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l'arie Terza — Italia Centrale
Così, ad esempio, è avvenuto per l'invasione degli Unni condotti da Attila, loro re efferatissimo, dalla Pantionia e che certamente fu uno degli avvenimenti più impressionanti del secolo V. Non v'è città, si può dire, dell'Alta Italia che secondo la tradizione non sia stata salvata con un miracolo o con preghiere grazie al proprio Santo protettore dalla vendetta del ferocissimo Unno, che s'era già sfogato terribilmente sopra Aquileja. Secondo la leggenda per secoli accreditata e tradotta perfino in marino in un bassorilievo incrostato sulla fiancata della Cattedrale prospiciente la piazza Maggiore, rappresentante un uomo a cavallo attorniato da armati con un vessillo e recante sotto la scritta: « Qui San Geminiano liberò questa città da Attila Flagello di l)ìo Attila, accostandosi a Modena col suo esercito e nel proposito di saccheggiarla, venne per miracolo di San Geminiano, patrono della città, come acci orato da una grande nebbia che tutta la città avvolse, cosicché l'orda sterminata degli Unni passò oltre per il suo cammino senza accorgersi dell'esistenza di Modena. Questa leggenda però è ora completamente sfatata grazie alle indagini storiche del Padre Girolamo Tiraboschi, I). C. I). G., uomo di mente elevata e non sospetto certo dì irreligiosità.
11 Tiraboschi infatti — attingendo anche all'inesauribile fonte del materiale mura-toriano — dimostra, che Attila nel suo itinerario si tenne sempre sulla sponda sinistra del Po, quindi ben lungi dalla possibilità di poter offendere Modena e che quando, a Governolo, si accìngeva a passare il Po per marciare su Ravenna e su Roma, venne arrestato dalla famosa ambasceria di papa Leone, che, colla eloquente parola ed il venerando aspetto, s'impose al re barbaro e lo persuase a desistere dall'impresa, a ritornare sui suoi passi ed a rientrare nella Pannonia da cui era venuto, prolungando così per un quarto secolo ancora la vita ormai condannata dell'Impero d'Occidente. Aggiungasi poi che San Geminiano, vescovo di Modena, era morto da più d'un mezzo secolo allorché Attila scese in Italia, cosa che renderebbe sempre più ipotetica l'opera sua di salvazione della città e che per questo fatto miracoloso non corrispondono neppure le date, poiché il miracolo di San Geminiano, secondo la tradizione rimasta nella Chiesa modenese, sarebbe avvenuto il 20 gennaio ed è in tal giorno festeggiato, mentre Attila, è ben provato, non entrò in Italia se non nella primavera di quell'anno e sullo scorcio di quell'anno medesimo, per le esortazioni del pontefice, ne uscì.
Altra leggenda è pur quella che vuole che Modena e Reggio, caduto l'Impero di Occidente e proclamatosi Odoacre, il condottiero degli Eruli che aveva provocato il grande avvenimento, rex gentìum, fossero da questi o dalle genti di costui ferocemente devastate. La leggenda parrebbe avvalorarsi, da un periodo di tremenda depressione della città durata per due secoli dopo questo preteso avvenimento. Ma anche questa è leggenda da condannarsi fra le più insussistenti., essendo noto che, vinta Ravenna e Pavia e relegato in un castello della Campania l'imbelle imperatore Romolo Augustolo, Odoacre rimase per varii anni pressoché senza colpo ferire — nello stupore delle popolazioni — incontrastato padrone della situazione, dominatore assoluto del-1 Italia dalle Alpi alla Sicilia. Pressoché tutte le città d'Italia gli aprirono spontaneamente le loro porte e non vi fu d'uopo né di assedi, né di saccheggi e devastazioni per ridurle in soggezione. L'accasciamento prodotto sugli animi da quella grande catastrofe politica e le condizioni di fatto delle città italiane d'allora resero impossibile nonché ogni tentativo, ogni pensiero di resistenza. A ben altre cause si deve quel periodo di oscurità e depressione che passò per Modena tra il secolo VI ed il IX, il periodo cioè nel quale, a poche miglia a sud-ovest da Modena, sorse a competere colla vecchia città la Città Nuova, detta anche Geminiana, avendo ì Modenesi disertato in gran parte gli edilizi rovinati o minaccianti dell'antica loro città.
Chi fu causa della rovina di Modena, come accuratamente venne dimostrato dal Tiraboschi già citato, col suo discorso preliminare alla storia della Badia di Nonantola, non fu il furore dei barbari o delle vicende belliche, bensì una spaventevole inon-