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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parie Terza — ilalia Centrale
   nel 1283 e nel 1280 intorno ai religiosi o canonici che abitavano quel ritiro e ne officiavano la già antica chiesa. Nella famosa pestilenza del 1348, della quale Boccaccio ci ha lasciato per Firenze, nell'esordio del suo Decamerone, sì mirabile descrizione, i religiosi o canonici di San Michele in Bosco perirono quasi tutti. I pochi superstiti, temendo anche per le guerre di recente scoppiate e per il malandrinaggio, che in seguito a quella calamità, infestava non frenato i dintorni di Bologna, scesero alla città. Il podestà allora fece costrurrc un fortilizio sul luogo del cenobio. Qualche anno appresso, migliorate le cose, il fortilizio è abbandonato ed il cardinale Endimione della Bocca, a nome del papa, concede il dominio di San Michele in Bosco alla Corporazione dei Frati Olivetani, allora da poco stabilitisi in Bologna.
   Gli Olivetani, padroni del luogo, si diedero a sistemarlo con grandiosi intendimenti.
   Papa Eugenio IV, nel 1437, pose la prima pietra dell'attuale chiesa e, nel 1454, per deliberazione del Senato ed a spese pubbliche, fu eretto a nuovo il convento nelle attuali grandiose e magnifiche.proporzioni. I)a allora gli Olivetani abitarono il bellissimo edilìzio e solo nel 1797 dovettero abbandonarlo, essendo il loro Ordine, al pari di tanti altri, stato per legge della Repubblica Cisalpina soppresso.
   Più tardi, ad utilizzare l'edifizio, vi fu stabilita una casa di pena e non è a dirsi il danno che dal 1804 al 1824, per la permanenza dei reclusi, tutto l'artistico edilizio ebbe a soffrire. Solo nel 1843 un intelligente prelato, il cardinale Spinola, legato pontificio in Bologna, trasformava San Michele in Roseo e dipendenze ili una snn-tuosa villa che fu AcXln Legatizia, perchè d'estate vi si ritiravano i legati governatori della città.
   Dopo il 1859, durante la sua visita in Bologna e nella Romagna, avendovi soggiornato alcun tempo il re Vittorio Emanuele, San Michele in Bosco prese il titolo di Villa Reale. Alienata dalla Corona e diventata proprietà della provincia, la Villa Beale di San Michele in Bosco — nella quale, per ben due mesi del 1857, aveva dimorato il pontefice l'io IX — fu, col lascito Rizzoli, trasformata in Istituto Ortopedico, non senza essere stata — almeno in parte — utilizzata nell'Esposizione Emiliana del 1888 come sede dell'Esposizione Nazionale di Belle Arti, a quella mostra aggregata.
   San Michele in Bosco consta di tre edifizi ben distinti, aventi ognuno caratteri e pregi artistici speciali: la chiesa, il convento e la villa, propriamente ciotta.
   La chiesa attuale è sorta, come fu detto, nella prima metà del secolo XV e di quel periodo di transizione tra l'arte neogotica, clic aveva dominato nella seconda metà del secoloXIII e por tutto d XIV in Italia, conserva l'impronta caratteri-
   stica. Nella facciata, nella quale lavorarono i maestri architetti Cristoforo de Zani, Giovanni Negro e Gaspare Nudi, si ammira un bellissimo fregio in marmo ornante la porta maggiore, è opera ili Giacomo Ferrarese e di Bernardino da Milano, sui disegni di Baldassarre da Siena, al quale da taluni è attribuito f interò disegno della facciata. Di Andrea Formigini, ornatista celebre che tanti lavori ha lasciati in Bologna, è la decorazione, in pietra della porta sotto l'attiguo portico; è dagli storici accertato clic il Formigini lavorava in San Michele in Bosco intorno al 1525. Altre parli notevoli di quest'edilìzio, per la buona condotta architettonica, sono la fiancata esterna, l'abside, antico, conservatissimo ; il campanile. Questo venne eretto nel 1510 su disegno ili frate Baffacllo da Brescia; ma perchè, in causa dì guasti minacciava, fu abbassati) di qualche metro nel 1804; però nel 1888, l 'anno famoso del Centenario dello Studio e del rinnovamento bolognese, sulla torre scapitozzata fu rifatta la guglia.
   Nell'interno, la chiesa di San Michele in Bosco ha pregevoli opere di scoltura e di pittura del buon secolo. Rammentiamo brevemente: il mausoleo in marmo di Armaisatto do Bamazzatti, ritenuto per la prima opera che il Lombardi Ferrarese abbia eseguita in Bologna; le due pile dell'acqua santa in marino, lavorate nel 1525 da Bernardino, milanese; due confessionali del 1004, adorni di belle tarsie del 500, attribuiti a frate-Raffaello da Brescia, autore degli intarsi degli stalli del coro, che poi furono trasferiti in San Petronio, ove ora si trovano. Sugli altari vi sono quadri di Jacopo Antonio Calvi, del Tiariui e di altri secentisti 1 dipinti murali che ornano questa chiesa, ottimi tutti, sono del Bagnacavallo, del Canuti, del Sante (il Mengazzino), del Ci-gnani e dell'Hafner, che lavorò specialmente alla decorazione dell'abside. Degno di nota è un Crocefisso antichissimo in tutto rilievo, entro una bellissima cornice del Formigini, dei quale sono pure gli ornati dell'organo e della cantoria, in legno doralo.
   Dalla chiesa, per una porticina, dagli stipiti con ornati in bassorilievo della maniera formigi-nesca, si passa alla sagrestia, nella (piale solivi affreschi del Bagnacavallo (una Trasfigurazione pedissequa imitazione del capolavoro raifaellesco) ed altri di Biagio Papini, di Girolamo da Tre-viglio e di Girolamo da Colignola, nonché un Martirio dì San Pietro, erroneamente attribuito a Domenico Tibaldi ed a Prospero Fontana.
   Nel coro notturno o sagrestia nuova si mostrano ancora buone pitture d'Innocenzo d'Imola, tra cui la Morte delta Vergine ed un'eccellente lìisurreziónèfittili porta, dello stesso Benvenuto, ma nello stile garol'olesco. La piccola tribuna in arenaria ha ornati eccellenti nello stile del For-uiigini. Un'improvvida imbiancatura copri altre pitture del 500 ornanti la chiesa di San Michele