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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Terza — Italia Centralo
   11 periodo romano fu per Modena ed il suo agro un'èra di grande prosperità, agricola ed economica. Polibio, che scriveva sullo scorcio del secolo VI dì Roma, afferma < che la parte d'Italia chiusa fra l'Apenuino Yolscio e l'Adriatico si credeva come per estensione di pianure, così per fertilità, la più ragguardevole di tutta Europa >. < Non è facile a narrarsi — soggiunge egli — quale sia la virtù di coteste terre, perocché il grano tanto vi abbonda che ai nostri giorni Vendesi sovente il moggio siciliano di frumento per 4 oboli e quello d'orzo per 2 ; una misura di vino si cambia per altra uguale d'orzo ed il panico ed il miglio oltre ogni modo soperchiano. La copia delle ghiande, che traggonsi dai querceti sparsi per la campagna a varie distanze, può arguirsi da questo che moltissime bestie porcine vengono uccise in Italia per essere mangiate e per riporsi ad uso degli eserciti, e quelle pianure forniscono loro tutto il bisognevole nutrimento. La moltitudine degli uomini e la grandezza e la bellezza dei loro corpi, siccome il loro coraggio in guerra, per le gesta loro, appieno sono manifesti ».
   Strabene conferma ciò che dice Polibio intorno alla fertilità grandissima di questa parte d'Italia ed aggiunge che l'abbondanza del vino si poteva argomentare vedendosi le botti di legno più grandi ancora delle camere: < che come a Pisa si provava felicemente l'uva Forra, cosi a Modena usavasi la Prusima, ch'era di acino nero ed il vino di essa venia sbiancando nello spazio di quattro anni >. Strabene dice ancora che < i luoghi intorno a Modena ed al fiume Scoltenna davano, al tempo suo, lane le più morbide e molto bellissime fra tutte le altre ». Aggiunge inoltre che < tra Modena e Reggio v'era una cittadella o castello, posto in la via Emilia, denominata Campi Macri, ove soleva tenersi ogni anno un mercato. Questo mercato era di pecore e di bestiame... >. Ma questo mercato, come appare da un Senatusconsulto scritto in una tavola di bronzo dissotterrata nel secolo scorso ad Ercolino, era già in disuso nell'anno 50 di Or. Ciò non toglie che le lane e le pecore del Modenese non si mantenessero ancora per molto tempo in onore, poiché Columella che scriveva ai tempi di Nerone, dice che t sebbene gli antichi Romani tenessero per esimie le pecore diMileto e della Magna Grecia, pure ai giorni suoi erano più pregiate le altre della Gallia e segnatamente lo Altinate, e quelle che del pari stanziavano e pascevano intorno a Modena e Panna nei Campi Macri ». Questo commercio delle lane doveva essere, per il tempo, il più importante della regione, quello col quale più facilmente e più largamente si poteva arricchire; dacché, narra Marziale, che un fullone, o purgatore di panni, diede in Modena a sue spese uno spettacolo di gladiatori: spettacolo costosissimo e per il quale, chi lo dava, doveva essere ricco di almeno 40U.000 sesterzi, giusta un decreto del Senato ricordato da Tacito.
   Oltre che per le sue lane ed i suoi vini, Modena, al tempo di Roma, era celebre anche per la fabbricazione dei suoi vasi littili che si esportavano per ogni dove, e della bontà, tinezza ed eleganza dei quali fa gli elogi anche Plinio il Vecchio.
   Che Modena dovesse poi essere, oltreché città militarmente e commercialmente importante, anche ricca e fastosa per monumenti d'ogni genere, lo prova il fatto delle numerose e continue scoperte di monumentila di avanzi e frammenti di monumenti in marini finissimi, che si trovano allorché si operano scavi di qualche entità nel sottosuolo della città o dei suoi immediati dintorni. Il giacimento della Modena romana è da 5 a C metri sotto il livello attuale della città. La ricca suppellettile del Museo lapidario é una prova parlante di quanto diciamo. E ciò senza tener conto di tutto il materiale, e sarà il più, che andò disperso e rovinato nelle vicende disgraziate dei bassi tempi delle invasioni e distruzioni barbariche; di quello che andò perduto per l'incuria e l'ignoranza umana; ed inline di quello che venne adottato e trasformato in successive costruzioni. Antiche cronache modenesi parlano di monumenti superstiti nella città del periodo romano, del Campidoglio, dei temidi, dei fòri e d'altri edifizi