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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondario di Reggio nell'Emilia
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   due granili vuoti, l'uno a nord-est, l'altro nel punto diametralmente opposto, a sud-ovest. Qui era l'ingresso antico del castello e qui pure, o verso questa parte, era probabilmente la chiesetta di San Nicola, trovandosi essa in prossimità di quella porta, innanzi alla quale, scrive Gregorio, a stette Arrigo per tre dì, implorando, con molte lagrime, la clemenza apostolica ». Era forse una cappelletto ad uso particolare dei frati, presso i quali, nel vicino convento, io penso si ritirasse la sera il re e vi trovasse quei ristoro che il misero suo stato richiedeva. Tuttavia, benché brevi i giorni dell'invernale stagione, dovettero sembrare eterni quei tre al penitente, giacche l'animo e più ancora le forze mancarongli per resistere nel quarto; perciò, narra Donizzone, voleva andarsene (recedere velletY, retrocesse adunque ed entrò, quasi fosse un asilo, nella chiesetta, in cui potè avere un colloquio con Ugo di Clugny, con Matilde, da lui fatti chiamare, probabilmente, non potendosi ammettere che l'abate e la contessa fossero là ad aspettarlo. Sappiamo già, che pregato da Matilde, si mosse finalmente a compassione il pontefice ed acconsenti ad assolvere Arrigo. Così passò il re dalla seconda entro la terza cinta, la quale, ecc., ecc. » (Ferretti). Ecco quanto tino ad oggi fu dato di appurare intorno alle tre famose cinte del castello di Canossa, ricordate incidentalmente dal cronista tedesco, nella constatazione dell'umiliazione fatta subire ad Arrigo, rimaste nel ricordo trasmessoci per tradizione dai terrazzani, che certo ignoravano ed ignorano l'esistenza della cronaca di Lamberto d'Aschaflfenburg, e sulla quale fantasticarono gli scrittori secentisti ed i novellieri moderni.
   Sulla spianata di Canossa, gli scavi e le ricerche praticate dopo il 1877, misero in luce avanzi e ruderi di una certa entità, di edifizi risalienti al periodo matildico. Tra questi sono notevoli i resti del cosidetto vestibolo, che si trovano a capo del suolo erboso verso meriggio. Quest'edilizio disegna nella pianta un rettangolo, lungo poco più di 10 metri, largo 3 e mezzo, e da settentrione diviso in tre quadrati. Attiguo al vestibolo era, sin dal tempo d'Azzo — il costruttore di Canossa — un tempio, del quale rimangono ancora traccie in pianta; in questa chiesa, giusta la migliore lezione da darsi ad un verso di Donizzone, che per errata interpunzione si presta a varie interpretazioni, Azzo volle che fosse collocato il proprio sepolcro.
   Non lungi si trovano gli avanzi del tempio di Sant'Apollonio, il tempio eccelso esaltato da Donizzone. Gli scavi, diligentemente condotti negli ultimi anni, permisero di determinare con approssimativa esattezza le proporzioni del tempio di Sant'Apollonio a Canossa. L'area misurava, entro i muri, 17 metri di lunghezza e 13 di larghezza, ripartiti nella lunghezza così : quasi 7 intieri alla nave, 3 e mezzo allo sviluppo della gradinata che saliva al presbiterio e 6 e mezzo al presbiterio. Quest'ultima è pure la misura della cripta che gli sta sotto a semicerchio depresso col diametro di 8 metri e mezzo. 1 13 metri della larghezza della chiesa erano distribuiti così : 8 e mezzo alla navata centrale, in rispondenza al diametro della cripta, restando gli altri divisi fra le due navate dei lati. La frana, che ha fatto cadere il muro meridionale e oltre la metà di quello della facciata, ha distrutto quasi ogni traccia della porta centrale e dei gradini per i quali vi si discendeva, essendo il piano del sagrato alto poco più di un metro, col pavimento interiore. Nella cripta, che fino agli ultimi anni, prima che ne crollasse il tetto, per le intemperie e le incurie, servi di stabbio alle pecore, restano in piedi avanzi di colonne, delle quali una con capitello ed altre troncate, e nei gradini della scaletta per la quale vi si accedeva furono inoltre rintracciati frammenti di scolture romaniche, che ora figurano nelle sale del .Museo canossano.
   La chiesa di Sant'Apollonio di Canossa fu eretta da Azzo Adalberto nella metà del secolo X, che la forni inoltre di organi per i cantori, di arredi sacri preziosi, di paramenti finissimi e delle reliquie dei martiri S. Apollonio, Ursicino, Maurizio, Alessandro, Vittore, secondo l'affermazione di Donizzone e della Bolla di Benedetto XII, in data del 29 dicembre 976, approvante la fondazione di quella chiesa. Fu consacrata nel 976 dal vescovo Eriherto e non da Gregorio VII, come fu da alcuni impropriamente asserito. Questo papa concesse solo all'abbazia annessa un privilegio di protezione e d'indipendenza, riconfermato da Pasquale II, dopo la morte della contessa Matilde e dopo che fu conclusa la pace tra la Chiesa ed Awigo V.
   In origine era officiata da una collegiata di dodici canonici, creata dal suddetto Azzo Adalberto ; ma dopo il 1072, quando già si accentuava la lotta tra la Chiesa e l'Impero ed i costumi dei chierici ordinari non erano rigorosamente evangelici, Matilde vi sostituì i monaci di San Benedetto. Era fornita di un ricchissimo tesoro, una parte del quale fu dalla stessa Matilde inviato a Roma onde far fronte alle contingenze in cui versava la Curia romana, stretta dallo scisma e dalla guerra suscitatale contro dall' imperatore Arrigo IV. In quell'occasione, dal tesoro di Sant'Apollonio in Canossa furono tolti e fusi, per essere mandati a Roma, una corona ed una croce d'oro, ventitré corone d'argento, due tavole ila altare, la copertura dell'arco di Sant'Apollonio, mi grande turibolo d'argento, che produssero 8 libbre d'oro e 700 d'argento.
   Nei secoli seguenti la chiesa di Sant'Apollonio corse le vicende della rocca; finché, verso la metà del secolo XIV, fu abbandonata dall'abate, che d'allora in poi risiedette presso la chiesa di San Leonardo in Reggio. Verso la metà del secolo scorso, era, giusta l'allermazioiie del cronista sacerdote Catellani, che la visitò, destinata ad uso profano; poco dopo il 1830 si sfasciò, essendone rovinata la vòlta durante una bufera e per la caduta di uno dei muri laterali dell'antico palazzo.