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l'arie Terza — Italia Centrale
l'abbazia ili Nonautnla, il cui abate, per privilegi e diplomi di una quantità d'imperatori e re, aveva autorità autonoma da tutti indipendente, sopra una vasta estensione di territorio nella bassa modenese. A tale effetto egli manovrò, con molta scaltrezza, dapprima con Ugo dì Provenza; non contentato da questi, gli si ribellò, dandosi al partito di Berengario d'Ivrea aspirante alla corona d'Italia, il quale, per adescarlo gli prometteva l'esaudimento dei suoi ambiziosi desideri! e, diventato re d'Italia, Berengario, dopo molte esitanze, non tanto perchè sapeva di commettere atto ingiusto ed illegale, quanto perchè temeva di attirarsi le recriminazioni, le proteste e le invidie di altri potenti ecclesiastici — compreso l'arcivescovo di Milano che sull'abbazia nonan-tolana accampava pretese e diritti — aderì alle insistenze del vescovo Guido, il quale per primo atto spoglio l'abbazia dì tutto il suo tesoro in contanti e di tutta la preziosa sua suppellettile di vasi sacri e di gioielli; scopo evidente ed immediato di tutto l'affannarsi di Guido per entrare nel dominio della pingue abbazia. Nò si fermarono a ciò i favori da Guido strappati a Berengario: ottenne il titolo e la carica di arcicancelliere del regno, che lo faceva pressoché arbitro d'importanti investiture; ebbe per proprio conto investiture di castelli, di territorii e potestà assoluta e sconfinata sulla propria città.
Precipitando però la fortuna di Berengario, Guido fu pronto, per non perdere quanto più o meno simonicaniente aveva acquistato, a voltare bandiera, e fu tra quei prelati e grandi feudatari che attirarono sull'Italia la dominazione tedesca degli Ottoni, primo addentellato alle future dominazioni straniere. E sì efficace dovette essere l'opera sua nel cambiamento che allora si fece in Italia che Ottone gli riconobbe il grado di arcicancelliere del regno e relativi benefìzi, gli confermò il simoniaco possesso dell'abbazia di Nonantola, col diritto d'annullare tutti gli atti e contratti dei precedenti abati — donde la dispersione, la dilapidazione di gran parte dei beni dell'abbazia — e gli confermò tutte le altre investiture di feudi, terre, castelli e chiese, ottenute durante il regno dì Berengario. Di ciò avrebbe dovuto tenersi pago il vescovo Guido, che quanto a potenza, autorità e ricchezza primeggiava fra i prelati italiani, anche fra quelli che reggevano chiese di più illustre rinomanza; invece lo vediamo presto voltarsi contro lo stesso Ottone e brigare per il ritorno di Adalberto figlio di Berengario e già suo socio nel regno. II perchè di questo improvviso cambiamento nella politica del vescovo Guido non è ben chiaro. Ma si suppone essere stato causato dall'avere Ottone offesa la sua suscettibilità o menomata alquanto la sua autorità civile colla nomina fatta di Azzo di Toscana, tìglio di Sigi frodo. fondatore del castello di Canossa, a conte di Modena e di Reggio. L'orgoglioso prelato, verosimilmente ferito da quella nomina, mediante la quale l'imperatore gli toglieva una parte della sua male acquisita autorità e gli metteva allato un importuno controllore dei suoi atti, si diede subito a brigare per la ristati razione del regno d'Italia — alla cui demolizione tanto aveva contribuito — nella persona di Adalberto d'Ivrea. L'impresa tentata da Adalberto 11011 riesci ed Ottone, saputo delle macchinazioni di Guido, lo invitò in Sassonia a discolparsi. Il vescovo di Modena andò e, parve che colla simulazione e le promesse fosse riescito a riguadagnare l'animo dell'imperatore e già affrettavasi al ritorno quando a Coirà, per ordine di Ottone, fu dichiarato prigioniero e ricondotto 111 Sassonia, ove venne tenuto per qualche tempo chiuso in una fortezza. Rilasciato infine, venne privato di varii titoli, tra cui quello di arcicancelliere del regno, passato al vescovo di Parma, ed umiliato se ne rientrò nella diocesi, ove poco appresso morì, succedendogli Ildebrando, che vediamo già funzionante in atti del 970.
Sotto Ildebrando, nel 973, fu tenuto un Sinodo tra i vescovi di Imola, Faenza, Cesena, Piacenza, Parma e Bologna, all'oggetto di definire una quistione tra questi due ultimi prelati per occupazione di terreni ecclesiastici. A luogo (li riunione fu scelta la villa di Marzaglia sulla sponda destra deJla Secchia e le adunanze si tennero in