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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   151-2
   Parte Terza — Italia Centrale
   Sul non lontano poggio delle Pendici, ad iniziativa del M arsami e di altri studiosi cittadini di Parma, sotto la cui giurisdizione questo territorio allora trovavasi, fu eretto, nel 1835, un tempietto, del quale diede i disegni Nicolò Bettoli e l'approvazione Paolo Toschi: dentro vi fu collocata, buona opera del Bandini, la statua del poeta in atto di inspirarsi al pensiero di Laura; la cupola fu lavorata all'encausto dallo Scaraniuzzi, il fantasioso e profondo illustratole di Dante, e sulla porta lu collocata l'epigrafe dettata da Pietro Giordani:
   MDCCOXXXIX
   per visibile segno dell'onor dato a questo luogo
   dal Petrarca
   Tutto ciò ora si trova nel più completo abbandono ed è ad augurarsi che nuovi ammiratori del cantore di Laura si quotino a riparare quella non indegna memoria al grande poeta.
   Il territorio di Ciano d'Enza ha plaghe or aride ed or fertili: produce cereali, foraggi in belle praterie, frutta, viti, gelsi, ortaglie. L'allevamento del bestiame e la produzione dei latticini, ma soprattutto di formaggi di grana o parmigiani, sono le industrie di maggior rilievo del luogo, la cui popolazione si applica anche alla lavorazione casalinga delle ceste, panieri ed altri oggetti consimili di vimini.
   Coli, elett. Castelnovo ne'Monti — Dioe. Reggio — P2 a San Polo d'Enza in Caviano, T. ;t Montecchio Emilia, Str. ferr. a Reggio.
   CANOSSA
   Chi da Peggio si voglia recare allo storico castello di Canossa, intorno al quale fu scritta una delle più grandi pagine nella storia delle rivoluzioni umane durante il medioevo, non ha che l'imbarazzo della scelta, in quanto alla strada da prendersi. Ma quella che più generalmente è seguita dagli escursionisti è la carrozzabile di Codemondo, San Polo, Ciano, e da Ciano per Rio Vico o per Rossena a Canossa. Da Ciano è generalmente seguita la mulattiera che, per circa 6 chilometri, da Vico, sale lentamente la cima del monte Covazzo, cui occorre di superare, avanti di giungere all'apertura, da cui si domina la rupe canosina, sulla quale si veggono gli avanzi dell'antico e celebre castello (fig. 41). 11 sasso di Canossa è un grandioso blocco di arenaria collegata da cemento marnoso, elevantesi a 576 metri sul livello del mare e a circa 50 dal suolo su cui sorge isolato; misura però non esattamente determinala, poiché il masso sporge inegualmente dal terreno che gli si addossa al piede, la qual cosa rende difficile il determinarne con precisione l'altezza. Dal solo lato di nord-est è possibile calare il piombino; da quella parte il sasso essendo dirupalo presenta un vano non piccolo; guardando al basso di là si offre un vero precipizio, e la rupe non solo scende a picco ma rientra per più di 2 metri verso la base. 11 nome di questa rupe, passalo poscia al castello, sembra, sulla fede dell'Azzari e di altri storiografi reggiani, venga dal suo colore giallo cinereo; anticamente più chiaro alla vetta di quello che ora non sia, perchè allora era più nudo. « Le ginestre ed i muschi salieuti fra i crepacci odorosi — scrive il Campanini — inombrandogli ed infossandogli i fianchi ». Doiiizzone, nel suo poemetto apologetico per Canossa ed i suoi castellani, chiama il monte ora « alba Canossa », ora « candida pietra ». Muratori, annotando il poema di Douizone, afferma che a lui pure Canossa apparve biancheggiante, guardandola col telescopio da una delle finestre della Biblioteca estense di Modena.
   Oggidì l'aspetto biancheggiante della rupe canosina si osserva specialmente dal ricordato lato di nord-est, ove « franando la rupe, i massi enormi caduti ne han lasciato nudo e scrostato il fianco, mentre che altrove, abbarbicandosi l'erba e distendendosi e crescendo, la rende verdognola e scura ». La base della rupe, che aulicamente forse stendevasi in circolo, ora si restringe di molto sul fianco accennato, sicché risalendo quivi e seguendo nelle altre parti la linea circolare, si disegna quasi a mezzaluna. Indubbiamente la rupe fu nel passato di assai maggior mole che 11011 sia oggidì; ma « le mutale condizioni del luogo non lasciano vedere fin dove si estendesse ». Delle frane e dirupamenti antichi a cui questo sasso, per la sua natura, andò soggetto non si hanno memorie scritte. Dei nostri tempi il maggiore lu quello causato dal famoso e violento terremoto dell'll settembre 1831 che colpi la regione emiliana subapenuinica. Forse allora staccavansi alcuni di quei granili massi che scorgonsi tuttavia a levante della rupe; altri caddero nel 1846, rompendo e schiantando quattordici secolari alberi di noce che vi erano sollo.