Reggio nell'Emilia
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Fra i primi vescovi di Reggio è annoverato Prospero, considerato poi come patrono della città per la tradizione lunga ed amorevole lasciata nel popolo per le sue virtù, le sue predicazioni ed anche, dicesi, per i suoi miracoli. Sarebbe venuto in uno dei momenti più tristi della storia nostra quando il mondo romano, insidiato dai nemici interni, minacciato e percosso dalle armi barbariche, precipitava all'ultima rovina, e l'Impero, cogli ultimi ed imbelli Cesari esotici, si sfasciava e finiva nell'impotenza e nella vergogna (461 -483).
Caduto l'Impero Reggio fa parte della fittizia monarchia di Odoacre, il re degli Eruli, il barbaro che. colla spada alla mano, aveva saputo dire < basta » alle vergogne, alle bassezze, alle colpe della Roma imperiale. Segue, per naturale fatalità di cose, le sorti della regione durante la conquista ed il regno dei Goti e la loro lotta di resistenza contro l'avverso sentimento nazionale, eccitato dai ricordi della grandezza passata, aiutato poscia moralmente e materialmente dall'Impero bisantino, che, ad onta della sua profonda decadenza, aveva pur sempre agli occhi degli Italiani d'allora il vanto di essere il solo vero erede e continuatore della tradizione romana.
Cacciati i Goti per l'arte ed il valore di Narsete, Reggio fu b{iantina nel breve periodo in cui tutta l'Italia fu bizantina, governata dagli esarchi di Ravenna nella parte superiore e da quelli di Siracusa nella parte inferiore o meridionale.
La discesa di Alboino coi suoi Longobardi, provocata, a quanto sembra., dalla vendetta di Narsete, vittima degli intrighi dei cortigiani di Bisanzio, cambia d'un tratto l'aspetto delle cose nella regione emiliana, che in parte cioè, al di là del Panaro, rimane soggetta agli esarchi ravegnani ed in parte, cioè di Modena, viene rapidamente e facilmente conquistata dal nuovo invasore. Al pari di Parma, di Piacenza, di Modena, stabilitosi il regno dei Longobardi a Pavia, la città che con Ravenna aveva diviso il vanto d'essere capitale della monarchia gotica, Reggio diventa sede di uno dei 36 duchi longobardi, formanti una specie di federazione militare con a capo un re. Tale stato di cose, salvo le momentanee incidentali incursioni dei Bisantini, che tentavano di prendersi una rivincita sui Longobardi, dura per oltre due secoli, quanti ne durò cioè la monarchia longobarda. Dei duchi che governarono Reggio, l'Asari ricorda il nome di un Rodano: ma è questa affermazione assai vaga, tanto più che il nome di quel fiumiciattolo, scorrente presso la villa San Maurizio e tributario della Secchia, ha maggiori probabilità di risalire al periodo nel quale i Galli Boi dominavano nella regione anziché di avere attinenza coi Longobardi, alla lingua dei quali esso nome neppure appartiene.
La catastrofe longobarda, compiutasi coll'opera e l'intervento di Carlo Magno re dei Franchi, ma preparata da lunga mano nell'animo delle popolazioni italiane e favorita potentemente dalla Chiesa, produce un nuovo cambiamento nelle condizioni politiche di Reggio. Carlo Magno, che aveva infinite ragioni di tenersi amico il clero italiano, deferì al vescovo di Reggio, come a qualche altro, l'autorità regale sulla città, della quale venne anche con maggiore precisione delimitata anche la diocesi. I confini del
Fig. 35. — Reggio nell'Emilia: terriera Vittorio Emanuele (da fotografia Fantuzzi).