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l'arti; Quarta — Italia Meridionale
arena e delle ceneri vulcaniche eruttate dalla montagna. Non mancavano, è il vero, le apparenze dimostranti all'attento osservatore l'origine e la natura vulcanica del Vesuvio, dacché Diodoro (iv,21) parla di « molti segni dimostranti ch'esso era stato una montagna ardente in tempi antichissimi » ; ma ei non allude però ad alcuna prova storica o tradizionale della sua attività primitiva (fig. 9).
Strabone (v, p. 247) per simil guisa lo descrive come « circondato da campi della massima feracità ad eccezione della vetta che era spianata in gran parte e brulla affatto, coperta di cenere con fenditure e cavità fra le roecie di aspetto arsiccio come fossero state divorate dal fuoco, cotalchè altri sarebbe stato tratto a conchiudere che il luogo fosse in addietro in uno stato di conflagrazione ed avesse crateri da cui erompeva fuoco, ma che quesli crateri eransi estinti per mancanza di alimento ». Soggiunge Strabone che la grande fertilità delle adiacenze era dovuta probabilmente a codesta causa, come la fertilità di Catania derivava dall'Etna. Ed a cagione di questa fertilità come della bellezza della prossima baia, la linea costiera, appiè del Vesuvio, era occupata da parecchie floride città e da molte ville appartenenti ai ricchi patrizi romani.
Fig. 9. — Forma probabile del Vesuvio prima dell'eruzione dell'anno 79.
11 nomo di Vesuvio ricorre due volte nell'istoria prima dell'era cristiana. Nel 340 av. C. fu combattuta a' suoi piedi la grande battaglia fra i 1 ioni a ni e i Latini in cui P. Decio si consacrò volontariamente alla morte per assicurare ai Romani la vittoria (Liv., vi», 8). La scena precisa della battaglia è per vero incerta, quantunque fosse probabilmente nella pianura a settentrione. Livio la descrive coinè haud procul radicibus Yesuvii montis, (pia via ad Veserim [erehat; ma la situazione del fiumicello Veseris (apud Veserim fìuvium, secondo Aurelio Vittore) è al tutto incerta com'è incerta l'esistenza del liumieello stesso. E di nuovo, in un periodo assai posteriore, vale a dire, nel 73 av. C., narra 1 istoria che il celebre Spartaco, con gli schiavi fuggitivi e i gladiatori sotto il suo comando, si ricoverò sul Vesuvio qual propugnacolo e ili una discesa subitanea da esso sconfisse il generale romano Claudio Pnlcher inviato contro di lui (I'lut., Cross., 9; Appiano, B. C., i, 116; Vell., Pat., 11, 30; Fno.vns., Strat., ì, 5, § 21).
Ma fu la tremenda memorabile eruzione del 24 agosto del 79 di C. quella che diede primamente al Vesuvio la celebrità ch'esso non ha pai più perduta. Questa grande catastrofe è descritta per disteso in una ben nota lettera del giovine Plinio, nipote di Plinio il Vecchio, allo storico Tacito, che gli aveva chiesto la descrizione delle circostanze della morte dello zio per registrarla nella sua storia; e più succintamente, ma col l'aggiunta di circostanze favolose, da Dione Cassio (l'u.w, Ep., vi, 10, 20; Dion. Cass., lxvi, 21, 23; Vicr., Epit., 10).
È notevole che, nel descrivere questa prima eruzione storica del Vesuvio, Plinio dice: « Sollevatisi una nube senza poter distinguere da qual monte (si seppe poi dal Vesuvio) della forma di un pino, ergendo verso il cielo come un altissimo fusto, allargandosi poi a guisa della cima di un albero e mostrandosi ora bianca, ora macchiata e scura, secondo che traeva cenere o terra » ; codesta colonna di fumo o di vapori in forma di pino fu poi osservata, come già abbiam detto, in molte eruzioni successive.