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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Bologna
   101
   benevolenza da Taddeo, fuggendo. Colla disfatta dei Gozzadini e colla cacciata dalla Signoria di tutti i magistrati che erano sospetti di appartenere alla fazione Maltra-versa, Bologna rimase in piena balìa (li Taddeo de' Pepoli e dei suoi partigiani. Costui, visto il momento favorevole, eccitò i soldati mercenari, per lo più Tedeschi, che aveva al suo servizio, ad adunarsi in piazza gridando: Vivu AJesser Taddeo de' Pepoli... Ciò avvenne il 28 agosto 1337; il popolo, accorso a quella novità, rispose col grido di Viva Bologna! Viva la Repubblica. Si venne alle mani; ma, senza capi e disorientato, il popolo fu sopraffatto e Taddeo Pepoli coi suoi partitanti, invaso e disarmato il Pretorio, fu gridato signore di Bologna. Il papa, da Avignone, s'oppose a questa novità che menomava i suoi diritti sulla città e lanciò l'interdetto. Ma poi si venne tra lui ed il Pepoli ad un componimento e, mediante un tributo annuo di 8000 lire bolognesi, la Corte d'Avignone riconobbe per legittima la signoria dei Pepoli su Bologna.
   Innumerevoli furono gli atti di tirannide compiuti dal Pepoli per consolidare la sua potenza in Bologna. Sopratutto amava inventare congiure ed attentati contro di lui per aver pretesto di bandire o d'imprigionare quanti, fra i nobili particolarmente, aveva in sospetto di nemici o di poco devoti fautori. Furono quelli anni tristissimi per la città, che rimpiangeva la perduta libertà e sospirava pel fior fiore dei suoi figli in esilio. I fuorusciti dal canto loro non restavano dal macchinare e dal tentare i mezzi per abbattere la tirannide e quando il celebre capitano di ventura tedesco, detto il duca Gnurnieri, colla sua accozzaglia di soldati, detta la Compagnia grande, invase la Romagna, furono a lui i Gozzadini, i Maltraversi, i Beccadelli e tutti i fuorusciti e vecchi amici della libertà per assoldarlo, nell'intento di cacciare i Pepoli da Bologna; ina lo scaltro avventuriero, mentre teneva a bada i fuorusciti, faceva proposte e minasele a Taddeo, il quale, per scongiurare quel pericolo, gli pagò 60.000 lire bolognesi purché se ne andasse e lo lasciasse; il che il Guaruieri fece, attraversando pacificamente il territorio di Bologna e riversandosi colla sua gentaglia sullo Stato di Modena.
   Ad onta di queste arti la signoria dei Pepoli in Bologna non ebbe lunga durata. Taddeo Pepoli, morto nel 1348, lasciò eredi della fortuna sua e dello Stato i figli Giovanni e Giacomo, che s'appoggiavano sempre al partito guelfo; ma furono dallo stesso loro partito giuocati. Clemente VI, dopo aver bandito il Giubileo per il 1350, commise al suo parente Ettore di Durfort di riconquistare e sottomettere alla Chiesa la Romagna, nella quale si erano formati varii piccoli signori, cioè i Manfredi a Faenza, gli Ordelafii a Forlì, i Malatesta a Smini, i Da Polenta a Ravenna e Cervia, miranti ad emanciparsi tutti dal giogo più o meno sentito della Chiesa. II Durfort, che oltre della Romagna propriamente detta, aveva in animo di assoggettare anche Bologna, attirò con blandizie i Pepoli nell'impresa, facendo loro sperare dal papa la riconferma degli antichi privilegi e l'investitura di nuovi. Giovanni Pepoli andò di fatto con numeroso seguito al campo del Durfort presso Faenza; ma ivi, colle più squisite cortesie, fu separato dai gentiluomini del suo seguito, mandati insieme agli ufficiali del Durfort a visitare il campo e a mense preventivamente imbandite, ed egli entrato nella tenda del conte fu da alcuni soldati, condotti dallo stesso maresciallo dell'esercito, assalito, atterrato, legato e rapidamente inviato ad Imola e chiuso ili quella rocca, prima ancora che i suoi seguaci, abbandonatisi ai piaceri del banchettare, se ne fossero accorti. Un paggio che, vistolo incatenato, voleva seguirlo venne dagli scherani del Durfort immediatamente ucciso.
   Mastino della Scala, che col Durfort aveva contratta segreta alleanza, non appena seppe del tiro fatto a Giovanni de' Pepoli, fece muovere le sue truppe verso Bologna. Dal canto suo il Durfort pensò ch'era tempo ornai di togliersi la maschera e marciare risolutamente da nemico sopra Bologna. Giacomo de' Pepoli, rimasto in città, sbigottito dall'imprevisto avvenimento, mandò a sollecitar soccorsi ove più ne sperava. Gli risposero favorevolmente i Malatesta di Riniini ed Ugolino Gonzaga di Mantova. Ma a lui