20 Par te Quarta — Italia Meridionale
I celebri freschi dei Sacramenti nella chiesa dell'Incoronata furono attribuiti per lungo tempo a Giotto stesso; ma essi altro non sono che testimoni eloquenti del fiorire dell'arte giottesca nella metà del secolo XXV (1). Napoli possiede anche in S. Lorenzo una pala d'altare dipinta pel re Roberto da Simone Martini senese.
Oitansi anche quali allievi del Simone napoletano: Gennaro di Cola, Stefanone, Francesco di Simone e Colantonio del Fiore, personaggi tutti semi-mitici. I freschi nella coppella del Crocefisso nella chiesa dell'Incoronata caratterizzano Gennaro di Cola quale un pittore di second'ordine della fine del secolo XIV. Allo Stefanone ascri-vonsi i freschi del secolo XIV in Duomo, ma anche i dipinti secondari del secolo XVI 111 San Domenico. Francesco di Simone vuoisi dipingessi nel 1400 in Santa Chiara la Madonna nella nicchia sepolcrale di Antonio di Penna; altri dipinti sotto il suo nome sono di stile affatto diverso. Colantonio del Fiore par sia un duplicato di Antonello da Messina, dacché si legge ch'ei lasciò l'antica pittura a tempera per la nuova a olio dei Fiamminghi e che fu il maestro di Antonello. Gli si attribuiscono i dipinti toscani nel coro di Sant'Antonio e quelli di stile fiammingo in San Lorenzo ; ma probabilmente egli non è mai esistito.
I freschi che voglionsi di Agnolo Franco (morto nel 1145?) porgono testimonianza della maniera umbro-senese, com'anco i freschi nella cappella Brancaccio e il trittico nella Cappella San Bonito in San Domenico, del pari che la Madonna nella cappella Capece Gal co fa in Duomo.
Fioriva in quel tempo un commercio attivo di quadri fra i porti delle Fiandre e d'Italia durante il quale iniportaronsi in quest'ultima, a Napoli principalmente, dipinti di secondo e terz'ordine. Pittori napoletani presero allora ad imitare lo stile fiammingo e pittori olandesi posero stanza a Napoli per appropriarsi la maniera italiana. Il perchè trovansi di quel tempo in Napoli, accanto ai prettamente fiamminghi, anche dipinti italo-fiamminghi, fra i quali, ad esempio, San Gerolamo nel Museo Nazionale, San Francesco in San Lorenzo, due tavole accurate della scuola del Van der Weyden. Nello stile medesimo, ma più debole, èia Sepoltura di Cristo in San Domenico; di un tempo posteriore, San Vincenzo in San Pietro Martire, e la Madonna con Santi nella chiesa sotterranea di San Severino.
Quattro tavole e freschi in cui apparisce chiaramente l'elemento fiammingo sono attribuite in Napoli al cosidetto Zingaro (nomignolo di Antonio Solario), come il più rinomato degli antichi pittori napoletani. Anche la costui esistenza è mitica (2). Quali dipinti più importanti in Napoli gli si attribuiscono: San Francesco, in San Lorenzo; San Vincenzo, ili San Pietro Martire; San Severino, nella chiesa di questo nome, tutti nella maniera fiamminga; quindi nel Museo Nazionale una gran pala di altare nella maniera umbra, del principio del secolo XVI.
I freschi della Vita di San Benedetto (1495) nella crociera di S. Severino non appartengono ad alcun pittore napoletano, sì ad un maestro della scuola umbro-fiorentina.
I cosidetti allievi di Colantonio e dello Zingaro, Piero ed Ippolito Donzelli, ai quali attribuiscono i dipinti più disparati, ad esempio, nel refettorio di Santa Maria la Nuova, nel Museo Nazionale e m Santa Barbara, erano fiorentini di nascita e di educazione, il pruno nato nel 1421 e nel 1455 il secondo, allievi ambedue di Neri di Bicci.
Le pitture attribuite a Simon Papa seniore hanno un tipo incisamente fiammingo. Di non molta importanza sono quelle di Silvestro de'Buoni (morto nel 1480?) a cui si
(1) Ro queste pitture veggasi il Lei libro di Gustavo Frizzo: Varie Angioina.
(2) Il De Dominici ha inlessuto in Ionio allo Zingaro una storia che pur cavata da lui dalla vila del fabbro-ferraio Josse Metsys, da Louvain, tanto valente che la città gii assegnò ogni anno cinque canne ili panno nero per un robone da festa (Vedi Due pittori per umore in Napoli nobilissima, voi. ni, fase, vili, 1S'J4).