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Par te Quarta — Italia Meridionale
In quell'occasione i Paleopolitani, che avevano avuto la temerità di provocare lo ostilità di Roma con assalti contro i vicini Campani, sgomenti alla dichiarazione di guerra elio, ne seguì nel 328 av. C., ammisero entro le loro mura una guarnigione di 2000 Nolani e 4000 Sanniti, e poterono così oppor resistenza alle armi del console Publilio Filone, il quale occupò un posto fra le due città sì da impedire ogni comunicazione fra esse, mentre poneva un assedio regolare a Paleopoli. Il quale fu protratto sino all'anno seguente; ma i Paleopolitani Itancarolisi da ultimo dei loro alleati Sanniti e la città fu data in mano ai Romani da Carilao e da Nimpio, due dei cittadini principali (Liv., vii, 22, 23, 25 e 26). I Neapolitani pare imitassero il loro esempio senza oppor resistenza e questa circostanza può spiegare il fatto che mentre il suddetto console Publilio celebrò un trionfo sopra i Paleopolitani (Fast. Capit.), ai Neapolitani fu concessa la pace a condizioni vantaggiose e le loro libertà furono guarentite da un trattato (foechts Neapolitanum, Liv., I. c.).
Da quel tempo ogni memoria di Paleopoli scomparisce dall'istoria: Livio soggiunge che l'autorità principale della quale par godesse in prima la città vecchia fu trasferita a Neapoli : ed è probabile che la prima cadesse a poco a poco nell'oblìo, mentre i suoi abitanti (populus) accomunavansi a quelli della città nuova (duabus urbibus populus idem habitabat, Liv., vili, 22). Neapoli divenne infatti una mera dipendenza di Roma con tutto che conservasse il titolo onorifico di Stato alleato (foederata civitas) e godesse della protezione della potente Repubblica con poca partecipazione ai pesi addossati per solito agli alleati dipendenti. La condizione degli abitanti era così vantaggiosa sotto il loro trattato che in un periodo posteriore, quando tutte le città d'Italia ottennero la franchigia romana, essi, come quelli di Eraclea (Polieoro), mal volentieri accettarono l'offerta (Cic., prò Baiò., vnr, 24). Non meraviglia perciò ch'essi continuassero a rimaner fedeli all'alleanza romana quantunque minacciati più di una volta da eserciti ostili.
Nel 280 av. C. infatti Pirro si appressò alle mura di Napoli con intenzione d'impa-dronirsene, ma fu costretto a ritirarsi senza compiere il suo disegno (Zonar., vili, 4); e nella seconda Guerra Punica, Annibale, quantunque devastasse reiteratamente il suo territorio, fu trattenuto, dalle sue fortificazioni formidabili, dall'assalir la città (Liv., xxm, 1, 14, 15, ecc.). A somiglianza degli altri alleati marittimi di Roma, i Neapolitani continuarono a somministrare navi e marinali alle squadre romane in tutte le lunghe guerre della Repubblica (Liv., xxxv, 16; I'oi,., ì, 20).
Quantunque Neapoli passasse così a grado a grado alla condizione di una semplice città provinciale dello Stato Romano e divenisse, dopo la votazione della Lem Julia, una ordinaria città municipale (Cic,,pro Balbo, 8 ; ad Fani., sui, 30), essa continuò ad essere una città florida e popolosa e conservò, più a lungo assai di qual si voglia altra città in quella parte d'Italia, la sua cultura e le sue istituzioni greche, mentre la sua popolazione mantenevasi sempre quasi esclusivamente greca. Per tal modo Strabone (v, p. 246) dice che a' tempi suoi gli abitanti, sebbene divenuti cittadini romani, conservavano sempre i loro ginnasii e giuochi quinquennali con gare musicali ed esercizi ginnastici alla maniera greca, e mantenevano la divisione in Fratrie, o tribù, circostanza attestata anche dalle iscrizioni tuttora esistenti
Prima della line della Repubblica romana l'amore crescente, dei costumi e della letteratura greca spinse molti dei maggiorenti romani a trasferirsi a Neapoli, mentre altri in numero assai maggiore vi si recavano a far dimora, allettati dal clima delizioso e dall'amenità dei luoghi. Eranvi anche acque, termali simili a quelle di Baia, quantunque in minor numero ; e tutte queste cause concorrevano a render Neapoli una delle dimore predilette dell'aristocrazia romana. La sua prosperità ricevè però un'aspra scossa nell'anno 82 av. C. durante la guerra civile fra Mario e Siila, quando un corpo di fautori di quest'ultimo, ammesso per tradimento nella città, compì un eccidio generale degli abitanti (Appiano, B, C., i, 89); ma pare che la città si riavesse ben presto come