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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Bologna
   101
   il boia era già approntato. Nello stesso tempo il podestà aveva fatto dire a Tommaso Zambeccari di recarsi da lui; questi andò di nulla temendo. Come fu giunto venne preso, imbavagliato ed appiccato davanti alla cappella del palazzo, il legato non volle die fossero amministrati loro i Sacramenti, nò si facessero cerimonie per il loro seppellimento. Unico addebito fatto ai due cittadini era quello di avere troppo seguito nel popolo. Spenti così i capi delle fazioni popolari, Eugenio IV entrò in Bologna e vi prese stanza per tutto il tempo che durarono le sue trattative pel Concilio di Ferrara. Non appena se ne fu uscito dalla città per recarsi al Concilio i cittadini, guidati dagli amici e dai capi che tuttora rimanevano alla Casa Bentivoglio, nella notte del 21 maggio 1438 presero le armi ed aprirono le porte della città a Nicolò Piccinino, capitano di ventura al soldo del duca di Milano — in guerra colla Chiesa — e sotto la protezione di questi elessero magistrati popolari e restituirono alla città il suo governo repubblicano. Il Piccinino, che aveva ragioni di particolari rancori verso il papa, sì prestò volentieri alla cosa e gliene diede conto in una lettera irrisoria, rimasta alla storia. Tutta la Romagna seguì il movimento (li Bologna, che fu un vero tracollo per il prestigio di Eugenio IV in tutta la regione.
   Occupato in tante altre imprese politiche e militari il Piccinino lasciò a sopravve-gliare il governo di Bologna il proprio figlio Francesco, già valente capitano. A costui, che pure aveva partecipato al ritorno dei fuorusciti e sopratutto dei Bentivoglio, parve sospetto Annibale Bentivoglio, come quegli che godeva della maggior simpatia del popolo e che si atteggiava a capo del partito; perciò, a tradimento, trattolo ad un convito fuori di Bologna, lo fece arrestare insieme a due altri patrizi suoi amici, Gaspare e Achille Malvezzi, e li mandò, sotto buona scorta, prigionieri in lontani e disparati castelli. Annibale Bentivoglio fu rinchiuso in quello di Varano, nel territorio parmigiano. Reclamarono ripetutamente i magistrati della città presso il duca di Milano e Nicolò Piccinino per la restituzione di quei cittadini; ma invano. Allora un Galeazzo Marescotti, devoto al Bentivoglio, pensò di ottenere coll'astuzia e l'audacia ciò che per diritto non si poteva avere. Con altri cinque gentiluomini bolognesi segretamente si recò a Varano e, predisposta ogni cosa, una notte, scalate le mura, penetrarono nella stanza del castellano e lo costrinsero a rendere loro il prigioniero. La notte seguente, col Bentivoglio e mediante scale di corda penetrarono in Bologna, ov'erano attesi. L'arrivo di Annibale Bentivoglio fu il segno della rivolta; la campana di San Giacomo Maggiore, nelle cui vicinanze erano appunto le case dei Bentivoglio e dei Malvezzi, suonando a stormo chiamò tutta la città in armi; il popolo accorse alla piazza, ove i Bentivoglio ed i loro fautori avevano già circondato il palazzo Pubblico e costrinse ad arrendersi prigionieri Francesco Piccinino ed il presidio che lo difendeva.
   Tostochè Bologna ebbe ricuperata la libertà e posta la somma delle cose nelle mani di Annibale Bentivoglio furono mandati ambasciatori a Firenze ed a Venezia a richiedere di riceverla nella loro alleanza, la quale sembrava destinata ad accogliere tutti gli amici di libertà. 1 Fiorentini mandarono subito a Bologna Simonetta di Cam-posampiero con 400 cavalli ed t Veneziani mandarono Tiberio Brandohni con 500. Queste forze, insieme a quelle dei Bolognesi, il 14 agosto dello stesso anno, riportarono sopra Luigi Dal Verme, luogotenente del Piccinino, una bella vittoria, che assicurò la indipendenza di Bologna. Annibale Bentivoglio fece buon uso degli ottenuti successi procurando la libertà ai due Malvezzi, ch'erano stati presi con lui nonché ad altri cittadini che il Piccinino tratteneva prigionieri,
   A Filippo Maria Visconti, del pari che al papa Eugenio IV, scottava il perduto dominio su Bologna e poiché avevano stretta alleanza per altre imprese contro Venezia ed i Fiorentini si accordarono anche intorno al modo di riprendere Bologna ai Bentivoglio. Furono dall'uno e dall'altro mandati nella città emissari per preparare la congiura. Questi si cattivarono i Canedoli, della fazione avversa ai Bentivoglio, sebbene