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l'arte Quarta — Italia Meridionale
in rispetto il viceré duca d'Arcos e fu per una settimana il dittatore di Napoli. Ebbro quindi del potere o consunto ed eccitato da un veleno esilarante propinatogli, fece uno sconcio, sconclusionato discorso nella chiesa del Carmine nel cui convento fu assassinato da tre sgherri del Maddaloni.
Seguì la romanzesca spedizione del duca di Guisa che assunse il titolo di doge della Repubblica partenopea secondato da un rozzo popolano Gennaro Annese, il quale finì per tradirlo e lo costrinse a rendersi prigioniero dopo molte e inutili prove di valore cavalleresco. Don Giovanni d'Austria spense l'effimera repubblica approfittando del tradimento dell'Annese che mandò al patibolo. Al flagello della guerra civile tenne dietro quello della peste, recata da una nave dalla Sardegna. La mortalità fu così enorme clic, al dir degli storici contemporanei, perirono non men di 400,000 persone, essendovi de' giorni in cui la peste ne mieteva meglio di 15,000.
Dieci furono i viceré inviati a Napoli da Filippo IV il quale morì nel 1CG5 lasciando il trono a Carlo II di Spagna in età di 4 anni. Fiacco di mente e (li corpo, questo sovrano lasciò opprimere Napoli e la Sicilia da' suoi viceré, fra i quali l'avarissimo e cupidissimo Pietro Antonio di Aragona (1671). Provvido fu per contro il governo del marchese Del Carpio (1687) e quello del suo successore Benavides conte di Santo Stefano (1693), sotto il quale Napoli fu devastata da un orrendo tremuoto. Benemerito della città fu Luigi de Zerda duca (li Medina Codi (1695), il quale l'abbellì della villa di questo nome, della sontuosa fontana Medina, ecc. Incominciò allora la famosa guerra di successione di Spagna per avere il suddetto Carlo II, privo di eredi, legato le corone che aveva nei due monili a Filippo V d'Angiò nipote di Luigi XIV re di Francia. Filippo venne in persona a Napoli e si mostrò sì buon principe che il popolo gli decretò un dono (li 300,000 ducati ed una statua in bronzo nella piazza maggiore della città. Vi lasciò un solo viceré, il duca d'Ascalona.
Frattanto gli Imperiali, dai loro trionfi nell'Italia settentrionale, precipitaronsi nella meridionale. Il conte Dawn, generale dell'imperatore Giuseppe d'Austria, piombò su Napoli con 10,000 Austriaci (1707), strinse d'assedio Gaeta ov'erasi rinchiuso il viceré, lo fece prigioniero e pigliò possesso di Napoli in nome dell'arciduca Carlo. La pace di Rastadt gli confermò il possesso e Carlo d'Austria prese il nome di Carlo VI ed inviò successivamente a Napoli dieci viceré, ultimo dei quali fu Giulio Visconti conte della Pieve (1734).
Approfittando della guerra scoppiata nel 1733 fra l'Austria e la Spagna a cagione della successione al trono della Polonia, l'infante Carlo Borbone dì Spagna entrò nel 1734 in Napoli e il 5 luglio del 1735 fu incoronato a Palermo Re delle Bue. Sicilie. E di tal modo la Casa ispano-borbonica salì sul trono di Napoli (ove regnò dal 1734 al 1860). E già cominciava il nuovo re ad abbellire in mille modi la sua nuova capitale ed a riparare i danni del lungo regime vicereale, quando gli Austriaci, ritentando la conquista di Napoli, si avanzarono arditamente sino agli Abruzzi. Carlo III raccozzò in fretta e furia un esercito, mosse loro incontro e li sconfisse con suo grave rischio a Velletri, costringendoli, in quella memorabile giornata del 1744, a rivalicare i confini e a far ritorno alle loro nebbiose regioni.
Il governo di Carlo III auspicavasi felicissimo così pel re come pei sudditi quando, nel 1759, ei fu chiamato al trono di Spagna per la morte del fratello Ferdinando VI senza discendenti. Ei lasciò la corona delle Due Sicilie al suo terzogenito Ferdinando IV, che aveva soli 8 anni, con un consiglio di reggenza presieduto dal celebre marchese Tu micci. Ma la prima Repubblica francese, inondando con le sue schiere vittoriose l'Italia, tolse a trasformarne gli Stati fra i quali anche quello di Napoli, che divenne per poco Repubblica Partenopea.
Il 14 febbraio del 1806 i Francesi entrarono in Napoli sotto Massella. Napoleone I diede in prima il regno al fratello Giuseppe e, nel 1808, al cognato Gioacchino Murat,