, Annibale tentò impadronirsene, ma fu respinto da Sempronio Tiberio Gracco. Nel 210 av. C. Cuma divenne una prefettura e fu ascritta da Augusto fra le colonie. Sotto l'Impero scadde rapidamente sì che Giovenale la chiama vacua Cuma e Stazio quieta Cijme. Itinia-nevanvi però sempre le traccio della civiltà ellenica, sia nelle sacre, sia nelle civili istituzioni. Ateneo descrive la perfezione delle sue arti, delle sue industrie e delle sue vesti seriche trapunte d'oro. I suoi vasi dipinti, i Vasi Gumani, godevano e godono ancora di una fama mondiale.
   Dell'importanza e rinomanza di Cuina nell'antichità così vien ragionando Gaetano Nobile: « Fu in Cuma che il figlio di Laerte (Ulisse) consultò l'ombra di Tiresia, di sua madre Anticlea e de' principali guerrieri ch'eran caduti sotto le mura di Troia. Omero, che cantò di ciò, conoscendo per minuto questi luoghi, nei ventisei vulcani clic sorgevano dal promontorio di Palinuro fino a quello di Miseno, figurò i giganti che movevano guerra ai Celesti. Virgilio succedette ad Omero. Qui attinse le sue stupende immagini, qui compose i suoi versi inimitabili e il sublime orrore che spirano questi luoghi venne trasfuso nel sesto libro dell'/ftìeii/e. Cicerone vi ebbe una sontuosa magione e qui forse scrisse le migliori sue opere, i suoi nove libri Dell'ottimo stato della città e Dell'ottimo cittadino ed ancora i sci libri Della Repubblica. Veggonsi tuttora i ruderi della sua villa. Seneca possedeva anche, in Cuma un luogo di delizie e vi scrisse le sue Epistole e i libri delle Quistioni naturali ».
   Dopo la caduta dell'Impero Domano, Cuma fu occupata da Tolila che restaurò le sue mura; Teja vi fu eletto re; e, dopo la sua sconfitta e la sua morte nella battaglia del Sarno, i suoi seguaci, capitanati dal suo fratello Aligerno, si chiusero nella cittadella. Narsete, non gli venendo fatto di espugnarla, empiè la grotta della Sibilla di materiale combustibile, vi appiccò il fuoco, ne distrusse con esso la vòlta e penetrò nel centro della cittadella eh'ei ridusse in rovina. Nel secolo Vili Piomualdo, duca di Benevento, s'insignorì della città, la quale fu nel secolo IX saccheggiata ed arsa dai Saraceni. Nel 1217, essendo Cuma divenuta un covo di ladroni e pirati, che travagliavano per ogni lido Terra di Lavoro e particolarmente il territorio di Aversa e di Napoli, 1 Napoletani e Ì Baroni del Regno ne smantellarono le mura, vi appiccarono il fuoco e distrussero in tal modo quel clic ancor rimaneva dell'antichissima Cuma, la cui chiesa rimase unita a quella di Napoli
   Ed ora, che abbiamo compendiato l'istoria di Cuma percorriamone le rovine.
   1. Porta, Mura ed Ackoi'Oli. — Dalla parte meridionale ov'era l'abitato si salii® alla cittadella di Cuma la quale sorgeva sopra una roccia vulcanica tagliata a picco e inaccessibile negli altri lati. La porta principale si distingue ancora all'Arco Felice con le fondazioni delle forti mura che cingevano tutta l'Acropoli, da cui si gode, col bel tempo, di un'ampia prospettiva sino a Gaeta ed a Ponza.
   2. Grotta della Siiulia Cumana. — Il colle dell'Acropoli è perforato in tutte le direzioni da caverne scavate nel tufo, molte delle quali sono ora inesplorabili. Una di esse, con parecchie