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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   fj(') Parlo Terza — Italia Centrale
   Sant'Ambrogio (097 di C.), il clic fa nascere il leggiero sospetto che lo zelo dei panegiristi abbia confuso ed attribuito quale,liti fatto della vita di Sant'Ambrogio al vescovo c santo modenese; errore abbastanza frequente liei tempi già semibarbari della rapida decadenza romana c della infiltrazione bìsantina.
   Qual fosse la chiesa nella quale i primi vescovi tennero cattedra 11011 è bene accertato; ma con ogni probabilità fu la prima chiesa sòrta liei territorio e dedicata al principe degli Apostoli. Questa chiesa in origine, per le ragioni sopradette ed avvalorate anche dalle narrazioni del Vedriani e d'altri intorno alle persecuzioni sofierte dai cristiani modenesi, per le repressioni di Diocleziano in particolar modo, sorgeva nell'aperta campagna fuori delle mura della città, l'iti tardi, affermatosi il Cristianesimo come religione ufficiate ed uuica del mondo romano e, compresi i cittadini della necessità di allargare la cerchia delie mura e di rafforzarle per resistere meglio all'urto delle orde barbariche scorrazzanti l'Italia da uueapo all'altro, furono possibilmente comprese nell'interno della nuova cerchia le antiche chiese extru-muros alle quali già collegavasi la pietosa tradizioni: delle popolazioni.
   llaiicano le notizie esatte intorno alla chiesa cattedrale di Modena, che tra il secolo V ed il X precedette l'attuale vetusto ed insigne fi uomo, uno dei più gloriosi monumenti della regione emiliana; una di imelle primissime cattedrali clic furono caratteristica e vanto dell'epoca rigogliosa dei Comuni.
   È allo sbocciare della vita comunale, nella seconda metà del secolo XI, elio i Modenesi, trovando squallida e cadente l'antica cattedrale, da più secoli sorgente sulla tomba del santo, ove trovasi l'attuale al di fuori della cinta della città romana, pensarono ad affermare ad un tempo la fede, la liberalità del loro Comune, erigendo un nuovo e più degno tempio massimo. Le assemblee promiscue dol popolo, dei magistrati, dei sacerdoti avevano già decretata la nuova grandiosa opera : erano già stabilite la spesa e la maniera di tro-vare il danaro necessario, sia mediante pubblici contributi clic con oblazioni volontarie, nelle quali i più facoltosi cittadini gareggiavano d'ardore. Ma 11011 si sapeva ]¦(!ranco a chi affidare l'opera importante, per la quale tutta la città era in grande aspettazione e fervore.
   Negli atti della traslazione del corpo di San Gemì-niano dalla sua primitiva tomba nel nuovo tempio, riportati dal Muratori, è detto : « Adunque nell'anno n 1099 dagli abitanti di detta città (Modena) venne « domandato dove si potesse trovare 1 architettore « di tanta opera, l'edificatore di tale eostruzione : e a finalmente colla grazia di Dio fu trovato un certo « uomo di nome Lanfranco mirabile costruttore, con t il consiglio del quale si cominciò la fondazione di « quella basilica ». *— Chi fosse, donde venisse questo Lanfranco, mirabile costruttore, non appare da alcun scrittore sincrono, e questa deficienza autorizzò molti scrittori di cose modenesi a scansare la fatica delle indagini intorno a Lanfranco — autore del maggior monumento della loro città — ed a cavarsela, dicendo
   che di lui si ignorava la patria. L'accurato ed affettuoso storico dei Maestri Comaeini, il compianto Mer-zariu, un po' eolle induzioni, un po' colle notizie positive, assodate nelle pazienti sue ricerche, solleva alquanto il velo che nasconde le origini o la provenienza di maestro Lanfranco, mirabile costruttori nel suo tempo. « Parrebbe, scrive il dotto autore, clic dovesse essere dell'alta I.umbardia, dove il nome di Lanfranco era frequente; forse era lo stesso bravo artefice maestro Lanfranco da Liguruo, clic architettò e scolpi nel chiostro di Volturrc presso il laghetto di Varese, nella terra degli Autelstnii La scric dei suoi successori, tutti Coinueiui o di terre prossime a Liguri®, e certa somiglianza di stile fra le ornature del portico e colonnati del chiostro di Volterra e qualche parete, la più antica del duomo di Modena, nella quale vedesi già l'innesto del gotico col lombardo, darebbe forza e consistenza a questa ipotesi. Amico Hicei, maceratese, storico dell'architettura, vaglia le diverse opinioni, conclliude e scrive: « Riassumendo queste opinioni non ci pare inverosimile che Lanfranco derivasse da una di quelle terre del Comasco, così copiose a quei tempi di costruttori, ed il suo nome all'atto lombardo lo rende anche più probabile »,
   « Questa probabilità diventa certezza — continua il Mcrzariu — quaudo si ponga mente ad un documento curioso, pubblicato dal Tiraboschi nel suo Codice impiumatici), ili aggiunta alle Memorie storiche dì Modena. È una convenzione o contratto dell'anno 1244 fra il massaro, ossia amministratore della fabbrica del duomo di Modena, ed un Enrico da Campione, dell'Episcopato di Como, con il quale, ad esso Enrico, figlio del maestro Ottaccio, c ai suoi discendenti in perpetuo venne aflidato l'incarico dei lavori di quel Duomo. Giova trascrivere quell'atto rinviando chiunque voglia leggerlo nell'originale latino al Tiraboschi : — Nel nome di Cristo, nell'anno della sua natività 12-54, indizione seconda, nel giorno di Mercurio, ultimo del mese di novembre. Essendo che fu un Alberto, una volta massaro dell'opera e della fabbrica modenese e il fu maestro Anselmo da Campione nel Vescovado di Como, si fosse fatto un contratto, pel quale esso maestro e i suoi credi in perpetuo dovessero lavorare in detta chiesa di Modena e ricevere ciascun giorno lo stesso maestro e qualunque altro maestro suo discendente sei imperiali nei giorni di maggio, giugno, luglio e agosto, ma in quelli degli altri mesi soltanto cinque imperiali per la loro ricompensa e il loro lavoro; ser Ubaldino, ora amministratore, vedendo e considerando, che il detto beneficio, ossia mercede, 11011 sembra bastare secondo il corso di questo tempo e dei tempi successivi ; avuto la deliberazione con il signor Alberto venerabile vescovo e con il signor Giovanni arciprete di Modena, ad istanza e preghiera di maestro Enrico, figlio di maestro Ottaccio, il quale fu figlio di Anselmo prenominato, in presenza dei predetti signori vescovo ed arciprete e degli altri infrascritti testimoni, promise e convenne che al medesimo maestro Enrico per sè e pei suoi figli eredi, e per