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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Terza — Italia Cenlralu
   magistrati, avocò a sè ed ai suoi ufficiali ferraresi le maggiori pratiche e la definizione delle liti, impose tributi, esiliò molti cittadini ed altri obbligò al disarmo, prendendo in ogni cosa atteggiamento di sovrano assoluto. Morto, nel 1293, Obizzo, gli succedette il figlio Azzo, il quale si diede a seguire le orme paterne in modo ancora pili duro e dispotico. Male avvezzi a simili trattamenti ed abituati ad essere padroni di casa loro, i Reggiani cominciarono ad indisporsi ed a macchinare contro il governo dell'Estense, finché le cose andarono a tal segno che, aiutati da Giberto da Correggio, signore di Parma, che un ugual moto contemporaneamente favoriva fra i malcontenti modenesi, si levarono, sull'esempio di questi, in rivolta, cacciarono dalla città il vicario e gli altri ufficiali dell'Estense e rivendicarono il Comune a libertà il 29 gennaio 1306. Pubbliche allegrezze segnarono quell'avvenimento e molte famiglie si pacificarono nel nome della comune libertà e gran parte dei fuorusciti e degli esuli, mandati dagli Estensi, rientrarono in città.
   Vi fu un periodo di calma e di benessere fino alla discesa del tanto auspicato dai Ghibellini Arrigo di Lussemburgo, dal quale i Reggiani, in quel momento di effimera, fugace ripresa del ghibellinismo, dovettero accettare, nolenti, un vicario in Spinette Malaspina. Ma il fiscalismo e le vessazioni di costui, che doveva spremere danari dal popolo per soddisfare alla propria avidità e corrispondere alle incessanti richieste dell'imperatore, il quale era venuto in Italia con molta gente dietro e pochi soldi per pagarla, finirono per indignare i Reggiani, che cacciarono violentemente il vicario imperiale ed imprigionarono i più ardenti Ghibellini fautori dell'imperatore (25 febbraio 1311). Rimasta cosi libera la città si affidò alla protezione della Chiesa e vi fu, a causa di Reggio, fiero conflitto tra il papa Giovanni XXII e Ludovico il Bavaro, che a quegli ne contrastava il dominio.
   1 tempi, sempre meno propizi a libertà, precipitavano a morte. 11 Comune, sbalestrato fra le fazioni, impotente a tener fronte agli ambiziosi e prepotenti interni ed ai grossi signori dell'esterno, diventati ormai mangiatori di città, dovette subire protettorati e signorie, succedentisi tumultuariamente l'uno all'altro. Così in quella disgraziata prima metà del secolo XIV Reggio passa, dopo Spinetto Malaspina, in potestà di Nicolò Fogliani, indi di Martino della Scala signore di Verona, è guatato poi dai mantovani Bonaccolsi, indi da Luigi Gonzaga, che, supplantati i Bonaccolsi in Mantova, si fa signore anche di Reggio (1335).
   Ne la città sfugge alle mire della politica espansiva dei Visconti di Milano che, nel 1356, tentano assaltare la città e prenderla di sorpresa. Ma Feltrino Gonzaga, figlio di Luigi, aiutato dagli Estensi, che pur essi avevano a temere dall'ambizione dei Visconti, muove contro di questi. Le truppe viscontee, sopraffatte dal maggior numero, nò potendo tenersi nella città avversa, si rinchiusero nel famoso monastero di San Prospero, eretto nell'anno 999 dal vescovo Tenzone fuori di porta Santo Stefano, ed opposero viva resistenza a Feltrino Gonzaga. Il convento di San Prospero era un grandioso edilizio cinto di mura proprie e munito di un'alta torre di difesa, vi albergavano permanentemente 200 monaci benedettini e dava rifugio a quanti pellegrini passavano per Reggio. Feltrino Gonzaga cinse di regolare assedio quel luogo e quando l'ebbe e ne furono sloggiate le truppe del Visconti, ne decretò l'atterramento, perchè ad altri non dovesse più servire di difesa, ne lo mossero da questo proposito le preghiere riè le profferte di danaro dei cittadini, che avrebbero voluto conservato e salvo quel loro antico e ragguardevole monumento.
   Queste ed altre imprese di Feltrino non impedirono a Reggio di passare in potestà di Bernabò Visconti, al quale lo cedettero, nel 1371, gli stessi Gonzaga per 5000 ducati d'oro. Più volte tentarono gli Estensi, ritornati in possesso di Modena, di riconquistare anche Reggio, fondando i loro diritti sulla dedizione fatta dalla città nel 1290 ad Obizzo ; ma per quanto facesse il marchese Nicolò, sostenendo anche lunghe e dispendiose