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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Modena
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   dazione, che tra il finire del secolo V ed il principiare del VI, desolò tutto l'agro modenese, cagionando il rigurgito dei numerosi ed allora assai male regolati canali che attraversavano la città e clic ancora ne percorrono, sibbene coperti, in ogni senso il sottosuolo, riunendoli quasi tutti sotto il piazzo Ducale o Renifi per formare il Canale-Naviglio, che passa sotto il corso Vittorio Emanuele ed esce a nord della città nella conca presso il magazzino del sale, ove approdano le barche clic lo risalgono cariche di stramaglia vegnenti dalla bassa e dalle valli del Ferrarese. Gli storici modenesi più autorevoli, lasciando da parte le leggende di avvenimenti bellici in quel periodo non avvenuti, o se mai da tutt'altra parte, attribuiscono ad una od a replicate disastrose inondazioni avveratesi in quel periodo, l'abbandono pressoché totale della città per parte dei Modenesi e l'impianto di una nuova città a (i o 7 miglia più ad occidente, in luogo meno adatto al dilagare delle acque. Il sottosuolo immediato di Modena, formato tutto di materiale da trasporto alluvionale, di ciottolame, fra cui, alla profondità di 3 o 4 metri, sfiorano ancora le fondamenta e gli avanzi di antichi edilizi ed il piano delle antiche strade, conferma solidamente quest'ipotesi, ch'è pure affermata dall'antichissimo opuscolo Mutinmsìs Urbis descrìptio, scritto all'incirca nell'anno 910 ed inserito dal Muratori nella sua famosa raccolta degli scrittori delle cose d'Italia. Distrugge poi completamente la leggenda che la Cittanova sia stata costrutta per riparo e difesa dei cittadini di Modena dalle invasioni e dai saccheggi degli eserciti barbarici, il fatto che la località nella quale la nuova città sorse, era più aperta e per varie ragioni militarmente meno difendibile della vecchia.
   Prostrata al sommo grado doveva essere Modena e seco anche Reggio, se durante tutto il secolo VI, mentre accanita si spiegò la lotta tra l'elemento italiano e l'elemento gotico, e tra questo ed i Bisantnii, capitanati da Belisario prima e da Narsete poscia, la storia ne tace completamente.
   Venuti per la vendetta dell'eunuco Narsete, richiamato al gineceo, i Longobardi in Italia, mentre il loro re Alboino attendeva all'assedio di Pavia -— assedio durato tre anni — ultimo baluardo della resistenza gotica — facevano anche delle incursioni pel rimanente della valle del Po per assoggettarne i vari) paesi, il che accadde pure per Modena e per Reggio, senza che Paolo Diacono e gli altri storici del regno longobardo dicessero come il fatto avvenisse.
   Analisi storica dei tempi posteriori e dei nostri afferma che tanto Modena quanto Reggio ebbero il dominio di duchi longobardi; ma chi fossero questi duchi nessuno seppe o potè mai dire, nò vi sono prove ili appoggio negli scrittori sincroni, onde anche quest'affermazione è da rilegare fra le fiabe e le inesattezze messe in giro da poco accurati scrittori intorno a quel periodo. Comunque, fu assai breve il dominio dei Longobardi su queste città, poiché, nel 590, i Bisantini, capitanati dall'esarca di Ravenna Romano, spinto dall'imperatore Massimo a tentare la rivincita sui Longobardi, le espugnarono riducendole di nuovo, al pari di Bologna e Parma, sotto il loro dominio Quanto questo durasse è incerto. Appare invece più positivo che verso la metà del secolo successivo le due città facessero nuovamente parte del dominio longobardo, dal quali invano tentò toglierle Isario esarca di Ravenna, nel 042, sconfitto in regolare battaglia sulle rive del Panaro da Rota ri re longobardo, lo stesso al quale si deve la codificazione delle leggi longobarde. Regnando sul trono dei Longobardi Liutpraiulo, avvenne poi un'altra di quelle terribili inondazioni, delle quali più volte ci parlano gli storici del medioevo e che desolarono la gran valle padana. Ne fa menzione anche Paolo Diacono nell'affettuosa storia della sua gente, ed è probabile che questo disastro, aggiungendo nuovi e gravissimi danni a quelli già recati alla loro città dalle precedenti inondazioni, costringesse i Modenesi, che forse in parte vi erano rientrati — attrattivi anche dall'esempio ilei loro vescovi, che mai non vollero abbandonare l'antica sede — a disertare completamente la città stabilendosi nella borgata di Cittanova, già sòrta