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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Napoli
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 450

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Par te Quarta — Italia Meridionale
   Gli succede la celebre Giovanna II, sua sorella, vedova, senza figli, del duca Guglielmo d'Austria, la quale la diede pel mezzo ad ogni vizio. l'osse poi stanchezza di libertinaggio — prosegue il Nobile — inoltrar degli anni od effimero ravvedimento, volle sposare Giacomo di Borbone, il quale sterminò i suoi consiglieri ch'erano stati od erano ancora 1 suoi drudi. Nò ristava un altro Luigi d'Angiò, figliuolo del competitore di Ladislao, da maneggi o macchinazioni per arrivare al trono Giovanna gli oppose Alfonso di Aragona da lei adottato, ma che scese poi, ingrato, ad ingiuriarla sì che gli suscitò contro Renato figlio di Luigi d'Angiò ; e qui ebbe principio una guerra di parte che insanguinò per qualche tempo le contrade prossime a Napoli.
   La morto del (luca d'Angiò addusse quella di Giovanna, la quale a 65 anni, dopo averne regnato venti senza fare alcun bene al suo popolo, e datasi, nuova Messalina, ai piaceri sensuali sino ad un'età che suole ordinariamente smorzarli, scese nel sepolcro 11011 certo rimpianta.
   Fu l'ultima della dinastia Angioina, d'origine francese, la quale regnò 161 anni in Napoli, divisa in due rami: il primo che regnò 115 anni dal 1266 al 1381 fu detto semplicemente degli Angioini ed ebbe quattro re: Carlo I, CarloII, Roberto e Giovanna I; l'altro ramo detto dei Durazzeschi, regnò 59 anni sino al 1410 ed annoverò altri quattro re che furono: Carlo III di Durazzo, Ladislao, Giovanna II e Renato. Quest'ultimo, Renato d'Angiò, fu sopraffatto da Alfonso di Aragona il quale, rinnovando dopo nove secoli lo stratagemma che già abbiamo narrato di Belisario, s'introdusse nel 1142 per il cosidetto Pozzo di San Patrizio nella città conquistandola. Nulla valsero a Renato il coraggio cavalleresco, l'indole buona, l'amore delle lettere e delle belle arti, se gli fu avversa la sorte delle armi. La storia gli tolse il titolo di re, ma si ebbe quello di Renato il Buono.
   Alfonso I il Magnanimo (1442-96) fu il primo sovrano della Casa di Aragona e sotto di lui la Sicilia e Napoli, separati dal Vespro Siciliiuio, furono di bel nuovo riuniti col titolo di Regno delle Due Sicilie con Napoli por capitale. La memoria del suo ingresso in Napoli (1443) sopra un cocchio dorato come un trionfatore romano a traverso una breccia nelle mura a Mercato fu eternata dal bell'arco trionfale a Castel Nuovo che già abbiam descritto.
   L'adozione di Giovanna, la conquista coll'armi e la discendenza sveva per Costanza figlia di Manfredi, non sarebbero stati titoli bastevoli a fargli dar l'investitura del regno da papa Eugenio IV se nel 1443 ei non avesse preso l'impegno, nel Congresso di Terra-cina, di sloggiare dalle Marche il condottiero Francesco Sforza. S'ebbe il titolo di Magnanimo per la sua liberalità illuminata, per aver posto un freno alle civili discordie, per aver protetto e favorito le scienze, le lettere e le belle arti del Rinascimento; basti il dire cli'ei tolse por stemma regale un libro aperto. Sol commise un errore nel suo regno, quello di accrescere anziché deprimere il feudalismo.
   Alfonso I lasciò, morendo, Sicilia ed Aragona al fratello Giovanni e il reame di Napoli al suo figliuolo naturale Ferrante I ( 1158-94). il quale non tardò a cogliere il frutto della prepotenza baronale favorita improvvidamente dal padre suo. È celebre nell'istoria la Congiura dei Baroni (narrata da Camillo Porzio) di cui stavano a capo uu conte di Sarno ed un Antoni elio Petrucci, segretario del re; ma la sventò Ferrante e in una splendida festa nuziale, fatti circondare improvvisamente i congiurati, li mandò a morte sul palco in piazza di Castel Nuovo. Gli mossero guerra prima Giovanni suo zio e re di Sicilia e di Aragona, quindi l'altro Giovanili Angioino e figliuolo di Renato, ina fu protetto da Pio II il quale gli procacciò il soccorso del celebre Scanderbeg principe d'Albania che sconfisse da ultimo l'Angioino nelle pianure pugliesi.
   Ferrante introdusse in Napoli l'arte tipografica, migliorò la bachicoltura, protesse il commercio e i dotti Greci giunti nel reame. Morì a 71 anni disperando di poter contendere il regno a Carlo V di Francia a cui Renato d'Angiò aveva trasmesso i proprii