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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte* Terza — Italia Centrale
   nitori, cui eccitava all'entusiasmo raccontando le cose viste e sentite, e dimostrando che la repubblica è il solo governo degno degli uomini. Aveva anzi abbozzati alcuni principi! di reggimento libero, da lui intitolati Teoremi; indi, con alcuni amici più fidati, manifestò un suo progetto per rovesciare il governo pontificio. Trattatasi di dare l'assalto di nottetempo al palazzo Pubblico, disarmare le sentinelle, impadronirsi del cardinal-legato e degli altri membri del governo per tenerli come ostaggi; aprire le carceri, liberare i prigionieri ed armarli con quanto si sarebbe trovato negli arsenali obbligando il presidio a capitolare. « Quei giovani — continua l'Aldini nella sua, per il tempo, ardita difesa — volevano la rivoluzione, ma la volevano pacifica e non macchiata dal sangue dei loro concittadini Compagni dello Zamboni erano il dottore Antonio Succi, lo studente 111 teologia Giovanni De Rolandis, astigiano, allievo del Collegio Ferraris, il dottor Sassoli ed alcuni altri. Furono comperati, coi pochissimi mezzi che quei giovani disponevano, alcune vecchie pistole e degli schioppi in bronzo, delle sciabole — che dovevano essere il distintivo dei capi — e parecchie libbre di polvere e di piombo per farne cartuccie. Quei giovani entusiasti avevano fede che al loro manifestarsi tutti i cittadini li avrebbero seguiti e dalla madre dello Zamboni e dalla zia, Brigida Giorgi, fecero preparare con nastri bianchi e rossi — colori della città di Bologna — delle coccarde quali segni di riconoscimento.
   Ma, all'ultima ora, vi furono i traditori: al Succi ed al Sassoli mancò l'animo alla impresa e, presi da paura, chiesero un'udienza al cardinale-legato, al quale tutto spiattellarono. Vennero tosto prese le misure per sventare la trama ed impadronirsi dei cospiratori; ma questi erano ridotti allo Zamboni, al De Rolandis ed a sette od otto popolani, che nella sera antecedente a quella prefissa per lo scoppio del tumulto s'erano radunati presso il primo a vuotare una bigoncia di vino, a leggere il manifesto preparato e a prendere gli accordi per diffonderlo nella susseguente giornata. « Scuotetevi, o cittadini — diceva quello scritto — dal letargo profondo nel quale giacete immersi e che vi rende inoperosi al pubblico bene, nocevoli a voi stessi e non esitate a seguir l'orme di chi vi addita la libertà della patria ». Ma nessuno si die per inteso e, dopo una notturna passeggiata a mano armata, vedendosi soli, i due giovani capì fuggirono fino ai confini della Toscana, ove furono arrestati: s'imprigionarono anche la madre dello Zamboni, che era partecipe della cospirazione del figlio, il padre vecchio, che nulla sapeva e che morì in carcere; la zia, che aveva fabbricate le coccarde, e quanti altri dalle spie erano stati accusati come partecipi dei convegni notturni.
   L'istruttoria processuale segreta fu lunga e penosa. Molti fra i testi e gli imputati ebbero a soffrire la tortura dei tratti di corda ; lo Zamboni, dopo aver tentata invano un'evasione, si strozzò in carcere, tenendo le gambe rattrappite, la notte del 18 agosto del 1795 e lasciando scritto sul muro a caratteri rossastri il saluto ad una donna amata e l'anatema al dottor Succi, augurando l'eterna infamia all' « accusatore dei fratelli, traditore della più sacra amicizia, vile e disertore ». Il De Rolandis venne appiccato nel luogo detto della Montagnola al li 23 aprile 179G e subì eroicamente la pena, senz'altro dire: Povera mia madre! Gli altri, comprese le donne, che furono messi alla berlina e fustigati alle spalle ignude, vennero condannati alla galera.
   Due mesi dopo entravano in Bologna trionfanti i Francesi, apportatori delle idee professate dallo Zamboni; aprirono le carceri liberando quelli che iu seguito alla cospirazione vi erano ancora trattenuti,
   11 1° gennaio dell'anno seguente il cittadino dottor Argclati, nel Circolo costituzionale, propugnò l'Apoteosi dello Zamboni, coadiuvato dal Gavasetti, ch'era stato della congiura. Il commissario della Repubblica Cisalpina, Caprara, pubblicò un lungo manifesto per invitare la popolazione alla cerimonia. Dal Malcantonc, ove sotterravansi i condannati a pene infamanti, vennero dissepolti gli avanzi dei due martiri e rinchiusi in un'urna, la quale, con gran pompa ed immenso concorso di popolo, fu collocata