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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte* Terza — Italia Centrale
   Morto improvvisamente l'arcivescovo e signore di Milano, Giovanni Visconti, Bologna era toccata a Matteo, ch'era il maggiore dei tre nipoti, avente diritto alla successione. Questi riconfermò l'Oleggio nel governo della città. Ma costui, saputosi avversato da Galeazzo per ragioni di gelosia ed in procinto di essere richiamato dal governo*, pensò bene di condurre le cose in modo di impadronirsi definitivamente della città. Infatti, nell'aprile del 1355, un luogotenente di Matteo Visconti recavasi a Bologna a chiedere all'Oleggio la consegna della città e delle sue fortezze, ordinandogli in pari tempo di allontanarsene all'istante. L'Oleggio si mostrò disposto ad ubbidire e consegnò al suo successore le chiavi dei principali castelli, consigliandolo ad assicurarsene avanti che i Bolognesi ne avessero sentore. Accettando il consiglio questi uscì dalla città e 11011 sì tosto egli fu lontano l'Oleggio convocò in palazzo i rettori, gli ufficiali di giustizia, i più cospicui cittadini, narrando loro a modo suo il caso e spiegando loro come tutte le passate durezze inflitte ai cittadini si dovevano ad ordini perentori venuti da Milano ed essere égli deciso di sottrarre la città a quella cruda tirannia, che col nuovo governatore si sarebbe rinforzata.
   I cittadini rimasero esitanti temendo, dalla fede dubbia deirOleggio, un agguato e scusandosi colla mancanza delle armi di non poter resistere ad un'eventuale lotta. Giovanni d'Oleggio promise di distribuire immantinente le armi ed i suoi fautori rie-sciroiio a persuadere i riluttanti, onde l'Assemblea, stanca di discutere, proclamo Giovanni Visconti d'Oleggio signore perpetuo di Bologna. Ili quella notte stessa furono distribuite al popolo le armi. Speditamente l'Oleggio si assicurò l'aiuto dei Veneziani e del marchese d'Este, naturali nemici dei Visconti di Milano e spedì contrordini ai castellani del territorio perchè respingessero l'inviato di Matteo. In pochi giorni l'Oleggio, respinte le truppe mandate da Milano, si trovò incontrastato signore della città, mentre in Milano, avvelenato dai fratelli Bernabò e Galeazzo, moriva Matteo Visconti. Con molta audacia e pochi scrupoli l'Oleggio riesci a reggersi alquanto nella signoria di Bologna; ma le sue durezze e l'avidità colla quale imponeva tributi erano tut.t'altro che adatte a farlo amare dal popolo. Questo sapendo il cardinale Albornoz, legato pontificio, che colle armi ed abili trattazioni era riescilo a debellare vari signorotti di Romagna ed a ricondurre quella ili soggezione della Curia, pensò di fare altrettanto verso Bologna, suscitando da ogni parte nemici all'Oleggio e rendendogli impossibile il sostenersi più oltre, indurlo a patti ed a mercanteggiare la cessione. Così avvenne di fatto e, dopo lunghe trattative che Bernabò Visconti, succeduto nei diritti dell'avvelenato Matteo, aveva tentato di attraversare, fu conchiuso un accordo, mediante il (piale Bologna duveva ritornare alla Chiesa e l'Oleggio ili compenso avrebbe avuto iu perpetuo la città di Fermo ed il suo territorio col titolo di marchese.
   Allorché in Bologna fu bandito il trattato la gioia fu universale fra i cittadini che lusingavano di ricuperare almeno in parte l'antica loro libertà sotto il governo della Chiesa. Ma non desideravano soltanto di scuotere il giogo dell'Oleggio; essi anelavano anche di vendicarsi delle precedenti sue crudeltà, e siccome tutti i suoi soldati erano pass® al soldo del legato lo avevano costretto a rifugiarsi nella fortezza e tentavano di averlo nelle inani. Ma l'Oleggio, aiutato dall'Albornoz, potè di nottetempo fuggire, dopo avere per cinque anni signoreggiato Bologna con mostruosa crudeltà, dopo averne mandato al patibolo cinquanta dei più nobili e rispettati cittadini, senza dire di altri di minor conto, dopo aver spogliata la città di tutte le sue ricchezze. Egli riuscì così a permutare una signoria ch'era in procinto di perdere con una nuova, più modesta, è vero, ma più sicura quale era quella di Fermo, nella quale nulla aveva da temere. Colà, ridottosi con tutti i tesori accumulati in Bologna, lasciò al legato ed ai Bolognesi la cura di continuare e di trarsi dagli impicci d'una guerra da lui provocata. L'Oleggio morì in Fermo nel 1366 ed alla sua morte quella città ritornò sotto il dominio della Chiesa.