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l'arie Terza — Italia Centrale
irt consimile circostanza un secolo prima, ina ora rll nuovo rifatta, ampliata, fortificata. Nel Museo lapidario modenese conservasi ancora la lapide ricordante la costruzione delle mura della nuova città, avvenuta sotto il regno del < rege felicissimo Liidprarido
per cum celeberrimo.....>, lapide che stette per lunghi anni murata nella chiesa di
Cittanova. Alcuni storici e tra questi anche il Vandelli, per solito accurato ed esatto, afferma che 111 seguito all'erezione delle mura di Cittanova la vecchia Modena rimanesse completamente abbandonata e deserta e che quivi si trasferissero insieme alla cattedra vescovile il Capitolo dei canonici, le reliquie della cattedrale ed il corpo di San Geminiano. Ma è affermazione avventata che nessun documento comprova e clic il Tiraboschi, sì profondo svisceratore delle memorie modenesi, recisamente oppugna.
Durante il periodo longobardo la Chiesa di Modena fu assai favorita da quei re e si hanno memorie di donazioni fatte alla chiesa di San Geminiamo da Cuniberto, da Liutprando e dallo stesso ultimo re di quella gente, lo sfortunato Desiderio. Durante il regno di Astolfo, Anselmo, già duca del Friuli e cognato del re, passato a vita monastica, fondò l'abbazia di Nonantola, che più tardi doveva assurgere a grande splendore, ina ch'ebbe subito da Astolfo privilegi e concessioni di vasti territori.il marchese Campori, dottissimo cultore delle discipline storiche, in una delle pregevoli sue monografie cosi giudica, e benevolmente, l'opera dei Longobardi nella regione modenese : « Iddio forse inviò costoro in Italia per camparla dalla vergognosa sorte serbata all'Impero greco dal quale dipendeva e dalle sètte religiose che, svigoritolo, lo trassero a ruma, I Longobardi, che raccolsero le disperse genti modenesi 111 Cittanova al tempo loro edificata o almeno cresciuta e recinta di mura e da 1111 re loro donata al vescovo di Modena; essi, che fondarono in questa parte due famose abbazie e chiese e chiostri, e largirono beni e privilegi ai vescovi nostri, cosicché il Mmghelli, autore di un'inedita storia di Modena, potè dire, accennando ad una donazione di Ildebrando che la pietà e la liberalità dei re longobardi a favore dei nostri vescovi incominciando in Cuniberto, viemmagg tormente si fè conoscere in Ildebrando, continuando poscia nei suoi successori; i Longobardi, dico, ai quali dobbiamo la fondazione della chiesa di Carpi e che combatterono in più guerre sul territorio nostro, liberandoci dai Greci e dai Franchi che, guidati dal re Childeberto, erano giunti fin presso Modena e tennero su noi governo, per quanto si può congetturare non gravoso, meritano, io stimo, di venir ricordati non senza lode nella storia di Modena >.
Ciò non toglie che la catastrofe del regno longobardico non fosse voluta e preparata in gran parte dalle genti italiane, che male sopportavano le monarchie militari di quegli stranieri per quanto essi facessero, onde uniformarsi alla fede, alle costumanze e alla civiltà dei Romani, Il papato, che nel frattempo s'era creato un regno al coperto della debolezza bisanfina, fu il perno della rivoluzione italiana contro i Longobardi, rivoluzione che per ra ^giungere il proprio intento non esitò a far appello all'intervento straniero. E invitato e benedetto dal papa, invocato quale liberatore dagli Italiani, venne 111 Italia Carlo Magno a togliere il regno al longobardo Desiderio, dopo averlo personalmente ingiuriato e rimandandogli vergognosamente ripudiata la figlia Erniengarda.
Nel nuovo ordinamento dato da Carlo Magno al rievocato Impero, negli ultimi anni di sua vita cominciarono ad apparire anche in Modena gli indizi del regime feudale, nei conti che la città ebbe preposti al suo governo. Dal principio del secolo IX i titoli Comes Mutinensis e Comes Comitatus Mutinensis, cominciano ad apparire nelle carte e negli atti del tempo e si hanno anche i nomi di 1111 Gherardo conte di Reggio e di un Iliainperto conte di Cittanova.
Come è noto e provato, il sistema feudale non fec-e buona prova, né fu duraturo nelle città italiane del Settentrione e della gran valle del Po. Allato all'autorità comitale rappresentante la lontana e talvolta debole'politica autorità del re e dell'imperatore, cresceva nella città, senza che nessuna forza potesse impedirlo, un'autorità cito