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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parie Tessa — Italia Centrale
   contro i preti simoniaci e malviventi con donne, quali a comporre discordie, ed una fra le altre a Guglielmo re d'Inghilterra...
   < Le lettere che il papa scrisse, od a meglio dire di cui si conservarono gli originali e che fanno parte della collezione del Manzi, e che sono pure riportate dal Jaffe nella parte della sua opera Monumenta Gregoriana Regesta, sono diciassette. Due da Canossa, di cui una ai Germani, l'altra all'arcivescovo Rodolfo; nove dalle Carpinete (data in Longobardia in loco qui dicitur Carpineta); una da Carpi ai vescovi milanesi e quattro da Bianello: la prima a Guglielmo, detto il Conquistatore, re d'Inghilterra; la seconda ai canonici di Nizza; la terza al vescovo Ermanno; la quarta al vescovo Goffredo ed una da Ficarolo al vescovo Ugone >.
   Delle lettere datate da Carpineti il 1° marzo la prima è diretta a Rodolfo arcivescovo di Lione; la seconda, del 4 marzo, è diretta al popolo di Chartres contro Roberto, vescovo spergiuro e simoniaco; la terza, colla stessa data, è diretta all'arcivescovo di Gens e d'Auxerre; la quarta data dal 31 maggio, è diretta al vescovo Bernardo ed all'abate Bernardo; la quinta è della stessa data, diretta ai Germani; la sesta data dal 9 giugno, è diretta a Nerinio arcivescovo di Strigonia; la settima, stessa data, al patriarca di Grado ed agli altri vescovi della Venezia, intimante loro ubbidienza; l'ottava, stessa data, è diretta al doge di Venezia, Domenico Silvio; la nona lettera, del 28 giugno, è diretta agli Spagnuolì ed è un'ardita parafrasi di alcuni testi coi quali i patriarchi e gli apostoli determinano gli attributi della divinità. In questa lettera e nelle altre scritte da Canossa, da Bianello, da Carpi e da Ficarolo si compendiano le ardite massime che Gregorio seppe non solamente proclamare, ma, atleta indefesso di un'idea, potè applicare.
   Il troppo prolungato soggiorno di Gregorio VII alle Carpinete ed a Canossa colla contessa Matilde diede motivo agli storici partigiani di Arrigo IV a pubblicare gravi e sconcie insinuazioni sulle relazioni che sarebbero passate tra il pontefice e la contessa: l'arcivescovo Benone o Bennio, partitante dell'antipapa Clemente 111, si fece specialmente propagatore di simili voci, raccolte dal Saint-Marc e da altri. Gli storici partitami del papa e della contessa esaltano fino all'esagerazione le virtù dell'uno e dell'altra, rendendoli quasi due esseri superumani e narrano dei molti miracoli compiuti dal pontefice in questo soggiorno. Noi, non tenendo conto se non di ciò che fu acquisito dalla storia, constateremo che la contessa si mostrò entusiasta, fanatica, per il pontefice, al quale fece donazione di tutti i suoi beni, donazione peraltro contraddetta dai successivi atti della contessa. Sebbene, giusta le ripetute asserzioni del Muratori e del Tiraboschi, la Corte delle Carpinete fosse la Capitale del patrimonio matildico non di rado si vide la contessa a Canossa, a Bianello, rocca da lei costrutta. Quasi tutti gli atti però raccolti dal Tiraboschi nel suo Codice diplomatico, donazioni, placiti, trattati ed altri contratti, portano, per il periodo di oltre trent'anni, la data delle Carpinete.
   Nel 1082 fu ospite di questo castello Anselmo vescovo di Lucca, dato dal pontefice Gregorio alla contessa quale suo confessore e direttore spirituale, e che resse la Chiesa reggiana in sostituzione di Gandolfo, replicatamele dichiaratosi per l'antipapa.
   Nel 1092 fu convocata da Matilde, nel castello delle Carpinete, un'assemblea di vescovi, prelati, abati ed eremiti, onde deliberare se fosse o non da continuare la guerra col l'imperatore. Briberto, vescovo di Reggio, perorò per la pace; ma l'abate di Canossa a detta del Donizzone, l'eremita Giovanni, perorò con tanto calore per la prosecuzione della guerra, biasimando come uomini di poca fede nella causa di Dio coloro che volevano la pace, che l'assemblea concluse per la guerra a qualunque costo. Per questa resistenza Arrigo fu costretto a togliere l'assedio al castello di Mon-tevio, combattendo sotto il quale morì un suo figlio naturale, da lui amatissimo. Un'altra sconfitta Inflitta dalla contessa ad Arrigo presso Cavillano, ora San Polo