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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Napoli
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 450

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arti; Quarta — Italia Meridionale
   il massimo del caldo 40°; il massimo del freddo — 5° e le piogge annuo min. 0.947. Rarissima la neve, la quale non ammanta che per qualche mese le vette montane. Nei giardini e nei verzieri litoranei la vegetazione è di un'opulenza al tutto meridionale: gli aranci, i limoni e gli altri agrumi vi lussureggiano ; le palme vi spandono i loro ventagli flessuosi maturando non di rado i datteri, in ispecie a Reggio; l'agave americana v'innalza i suoi alti candelabri; la canna da zucchero, la pianta del cotone con altre piante industriali, che non osano uscir fuori delle stufe nel rimanente dell' Europa, vivono colà liberamente nelle campagne.
   Quanto all'ulivo, l'albero per eccellenza nelle plaghe mediterranee e che riveste appena il lembo della Liguria occidentale, esso si estende in selve ombrose e feraci nella Calabria e in altre provincie. Persino le roccie cosparse appena di terra vegetale e senza umidore apparente, sono di una grande fertilità e non pochi promontori!, che piombano a picco nel mare, veggonsi vestiti in vetta di vigneti e frutteti lussureggianti.
   Le provincie meridionali d'Italia sono veramente, con la Sicilia, l'Andalusia, certi distretti della Grecia e dell'Asia Minore, l'ideale della zona calda temperata, se non che alcune steppe del piovente Adriatico e le alte vaili apenniniche, che rammentano il centro dell'Europa, contrastano cou la magnificenza vegetativa dei litorali. I)i presento però il pascolo predomina sempre, e il Tavoliere di Puglia, coi monti che lo dominano, sono ancora in parte pasture secondo le stagioni; ancor di recente i pastori abruzzesi erano costretti nel verno a scendere nelle Puglie per torre a fitto i pascoli conforme agli antichi usi feudali.
   La maggior parte per altro delle terre utilizzate nelle suddette provincie consiste in terre da lavoro o coltivate. Come ai tempi romani, esse producono anzitutto cereali in copia, olii, vini, frutta, ortaglie, ecc.; e vi si coltiva per giunta il tabacco, il cotone, la robbia e alcune altre piante industriali.
   Gli olii delle Puglie son ricercati ogni di più e già fanuo una concorrenza vittoriosa agli scarsi ma prelibati olii della Liguria occidentale e di Nizza. Quanto ai vini, il Lacryma Ghfisti del Vesuvio, il vino bianco eli Capri, i vini d'Ischia e di Precida hanno sempre avuto una grande rinomanza. E così fu sempre, come si legge nella dotta Descrizione di Giuseppe Del Re:
   < Moltissime erano le specie delle uve, ma pochissime sono conosciute ai giorni nostri. Vairone e Coluinella ci avvertono che un campo di viti alte produceva nelle annate copiose lino a quindici anfore, cioè circa trenta barili della nostra misura. Cotanto prodotto mostra ad evidenza che il terreno esser doveva molto fertile e ben coltivato. Verso il quinto secolo di Roma erano in gran rinomanza più di trenta specie dei nostri vini, ed in ispecial modo il Gauro, il Massico, il Cecubo, il Falerno, il Vesuviano, il Sorrentino, il Caulonio, il Reggino, il Brindisino e l'Aulonio, presso Taranto (Vauii., ap. Plin., lib. xiv; Aten,, lib, i).
   i Columella fa menzione di dieci specie di ulivi che s; alimentavano nelle nostre regioni, nonché dei delicati olii Campani, Irpini, Pentii, Lucani. Cai ab ri, Turii, Tarantini e Salentini che i Romani e gli altri Italiani acquistavano a preferenza e consumavano per fasto. La macina di cui parla Varrone, fortunatamente ritrovata nel secolo scorso tra gli scavi di Pompei, fa testimonianza dell'ottimo metodo che adoperavano i nostri antenati per estrarre l'olio di prima qualità: con essa non veniva affatto infranto il uoccmolo ossia osso >.
   XI — Cenni storici.
   Le provincie di cui stiamo trattando hanno un'istoria antichissima che verremo narrando paratamente nella descrizione di ciascuna. Per causare le ripetizioni, bastino pei ora i pochi cenni seguenti.