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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte* Terza — Italia Centrale
   Antonio eli Bruscolo ed altri gentiluomini già avevano avuto incarico di reclutare: sugli Apennini quanti più montanari potessero e condurli segretamente in città. All'ora convenuta i congiurati in casa di Taddeo degli Azzoguidi, stabiliti gli ultimi accordi, andarono alle loro case a prendervi le armi, indi s'adunarono alla croce del Mercato, presso alle due torri. Quivi fu rinnovato il giuramento di sacrificare la vita per ridonare la libertà alla patria e tutti s'unirono a Roberto Saliceti, che frattanto senza rumore aveva disposte attorno al castello, occupando tutti gli aditi della piazza le genti venute dalFApenniiio ed altre raccolte in città e nel contado. Allora furono mandati al legato, ignaro di tutto, messaggi a chiedergli la consegna dello porte e delle fortezze della città, dichiarandogli che da quel momento in poi i Bolognesi non volevano altra tutela, bastando da loro medesimi a provvedere ad ogni eventualità. E poiché il legato, atterrito, sorpreso, tentava di temporeggiare, Taddeo degli Azzoguidi avanzò coi suoi pronto a dare l'assalto al palazzo. Tutte le uscite della piazza erano guardate, onde alla compagnia di mercenari inglesi, che il legato aveva al suo soldo, essendo impedito di montare a cavallo per difendersi, la prima porta della fortezza fu atterrata, intanto che Antonio di Bruscolo, alla testa dei montanari da lui condotti in città, dava l'assalto al palazzo Legatizio e lo abbandonava al saccheggio. Fu però pronto ad accorrere Taddeo degli Azzoguidi a frenare quello Scempio e ad impedire che al legato si recasse offesa nella persona e nella vita ed all'uopo, presolo sotto la sua salvaguardia, lo fece condurre nel convento di San Giacomo Maggiore. Al levarsi del sole del 20 marzo la rivoluzione era compiuta e pienamente riescita ed il gonfalone del popolo sventolava sulla piazza Maggiore: le Corporazioni delle arti furono tosto radunate per nominare i dodici anziani ed il gonfaloniere di giustizia, e subito dopo ti Consiglio generale promulgò il perdono completo per tutti i fuorusciti. Non appena i Fiorentini ebbero notizia di questi avvenimenti spedirono ai Bolognesi lo stendardo della Libertà con 2000 cavalli, 500 fanti e grossa somma di danaro; le fortezze di Bologna, che fi n'ali ora non avevano servito se non ai danni ed a minaccia del popolo, furono spianate e la nuova Repubblica aderì alla Lega formatasi contro la Chiesa.
   Un nuovo legato mandato dal papa, il cardinale Roberto di Ginevra, appoggiato dalla banda dell'Acuto, che alla notizia della ribellione di Bologna, aveva fatta una inopinata strage della popolazione di Cesena, per timore che questa città imitasse l'esempio della sorella maggiore, intimò a Bologna di ritornare all'antica obbedienza; ma questa si ricusò. Roberto da Ginevra, volendo provocare una battaglia definitiva, mandò a chiedere a Rodolfo da Varano, signore di Camerino, capitano generale della città, mandato dai Fiorentini perchè se ne restasse neghittoso, chiuso entro le mura della città senza accettare l'offertagli battaglia lo non esco — rispose Rodolfo — anco voi non entrate.
   Il legato tentò anche con raggiri, lusinghe, promesse, minacele (li discostare i Bolognesi dalla Lega e ritornare nella sudditanza della Chiesa. Ma i Bolognesi gli mandarono a dire: Noi siamo pronti a tutto soffrire, piuttosto che sottometterci nuovamente a persone del fasto, dell'insolenza e dell'avarizia delle quali abbiamo fatto così crudele esperimento ». Al cito di ricambio il cardinale rispose: « Io non mi allontanerò mai da Bologna finche non mi sia lavato e mani e piedi nel sangue dei suoi cittadini ». E per dar prova ch'era uomo di propositi, insieme alla compagnia inglese dell'Acuto, assaltò e saccheggiò i castelli di Crespellano e Montcveglio, presidiati dai Bolognesi; espugnò Pizzono; indi, ritornato a Cesena, che preparavasi alla difesa, con un sotterfugio, promettendo il condono generale e la punizione degli autori del precedente eccidio, per il quale la città era ancora in lutto, non appena vi fu entrato ordinò il saccheggio e condannò a morte l'intera cittadinanza, autorizzando le soldatesche ad ogni eccesso ed uccisione. All'Acuto, che esitante, schermivasì dal prestarsi a siffatta inutile carneficina, il cardinale di Ginevra, richiamandolo all'ubbidienza dei patti,