Campania
V'ó
Forum Vulcani (ora Solfatara) presso Pozzuoli; ma noi non abbiamo notizia di alcuna eruzione nei tempi antichi simile a quella che diede origine, nel 1528, a monte Nuovo presso la suddetta Pozzuoli.
Dall'altro lato di Napoli e staccato intieramente dal gruppo suddetto di colline del pari che dalla catena apenninica da cui è separata da una larga cintura di pianura intermedia — ergesi isolato il Vesuvio, il cui regolare cono vulcanico forma una delle più notabili conformazioni naturali della Campania. Il suo carattere particolare fu notato dagli antichi osservatori anche prima che la tremenda eruzione del 79 di C. porgesse una prova sì convincente che i suoi fuochi sotterranei non erano spenti per mancanza dì alimento, come suppose Strabene (v, p. 247). Del Vesuvio tratteremo per disteso nel circondario di Napoli.
Ma l'azione vulcanica nella Campania, quantunque ristretta nei tempi storici ai due gruppi (li monti summentovati, deve essere stata in un periodo assai più estesa. Il monte detto di Bocca Monfina o monte di Santa Croce, che ergesi sopra Sessa ed era la sede antica degli Aurunci, è somigliantemente un vulcano estinto ; e il suolo di tutta la pianura Campana sino alla radice dell'Apennino è di natura vulcanica, dal che deriva il carattere fisico e chimico a cui va debitore della sua grande fertilità.
Fu probabilmente per le prove d'incendio sotterraneo così evidenti nella loro vicinanza che i Greci di Clima diedero il nome di Campi Flegrei (tà Msjfoit* alla porzione della Campania adiacente alla loro città (Diod., iv, 21 ; Strab., v, p. 245). Un'altra denominazione, sotto la quale par fosse noto lo stesso tratto, era quella di Campi Laho-rm/(PLiN.,m, 5, s. 9) da cui derivò probabilmente il nome moderno di Terra dì Lavoro, ora adoperato a designale la provincia di Caserta. Questa vasta pianura tanto celebrata, così negli antichi come nei moderni tempi, per la sua fertilità straordinaria, Strabone la chiama la pianura più opulenta del mondo e soggiunge che produceva frumento della qualità più fine ; mentre alcune parti di essa davano quattro raccolti all'anno — vale a dire, due di spelta, uno di miglio e il quarto di vegetali diversi (Strab., v, p. 242). Anche Plinio riferisce che produce/va animalmente due raccolti di spelta ed uno di miglio; mentre le porzioni rimaste in maggese copri vn tisi di rose adoperate per la fabbricazione dei cosmetici e delle profumerie onde Capua andava sì rinomata. La spelta della pianura Campana era di una qualità particolarmente sopraffina si che riputa vasi la sola adatta alla manifattura dell'acca, una specie, apparentemente, di pasta, detta da Strabone XovSpoi;.
Anche Virgilio sceglie le pianure intorno alla ricca Capua e il tratto alle falde del Vesuvio quali esempi di terreni della miglior qualità per fini agrari atti alla coltura del vino insieme, dell'olio e del grano:
Totem dhes arai Cajiua, et vicina Vesevo
Ora jugo et vacuis Clanius, no» aeqims Acerris.
Dalle espressioni precitate di Cicerone è evidente che Yager Gampamis — il distretto immediatamente intorno a Capua—mentre continuò ad essere proprietà pubblica dello Stato Romano, fu uno dei luoghi donde traevansi le provviste di grano per la pubblica alimentazione.
Non v'ha dubbio che la vite coltivavasi come al presente per tutta la pianura, secondo narra Virgilio nel passo precedente ; ma vini più scelti raccoglievano sui pendii delle colline: il Massico e il Falerno sui fianchi del monte Massico e le adiacenti colline vulcaniche presso Sessa e Calvi (Gales)\il Gaurico sui declivii del monte Cauro e delle altre colline presso Pozzuoli e il Sorrentino nella parte opposta della baia. Tutti codesti vini andavano fra 1 più rinomati di quei tempi. Nò men pregiato era l'olio d'ulivo della Campania: quello di Venafro in ispecie era proverbiale per la sua squisitezza, come leggiamo in Orazio (Carni., u, 6,16), e gli altri tratti montuosi erano appena inferiori,