151-2 Parte Terza — Italia Centrale
Nel 1505, morto Ercole I e succedutogli Alfonso I, avendo Giulio II invasi gli Stati estensi, intimò ai Reggiani eli sottomettersi. Questi risposero, che essendo legati alla Casa d'Este preferivano correre le sorti della guerra, subirne l'assedio piuttosto che darsi al papa. La risposta indignò Giulio II, solito ad irritarsi anche per meno, onde fulmino la città d'interdetto, ordinando al clero di sgombrarla; poi mandò contro Reggio il duca d'Urbino, suo nipote, che accampatosi sulla Secchia, spedì ambasciatori alla città per intimarne la soinmessione. Il Senato, sperando in aiuti da Ferrara, rifiutò; ma poscia, non ricevendo dal duca Alfonso ne risposta ai messaggi spediti, nò i soccorsi promessi, la città fu costretta ad arrendersi al papa (1513), Morto Giulio li rinacque in Alfonso d'Este la speranza di riacquistare il perduto dominio, ed all'uopo mandò un forte nerbo di truppe sotto le mura dì Reggio tentando l'assalto. L'impresa non riesci, perchè quantunque la città fosse in preda ad una singolare discordia, detta delle Tovaglie e Cucina, originata dal predominio che sulle monache di San Raffaele volevano avere i Domenicani a scapito dei frati di San Prospero, Benedettini, il governatore pontificio, Giovanni de' Gozzadini, seppe provvedere alla difesa della città con energia e prontezza. Lo stesso Gozzadini fu poi, dopo qualche tempo, assassinato mentre stava ascoltando la messa nella cattedrale, da un branco di congiurati della famiglia Bebbi ed aderenti, i quali, a causa dei disordini suscitati per la suddetta contesa delle monache, erano stati da lui esiliati. Non paghi dell'assassinio, i congiurati insevirono sul cadavere del Gozzadini, spogliandolo e facendolo oggetto dei più vituperosi insulti, ne saccheggiarono il palazzo, rispettando solo 12.000 scudi di ragione della Camera, come allora dicevasi, pontifìcia.
Leone X, saputo dell'assassinio del Gozzadini, mandò subito a Reggio, governatore in suo nome, il celebre storico e giureconsulto Francesco Guicciardini, il quale, stabilitosi, per maggior sicurezza, nella cittadella, si diede subito a punire gli assassini del suo predecessore, facendone incarcerare e giustiziare parecchi. Tolti di mezzo i facinorosi, il 27 febbraio 1519 radunò il Consiglio generale e molti cittadini, fra i quali parecchi uomini del popolo e delle arti, fra i più stimati, esortandoli a cessare dalle discordie interne, ed alla pace generale, che venne giurata e pubblicata solennemente la mattina del 14 luglio dello stesso anno. Compiuta la pacificazione interna il Guicciardini si diede all'estirpazione del malandrinaggio, esercitato nel contado e principalmente sulla montagna da una quantità di banditi e facinorosi che l'infestavano. Da Reggio il Guicciardini passò al governo di Modena, lasciando nelle due città, per la saviezza e l'energia dei suoi provvedimenti, non mai disgiunti da un senso di profonda equità, il miglior ricordo.
Alla morte di Adriano VI, successore di Leone X, il duca Alfonso d'Este credette venuto il momento opportuno per riacquistare i perduti territori di Modena e di Reggio, ed assoldate all'uopo numerose truppe, si diresse prima a Modena, indi a Reggio. Prima di fare atto ostile verso la città, accampò tra San Lazzaro e San Maurizio e mandò ambasciatori al Senato reggiano a rappresentargli l'usurpazione pontificia ed ì diritti, che in seguito ad antichi patti, dedizioni e giuramenti, la Casa d'Este aveva sulla città di Reggio. I Reggiani, che da molto erano stanchi del governo pontifìcio, famoso specialmente nell'estorcere tributi, senza esitare dichiararono di voler ritornare nel dominio degli Estensi ed aprirono le porte al duca Alfonso ed alle sue truppe ricevute con grandi feste il 29 settembre 1523. L'esempio di Reggio fu tosto imitato dalle maggiori terre del contado, quali Breseello, Castelnovo di Sotto e da tutti i castelli della montagna compreso Montecchio, il quale da Leone X era stato dato in feudo al patrizio modenese e suo capitano Lodovico Rangone.
I tempi calamitosi che correvano allora per l'Italia superiore non permisero a Reggio di trarre vantaggi dal nuovo ordine di cose: la città ed il territorio essendo continuamente attraversati da genti di ogni fatta che andavano alla guerra di