Bologna
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vi si erano recati, insieme ad altri, a consiglio. Si fu alle armi da una parte e dall'altra. La piazza furiosamente invasa dagli armati, condotti dal tìglio del Bentivoglio, si tramutò in un vero campo di battaglia; vi furono molti morti e feriti, tra cui Goz-zadino de' Gozzadini, che con grande valore si era opposto alla irruzione dei Benti-voglieschi. La vittoria però rimase a costoro, che, padroni della piazza e del palazzo Pubblico, ebbero facilmente la città nelle mani, Giovanni Bentivoglio ebbe l'abilità di sapere usare moderatamente della vittoria; rese la libertà ai Gozzadini prigionieri, dei (piali si proferì come amico; richiamò i fuorusciti e poiché ebbe nel corso d'un mese ben ricompensato con onori e ricchezze i snoi partigiani, accarezzato i vinti, adulato il popolo, adescati i nobili, si fece eleggere, il 28 marzo 1401, signore di Bologna da un Consiglio generale di 4000 cittadini.
La notizia della rivoluzione e della perduta libertà di Bologna costernò altamente i Fiorentini. La Lega formata contro il Visconti per la difesa della libertà italiana era disciolta. Più non rimaneva alcun popolo libero il quale fosse alleato della Repubblica e, ad eccezione di Francesco Carrara, che dal Visconti troppo aveva soflerto e troppo doveva temere, tutti gii altri principi che Firenze aveva aiutati, riconciliandosi col Visconti l'avevano abbandonata. Volendo fare buon viso a cattiva fortuna, i Fiorentini mandarono al Bentivoglio ambasciatori per congratularsi secolui del successo ottenuto colla dignità conferitagli dal popolo di Bologna e ad esortarlo a non abbandonare l'alleanza guelfa, che a Bologna era sempre stata vantaggiosa. 11 Bentivoglio, che aveva condotte segrete trattative col Visconti, non volle impegnarsi e promise solo di starsene neutrale. Così cominciò la fortuna di questa famiglia, che per tutto il secolo XV ebbe parte predominante nella storia bolognese e non lieve anche rispetto alla storia generale d'Italia.
Non erano quelli i tempi nei quali le idee di neutralità potessero aver fortumi. Gian Galeazzo Visconti, indispettito della risposta che il Bentivoglio aveva data ai Fiorentini ed accampando la pretesa che gli avesse a fare atto di vassallaggio per la signoria di Bologna, gli mandò contro Alberigo di Barbiano, famosissimo capitano di ventura al soldo ducale, che col Bentivoglio aveva antiche ragioni d'odio personale. Assalito dal Barbiano per conto del duca di Milano, il Bentivoglio dovette ili necessità gettarsi nelle braccia dei Fiorentini, i soli che ormai fossero rimasti incrollabili nemici del Visconti. Questi mandarono subito truppe in aiuto di Bologna.
A Casalecchio, allo sbocco della vallata del Reno, nella piana bolognese, fu formato il campo del Bentivoglio e dei Fiorentini. Il 20 giugno Alberigo da Barbiano diede l'assalto: i Fiorentini resistettero vigorosamente; ma i Bolognesi, ai quali la signoria del Bentivoglio cominciava a pesare, disertarono le armi; per il che il campo fu forzato ed il capitano dei Fiorentini, Bernardone da Serres, con molti cavalieri, fu fatto prigioniero. Giovanni Bentivoglio era corso in Bologna, sperando ancora di poter difendere e tenere la città; ma il suo emulo, Nanni de' Gozzadini, che coi fuorusciti si trovava nel campo nemico, avuto da Gian Galeazzo affidamento che si sarebbe ripristinato il governo popolare, entrato in città l'aveva già sollevata al grido di Viva il popolo, Viva la libertà, Morte a Bentivoglio! Allorché Bentivoglio giunse alle porte di Bologna le trovò chiuse e, circondato con pochi uomini dal nucleo dei nemici, dovette arrendersi prigioniero. Due giorni dopo, per ordino di Alberigo da Barbiano, venne ucciso. Invece della libertà i Bolognesi, per le sobillazioni ili un Jacopo Isolano, ebbero la signoria del Visconti, agognante al possesso della città per farne una barriera ai danni di Firenze, rimasta ormai sola in tutta Italia a difendere contro di lui gli ultimi avanzi delle antiche libertà. Per fortuna la seconda dominazione viscontessa su Bologna non fu lunga. La peste tolse di mezzo, il 5 settembre 1402, Gian Galeazzo e l'equilibrio d'Italia, ch'egli a proprio profitto aveva rovesciato, ben presto per impulso naturale delle cose si ristabilì. I successori di Gian Galeazzo, inetti per natura, impotenti per