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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Napoli
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 450

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arti; Quarta — Italia Meridionale
   di codesto fiume, sino ai colli Massicani ed alla città di Sinuessa (ora Mondragone) fu compreso nel Lazio e i confini della Campania furono ristretti in proporzione.
   A sud altresì il territorio fra il Silaro (ora Sele), che formava il confine della Lucania, e il giogo apenninico che cinge il golfo di l'osidonia (golfo di Salerno) a nord era occupato dai Ficentini — ramo degli abitanti del Ficeno sull'Adriatico — e non riputavasi appartenente alla Campania, quantunque unito amministrativamente ad essa. In origine, invero, il nome di Campani par fosse applicato soltanto agli abitanti della grande pianura che occupa sì gran parte della regione e non includesse gli abitanti delle colline intorno Suessa (Sessa), tìales (Calvi) e Teano, occupate dagli Aurunci e dai Sedicini.
   Ma la Campania, nel senso in cui il termine è adoperato da Strabone e da Flinio, era confinata a nord dal basso giogo dei colli Massicani che stendonsi dal mare presso Sinuessa, o Mondragone, per raggiungere il gruppo più alto di montagne vulcaniche le quali s'ergono fra Suessa e Teano e che comprendevano tutto quest'ultimo giogo: Venafro e il territorio annesso ad esso nella valle del Volturno, ch'era stata Sannita in origine e fu poi inclusa nella Campania, quantunque Strabone pare l'assegni in un passo (v, p. 238) al Lazio.
   La frontiera orientale della Campania è segnata chiaramente dai primi gioghi degli Apennini: il monte Callicola, a nord del Volturno, e il monte Tifata, a sud di questo tiuine, mentre altri gioghi più alti prolungano l'alpestre barriera verso sud-est sino alle sorgenti del Sarno. Presso quest'ultimo punto un braccio laterale staccasi improvvisamente dalla massa principale dell'Apennino formando un'alta ed angusta catena lunga circa 38 chilometri e terminante coll'ardito promontorio di Minerva o penisola Sorrentina. Codesta catena separa la baia di Napoli (o golfo di Giona o Orate r. come chiainavasi anticamente) da ciucilo di Salerno (già di Posidonia) e formava eziandio il limite fra la Campania nel senso più stretto del termine, e il territorio dei Picentini. Quest'ultimo occupava il distretto meridionale della catena lungo le sponde del golfo Posidonico o Salernitano sino alla foce del Silaro o Sele.
   La regione circoscritta in tal modo è una delle più belle e fertili del mondo e la porzione innegabilmente più felice dell'Italia. Gli scrittori greci e romani gareggiano nel celebrare le suo naturali prerogative — l'ubertosità del suo suolo, la bellezza del suo paesaggio, la dolcezza del suo clima e l'eccellenza dei suoi porti. Plinio la chiama Felix Ma Campania (donde il nome dì Campania Felice) certamen hnmanae voht-ptatis. Più entusiastico è Floro là dove dice: Omnium non mudo Italia sed tota orbe terrarum pulcherrima Campa»ine plaga est. Nihil mollius coelo. Denique bis floribus vernai. Nihil uberins solo, ideo Liberi Cererisque certamen dieitur. Nihil hospitalius mari. Anche i più sobrii, Polibio e Strabone, ne tessono alte le lodi; e Cicerone definisce le pianure intorno Capua fundum pitlcherrimim populi Romani, caput pecuniae, pacis ornameutum, subsidium belli, fundamentum vectigalium, horreum legionum, solatium annonae.
   La maggior parte della Campania è una pianura ininterrotta di una feracità quasi inarrivabile, stendentesi dalle falde dell'Apennino al mare. Ma la sua uniformità è alterata da due notabili configurazioni naturali, una delle quali è un gruppo di colline vulcaniche di ragguardevole estensione ma di altezza moderata che levatisi subitamente dalla pianura fra Cuma e Napoli e costituiscono un tratto collinoso lungo circa 24 chilometri da est a ovest e largo da 12 a 1G chilometri. Una delle più ragguardevoli di queste colline è il monte Gauro (ora monte Barbaro) così rinomato nell'antichità pei suoi vini e di cui diremo due parole più innanzi.
   L'intiera catena, del pari che le isole vicine d'Ischia (Aeiiaria) e di Procida (Prochijta), è di origine vulcanica e conserva traccie evidenti dell'azione relativamente recente di fuochi sotterranei. I quali furono riconosciuti dagli antichi scrittori nel