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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   151-2
   Parte Terza — Italia Centrale
   vennero appurate o constatate dopo e narrate da altri storici contemporanei o quasi ; e che l'avere o non avere Canossa le tre cinte non accresceva nè diminuiva l'importanza dell'umiliazione inflìtta ad Arrigo, consistente soprattutto nell'averle tenuto per tre giorni consecutivi, ira l'imperversare della bufera di neve, a piedi scalzi ed iu abito di penitente davanti alla porta di Canossa prima di essere ammesso alla presenza del papa. L'essere stato Arrigo in quella guisa fra una cinta piuttostochè fra un'altra non cambia alla -.ostanza dello smacco subito in quel frangente dall'Impero nella sua persona. Tuttavia gli scavi recenti e le pazienti ricerche «logli eruditi professori Campanini e Ferretti, fatte sul luogo, accertarono come verace la narrazione del monaco Lamberto e fondata la tradizione, rimasta del pari nel popolo, intorno alle tre cinte di Canossa. Le quali 11011 vanno già intese come muri più o meno concentrici giranti intorno alla roccia — come, ad esempio, furono ideate nel fantastico disegno corredante l'opera del marchese Giulio Dal l'ozzo di Verona: Meraviglie, heroiche del sesso donnesco memorabili nella duchessa Matilde (Verona 1678) e divulgato anche recentemente per conforme alla realtà — ma bensì sono da interpretarsi per ì tre diversi stadi della strada che dal basso della rupe metteva al castello.
   « I due storici ed il Pontefice (nelle sue lettere) concordemente ammettono che per tre giorni durò la penitenza di Arrigo. Ma dove furono passati quei tre giorni? « Entro il recinto », afferma Lamberto, o Dinanzi alla porta », scrive Gregorio. Donizzone non parla del luogo e solo dice che l'umiliato re, disperando del perdono e risoluto di andarsene, entrò in una chiesetta di San Nicola, ove scongiurò l'abate di Clugny e Matilde ad intercedere nuovamente per lui. E indubitato che il castello aveva più porte, collocate a seconda che la sicurezza e la difesa del luogo richiedevano, a piede, lungo il fianco e in alto della rupe. Dov'era quella di cui parla Gregorio? E dov'era posta la chiesetta di San Nicola, menzionata da Donizzone? 1,'una e l'altra, senza dubbio, nel secondo recinto, perchè quivi stette il re nei tre famosi giorni e quivi trovavasi quando entrò nella chiesetta in cui potè parlare all'abate di Clugny ed a Matilde. E siccome, segue a narrare Donizzone, Matilde, commossa dalle lagrime del suo reale cugino, ascese sursum, cioè al castello, lasciando il re deorsum, cioè in un piano relativamente più basso, rimane accertato che Arrigo passò i tre giorni di sua penitenza lontano e più in giù della dimora di Matilde, la quale ergevasi alla sommità della rupe ed a cui non gli (u concesso di salire che nella mattina del quarto dì, quando piacque al pontefice dì ammetterlo alla propria presenza » (Ferretti).
   Le tre cinte o fortificazioni che difendevano la strada di accesso alla rocca, ove tenevasi chiuso l'implacabile Gregorio, dovevano essere distribuite così: la prima, la maggiore, per un circuito di oltre 300 metri, difendeva il borgo, ch'era al basso della rupe ed ove faceva capo la strada vegnente da Reggio ; la seconda quasi a metà pendìo della strada per il castello sul lato di sud-est, ove la rupe stessa « squarciando il terreno, si eleva gigante dal suolo ». Quivi, scavando, si rinvennero vestigie di fabbriche antiche ed altre furono travolte a valle dalle frane, che modificarono in parte da questo lato l'aspetto della rupe. Gli edifizi quivi esistenti, più direttamente dipendenti dal castello, comprendevano le abitazioni, di una parte almeno, dei servi, i quartieri per il presidio, l'abbazia di Sant'Apollonio (non la chiesa ch'era alla sommità della rupe) ed erano certamente circondati da un muro che serviva loro di difesa e che, poggiando interamente sullo scoglio, ne abbracciava forse i tratti più facilmente accessìbili. E questa era la seconda famosa cinta. Li terza girava tutto intorno al ciglio superiore della rupe, ne coronava la sommità e comprendeva la parte più forte ed elevata della rocca insieme colla chiesa di Sant'Apollonio.
   Ricostruendo su questi indizi e sulle testimonianze di Gregario, di Lamberto e di Donizzone, che non ponilo essere dubbie, le scene del memorabile dramma svoltosi nel 1077 su questa rupe tra le due più grandi potestà del mondo d'allora, si può quasi con certezza stabilire che le cose andassero come le suppone avvenute lo studioso prof. Ferretti, e cioè nel modo che segue: « Giunto Arrigo a Canossa verso la fine di gennaio 1077, non solo passò per quella, ma insieme col suo seguito fece sosta ed alloggiò nel borgo. Vedemmo infatti che, non osando egli di presentarsi al pontefice, senza sapere come sarebbe accolto, mandò alla contessa pregandola di un colloquio e che essa, accompagnata da Ugo di Clugny, da Adelaide di Susa e dal figlio Amedeo, da Azzo d'Este e da altri tra i primi principi d'Italia, mosse all'invito del suo reale cugino, Ora è evidente che entro la prima cinta, cioè nel borgo, era l'albergo del re, essendo quello certamente in Canossa, fuori e non lungi dalla dimora di Matilde, e fuori ancora dalla grande cinta, entro la quale il supplicante non pose piede se non quando la contessa e gli altri intercessori non ebbero ottenuto, come somma grazia, ch'egli vi fosse ammesso ad espiare colla penitenza i propri peccati. Quivi, nel borgo attese dunque Arrigo la risposta, o meglio la sentenza del pontefice ; e quivi filialmente rimase il suo seguito, mentre egli, solo, e deposto ogni ornamento regio, passò nella seconda cinta, in cui doveva subire la più grande umiliazione a cui sia mai stato sottoposto un monarca... Entro questa seconda cinta stette Arrigo dalla mattina del 25 a quella del 28 gennaio dell'anno suddetto 1077 ; quivi adunque, non altrove, era la chiesetta di San Nicola, menzionata da Donizzone. Già vedemmo che numerose frane hanno modificata la forma e diminuita l'esteti6Ìone del sasso di Canossa, traendo seco, nella rovina, ogni traccia degli edifizi che sopra vi sorgevano. Le due principali di queste frane lasciarono