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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Napoli
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 450

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Napoli
   235
   Corradino, ma che, privo di mezzi, si vide costretto a stringere un trattato che lo nominava vicario di una gran parto del continente napoletano al servizio della Santa Sede. Innocenzo IY fece il suo ingresso a Napoli il 27 ottobre 1254; ma Manfredi ruppe il patto umiliante, fuggì per le montagne dell'Apulia a Luceria e, coll'aiuto della colonia di Saraceni, sconfisse i suoi nemici a Foggia. Innocenzo IV, già ammalato, morì a Napoli il 7 dicembre 1254.
   Nel 1258 Manfredi, usurpando i diritti del nipote Corradino si fece incoronare re delle Due Sicilie a Palermo: ma Urbano IV, papa francese, diede la corona a Carlo d'Àngiò, fratello del re di Francia. Carlo erasi già segnalato qua! prode guerriero in Asia ed era già, per parte della moglie, signore della Provenza, della Linguadoca e di gran parte del Piemonte.
   Sotto il nuovo papa Clemente IV Carlo comparve come senatore nella festa di Pentecoste del 1265 in Roma; egli era allora un uomo di 46 anni, di grande e rigogliosa corporatura, di portamento regale, di gran valore cavalleresco e di volontà indomabile, ina cupo, duro, cupido, ambiziosissimo. Il 28 luglio ebbe dal papa l'investitura del reame di Napoli e nel gennaio del 1266 mosse contro Manfredi, il quale, con 25,000 uomini, 1200 cavalieri tedeschi, schiere di Saraceni e di vassalli, si avanzò da Capua a Benevento per tagliare a Carlo la via di Napoli e dargli battaglia. E fu una battaglia disperata da ambe le parti e che durò sol poche ore. Manfredi morì combattendo da eroe a soli 34 anni incompiuti e l'Alighieri lo immortalò in quo' versi dei ili del Purgatorio:
   Biondo era e Lello e di gentile aspetto ;
   Ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.
   Il suo trono — una monarchia, ma non uno Stato nazionale — cadde in poter dei Francesi. Il vincitore era un disumano, un freddo e taciturno tiranno e la stirpe di Manfredi si spense in carcere.
   Nel marzo del 1266 Carlo d'Angiò fece il suo ingresso trionfale a Napoli qual conquistatore e re. Incomincia con lui la dinastia degli Angioini ed incomincia con tristi eventi. Fu un grandinare incessante di balzelli insopportabili, una persecuzione continua di coloro che avevano parteggiato per gli Svevi, un incalzar di ogni maniera eli angherie e di prepotenze, finché un gran numero di baroni, stanchi della tirannide esosa, collegaronsi ai ghibellini di Toscana e Lombardia e fecero pratiche insieme per indur Corradino, allor quindicenne, a scender dall'Allemagna e a porsi in capo l'avita corona degli Hohenstaufen.
   Ammonito indarno dalla madre Elisabetta di Baviera, Corradino non diede ascolto che al proprio coraggio ed accettò. Egli si mise in marcia con un grosso di 5000 cavalieri ben armati, fu accolto, il 24 luglio del 12G8, con gran festa a Roma od acclamato imperatore in Campidoglio. Il 23 agosto ei stava a capo di 10,000 combattenti tedeschi, spagnuoli ed italiani sul fiume Salto contro Carlo d'Angiò accorso a marcie forzate con 6000 uomini. Corradino stava a Scurcola e Carlo ad Albe e più che il valore vinse l'astuzia di quest'ultimo. Il quale lasciò che vincesse Corradino, ma mentre le sue schiere stavano riposando esultanti per la vittoria, una riserva di 800 cavalieri francesi, tenuta fresca e in serbo a disegno, piombò con la rapidità del fulmine addosso agli improvvidi e creduli vincitori, menandone strage. Più di 4000 cadaveri da ambo le parti coprirono il campo di battaglia di Tagliacozzo (28 agosto 1268). Corradino si pose in salvo co' suoi fidi travestiti da contadini, ma, presi da Giovanni Frangipani, signore di Astura, furono consegnati a Carlo d'Angiò. Il quale li fece giudicare da un tribunale composto di sue creature, di cui però un solo gridò Corradino traditore della Corona e nemico della Chiesa; gli altri tacquero. La sentenza fu letta ad alta voce da quel giudice; ma Roberto di Fiandra, genero di Carlo, preso da un impeto di nobile sdegno: < Fellone, gridò, non è dato a te condannare a morte un così illustre e magnanimo