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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   J40
   l'arte Terza — Italia Centrale
   Consìglio generale; indi, il 19 gennaio 1250, venne pubblicamente discusso in Bologna dai varii Consigli, dagli Anziani del popolo, dai consoli, dai mercanti, da tutti i Collegi ed avendo ottenuta la universale approvazione, le due città giurarono la pace alle seguenti condizioni: il Comune di Modena si obbligava a conservarsi amico ed alleato di quello di Bologna e dargli aiuto contro i suoi nemici, nessuno eccettuato, come pure a soccorrere il legato apostolico; prometteva inoltre di non fare nuove alleanze senza il consentimento del legato e della Repubblica di Bologna; di più richiamava tutti i fuorusciti della fazione degli Argoni (i Guelfi) e li rimetteva in possesso dei loro beni. I due partiti, quelli cioè dei Grosalfi o Ghibellini e degli Argoni o Guelii, furono autorizzati a nominare ciascuno un podestà proprio, a patto però clie i Guelfi scegliessero un bolognese. Dall'altra parte il Comune di Bologna rendeva a Modena tutte le terre conquistati durante la guerra e si faceva mallevadore della pace frale due fazioni; infine i prigionieri d'ambe le parti furono ritornati liberi senza pagamento di taglia. Nel frattempo il legato pontifìcio Ottaviano Ubaldini riconciliò Modena colla Chiesa, togliendo l'interdetto nel quale la città era incorsa e permettendo la celebrazione degli uffici divini.
   Questa ò la guerra intorno alla quale si creò la leggènda della Secchia, rapita dai Modenesi ai Bolognesi e dalla parte loro dai Bolognesi tolta ai Milanesi, sulla quale Alessandro Tassoni scrisse il suo celebre poema. Nella torre della Ghirlandimi in Modena si mostra ancora una vetustissima secchia, il preteso trofeo d'una incursione di Modenesi fatta lino alle porti di Bologna; ina per quanto la leggenda sia persistente e viva nel popolo modenese e quel cimelio venga con grande cura custodito dal Comune, storicamente in ciò nulla havvi di accertato. Gli Annales veteres muti-nenses non fanno parola della secchia famosa; durante tutto lo spazio trascorso dalla guerra del 122G fino alla cattività di Enzo — l'eroe del Tassoni — alla battaglia della Fossalta. Non ne parlano nè il Ghirardacci, nò il Sigonio, ed il trattato di pace che pose fine a quella guerra ed è riferito per disteso da questo accurato storico bolognese, non ne fa menzione veruna. Così il Muratori negli Annali d'Italia. Può darsi che nelle tante scorrerie che le truppe delle due città nemiche facevano nei territori l'una dell'altra, quella « miserabile e vii secchia di legno » sia 1111 trofeo di vittoria rimasto nelle mani dei Modenesi, al quale fu data un'importanza storica assai relativa e minima dagli scrittori contemporanei, ma che solo fu gonfiata dalla fantasia popolare. Se Tassoni, con umorismo fine e geniale prendendo a soggetto la secchia, non avesse fatta nel celebre poema suo, la satira, la caricatura delle guerre comunali, dando alla secchia celebrità insperata, nessuno oggi ne parlerebbe più, nè il Comune di Modena penserebbe a custodirla gelosamente sotto chiavistello, nel pie di torre della Gliirlandina.
   Questa metà del secolo XIII è il momento più fortunato per il Comune di Bologna, esercitante vera azione politica nelle faccende italiane e sopratutto nella regione emiliana, da Piacenza fino a Ravenna. L'importanza che in quel secolo aveva acquistato lo Studio bolognese, allora riputato per il primo d'Europa, contribuiva — per continui privilegi e per l'affluenza di ospiti illustri da ogni parte — a dare a Bologna quel prestigio morale che tanto le giovò nello stabilire la sua egemonia sulla intera regione e la sua autorità fuori di questa. Una prova di ciò l'abbiamo nel fatto di Branca-leone degli Andalò, patrizio bolognese e conte ili Casalecchio. nominato senatore del popolo romano. Questi che conosceva la instabilità di quel popolo ed i pericoli che correva la sua vita fra le turbolenze della città e le insidie della Curia, non accettò la carica se non a patto di averla per tre anni e che trenta giovani delle famiglie romane più distinte fossero tutti quel tempo tenut i a Bologna in ostaggio per la sua persona. 1 Romani accettarono ed egli, sul principio del 1255, entrò in Roma, assumendo la carica. Non tardarono i contrasti ed avendo egli severamente punito uno dei nobili, colpevole di attentati alla pubblica tranquillita, s'ebbe il favore del popolo, ina insieme