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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte* Terza — Italia Centrale
   i Fiorentini ed i Bolognesi dato aiuti ed ascolto al profugo Francesco Carrara, dal Visconti spogliato dei suoi Stati, parve a quest'ultimo ragione sufficiente per dichiarare la guerra alle due Repubbliche, dopo essersi assicurata l'alleanza di Siena e Perugia contro Firenze, di Astorre Manfredi signore di Faenza, dei Malatesta signori di Rimini e degli altri minori signorotti della Romagna contro Bologna. Ma l'avere suddivise tutte le sue forze fra costoro non portò al Visconti alcun vantaggio e le due Repubbliche poterono benissimo fronteggiare, colle sole loro forze, il nemico alla spicciolata, cosicché questa guerra si ridusse più che altro a scorribande dannose solo al territorio ed ai luoghi minori. Nessuna giornata campale potè deciderla, essendosi, tanto i Fiorentini che i Bolognesi, condotti prudentemente in modo da evitarla. Un diversivo a questa guerra, che richiamò tutte le forze del Visconti nella Marca trevigiana, lo si dovette all'attività di Francesco Carrara, il quale, avuti aiuti dal duca di Baviera, suo antico amico, riesci, con molto valore ed energia, a ritogliere i suoi Stati al Visconti ed a rientrare trionfante, acclamato dal popolo, in Padova.
   Questi avvenimenti diedero alla Repubblica bolognese un periodo di nuova tranquillità, essendo intervenuta una pace tra Firenze, Bologna ed il duca di Milano, garante per dieci anni la Repubblica di Venezia, la (piale, adombratasi dello smisurato accrescersi della potenza viscontea, si diede sottomano ad avversarla, aiutandone i nemici.
   La pace all'esterno non impedì, anzi fomentò in Bologna lo scoppio di nuove ire intestine. Per questione di predominio negli uffici della Repubblica vennero in rotta le famiglie di Nanni Gozzadini e Carlo Zambeccari, cittadini molto influenti e considerati capi delle due fazioni, che si erano sempre conteso il governo ; ne avvennero lotte e dibattiti gravissimi ed il G maggio 1393 lo Zambeccari, avendo fatto prendere le armi al popolo, costrinse il Senato a concedere un perdono generale ed a richiamare tutti i fuorusciti. Quest'atto di clemenza accrebbe di molto nella città il credito dello Zambeccari e la sua pubblica riconciliazione col Gozzadini, seguita a questo avvenimento, parve promettere un nuovo periodo di tranquillità alla travagliata città. Ma sebbene rassodata da matrimoni! tra le due famiglie la pace non durò e Nanni Gozzadini, accordatosi col conte Giovanili Bentivoglio, uomo assai scaltro e di grande ambizione, tentò di sollevare il popolo contro lo Zambeccari, fidando anche sull'aiuto di Giovanni da Barbiano, capitano di ventura al soldo di Bologna. 11 tentativo, per il mancato aiuto del Barbiano, fallì e, sebbene i rivoltosi avessero già occupata la porta di San lionato (ora Zamboni), dovettero ben presto deporre le armi. 1 due capi della rivolta, il Gozzadini ed il Bentivoglio, vennero mandati in esilio, l'uno a Genova e l'altro a Zara (1399).
   La pestilenza, che in quel periodo flagellava, oltre delle guerre e delle discordie interne, l'Italia, tolse in un sol giorno a Bologna, Carlo Zambeccari, Obizzo Lazzari e Giacomo Griffoni: tre cittadini che, colla loro energia ed autorità, avevano saputo tener testa alle fazioni e guarentire le libertà cittadine. Di questa vera calamità della patria profittarono il Gozzadini ed il Bentivoglio per ritornare non solo, ma per lico-minciare nei loro tentativi di usurpazione. E nella generale prostrazione degli animi, non trovando che debole resistenza, costrinsero il Senato a far esulare tutti ì membri della famiglia Zambeccari e loro aderenti. Una volta riesciti, i due compari, del pari ambiziosi ed audaci, si trovarono l'uno contro l'altro. Quindi macchinarono per rovinarsi a vicenda. 11 Gozzadini si appoggiò al favore del popolo, il Bentivoglio ai nobili e, più abile e scaltro del primo, riesci ad ottenere anche l'aiuto dei signorotti romagnoli e di Gian Galeazzo Visconti, sempre pronto a dar mano a coloro che mostravano di volere o sapere lavorare contro la libertà, istituzione popolare. Quando il Bentivoglio fu ben certo che all'interno ed all'esterno non gli sarebbero mancati i voluti appoggi decise di passare ai fatti ed il 27 febbraio 1401, armati tutti i suoi partigiani e comprati in gran parte i mercenari che erano al soldo della città, insieme al tìglio Bento s'impadronì del palazzo Pubblico e fece prigionieri Nanni e Bonifacio Gozzadini, che