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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Napoli
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 450

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondano di Castellammare di Statua
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   Fig. 215. — Sorrento : Veduta della città (da fotografìa).
   Mandamento di SORRENTO (comprende 2 Comuni, popol. 20,475 ab.). — Territorio feracissimo in cui prosperano stupendamente gli ulivi, gli agrumi, i gelsi, gli alberi da frutta di varie specie, le viti, le granaglie, ecc. Prati lussureggianti e pingui pascoli con bestiame abbondante.
   Sorrento (7896 ab.). — À 50 metri dal livello del mare; fu soprannominata la Gentile e sorge fra gli aranci e i limoni, sopra una roccia a picco alta 50 metri sulla spiaggia (tigg. 215-216). È circondata da un burrone per tre lati, che costituiva la cinta della città. La gola a est, che separa la piazza dal sobborgo verso Meta, termina alla Marina piccola, o il porticciuolo; e quella a ovest alla Marina grande, o porto grande, ove approdano i bastimenti, ed è un cantiere di costruzione navale.
   Le mura e le torri della città fondata dai Tirreni, che tuttora ha un florido commercio, sono in rovina da lungo tempo, e dell'antico e splendido Surrentum dei Romani, così ricco di tempii e di ville, più non rimangono che alcune così dette antichità, di nome soltanto e nulla più. Consistono esse: nelle costruzioni di un edilizio sotto villa Maio, detto Tempio di Cerere; in alcuni corridoi scavati sotto la Cucumella, detti il Tempio delle Sirene e la Grotta d'Ulisse; in un arco che si suppone appartenesse ad un tempio di Nettuno; in un altro arco, di bella costruzione in mattoni, che mette in una camera interna sotto l'albergo della Sirena, e nel mare vicino alcuni grossi massi, fondazioni di un molo antico; in alcuni residui d'opera reticolata in mattoni, detti il Tempio d'Ercole; negli avanzi di un viadotto sopra la gola fuori la porta verso Massalubrense e della villa di Pollio Felice, l'amico di Stazio, che la descrisse nel poema le Sylvae; in alcuni archi e corridoi, che credonsi le rovine di un anfiteatro; e finalmente nella Piscina, all'ingresso della città, quasi dirimpetto all'albergo