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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Reggio nell'Emilia
   c55
   guerre, e per quanto fosse favorito nell'impresa da alcune famiglie reggiane, quali i Boiardi signori di Scandiano, i Manfredi, i nobili di Rodeglia, i Roberti, non ne venne a capo se non nel 1409! dopo l'uccisione di Ottobono Terzi, parmigiano, già comandante delle truppe del Visconti e vicario visconteo in varie città, che, allo sfacelo del ducato di Gian Galeazzo, si era, al pari di tanti altri capitani e signorotti, appropriata una parte di quello Stato che l'inetto Giovanni Maria non aveva saputo mantenere. Ottobono Terzi tenne lungamente testa al marchese Nicolò d'Este e più volte cimentò la pazienza dei Modenesi invadendone il territorio sia nella parte bassa che nell'alta, per il che, a schiacciare un sì infesto e pericoloso vicino, Nicolò 111 d'Este prese al suo soldo la compagnia ch'era capitanata da Attendolo Sforza; si alleò con Cabrino Fondulo signore di Cremona, nemico del Terzi, e con i Visconti, i quali non potevano perdonare ad Ottobono di essersi appropriato di Parma e di Reggio, città già dominate da Gian Galeazzo, loro padre. Quella lotta accanita non tini se non colla morte del Terzi, avvenuta in Rubiera il 27 maggio 1409, non si sa bene se in regolare combattimento o per agguato tesogli dai fautori dell'Estense e molto probabilmente dallo Sforza. Morto il Terzi non fu peranco vinta la partita. Nicolò, figlio di Ottobono, fu, sebbene fanciullo, acclamato signore di Reggio e di Parma; gli aderenti del Terzi, tra cui Carlo da Fogliano, non vollero cedere i castelli della collina da quegli avuti in feudo, onde Nicolo III d'Este dovette accingersi a nuova guerra. L'ostacolo principale era tolto e ribellatasi Parma all'effimero dominio dei Terzi, acclamando a proprio signore Nicolò d'Este mentre questi stava assediando Reggio, la fortuna dei Terzi precipitò. Jacopo Terzi, tutore del piccolo Nicolò, in nome del quale governava, dovette fuggire e rinchiudersi nella sua rocca di Guardasene, lasciando Parma libera all'Estense ed ai San vi tali, che erano stati promotori del moto. A tre giorni di distanza l'esempio di Parma fu imitato anche da Reggio, ed ai 29 di giugno il popolo reggiano acclamò a suo signore il marchese Nicolo III d'Este, il quale spedì tosto in quella città il suo fedelissimo Uguccione de' Contrari, che, accolto con grandi feste, a nome del marchese accorciò ai Reggiani vantaggiose condizioni. Resistettero ancora per alcun tempo le cittadelle di Parma e di Reggio, tenute dagli ultimi fautori dei Terzi; ma, dopo un mese, dovettero arrendersi, terminando così quella guerra fortunata per l'Estense. Da quel momento, fino al cadere del secolo scorso, salvo qualche più o meno breve intervallo causato da circostanze speciali inerenti alle condizioni generali politiche militari dell'Italia superiore, Reggio fece sempre parte del dominio estense, il quale, sarebbe disconoscere il vero se si dicesse il contrario, fu quasi sempre temperato, non dispotico, illuminato, favorevole all'incremento degli studi, delle arti, dell'agricoltura, dei traffici e dell'abbellimento della città.
   A Nicolò III succedette, nel 1442, uno dei suoi figli naturali, Leonello, il quale morì nel 1430, lasciando ad erede Borso suo figlio, il vero instauratole della potenza estense nell'era moderna. Borso ottenne dall'imperatore Ferdinando 111 d'Austria il titolo di duca di Ferrara, Modena e Reggio e governò con molta liberalità i suoi Stati, che godettero per un ventennio dei benefizi della pace e dei ristorati traffici. Succedette a Borso suo fratello, Ercole I, sotto il quale i Reggiani si videro messi a gravi contribuzioni per le opere intraprese da questo principe a Ferrara e per le numerose truppe che in quel periodo, già calamitoso, egli aveva dovuto assoldare. Nello stesso periodo il territorio reggiano fu infestato da malandrini, per lo più bande di soldati di ventura ed altre genti di malaffare disertate dagli eserciti che cominciavano a percorrere la Lombardia e l'Emilia da un capo all'altro. Ad estirpare questo male il duca Ercole I mandò a Reggio, in qualità di governatore, il conte Matteo Maria Boiardo di Scandiano, gentiluomo valoroso ed energico e nel tempo stesso concettoso poeta. Coll'O-lando innamorato il Boiardo precorse l'Ariosto, del quale era anche zio per parte della madre, Daria Malaguzzi.