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l'arto fferza — Italia Centrale
e Vergalo. Questo porticato dalla porla della città sale lino al santuario e consta di 635 archi per una lunghezza di circa 3 chilometri. Questo porticato, che è il più lungo di quanti si conoscano, fu costrutto tra il 167 t ed il 1739 coll'ingeiite spesa di 170.300 scudi romani, alla quale concorsero tuttele classi della cittadinanza bolognese, privali, confraternite, congregazioni, enti morali, corporazioni d'arti e mestieri, collegi di notali, di professori e dottori, nobiltà, domestici e persino mendicanti II primo arco di fronte alla porta Saragozza ha proporzioni monumentali in bel barocco e fu disegnata da G. C. Monti nel 1675. Di questo porticato 306 arcale corrono in piano seguendo la strada provinciale ; all'arco 170, in una nicchia, sta il colossale gruppo della Madonna col bumb'uio, modellalo nel secolo XVII dal Ferreri, con tuita la sovrabbondanza di linee che fu propria di tutti gli esageratori barocchi: tanto è che il popolino, sempre pronto e felice negli epiteti, battezzò e mise in proverbio questo gruppo coll'appellalivo di « Madonna grassa ». All'arcata 307 il porticato fa angolo, e col monumentale arco del Meloncello, sovrapassando la via provinciale, comincia ad attaccare la salita del inolile. L'arco del Meloncello (fig. 63), cosidetto da un torrentello vicino, fu eretto su disegno di F. Bibbiena; ma venne più tardi riformato dal lloiti, nienlre attendeva alla costruzione del nuovo santuario. I 329 archi della salita sono divisi in quindici rampe con tratti a scalinata e ripiani equidistanti, ad ognuno dei quali si trova una cappella con pitture assai deteriorate del secolo scorso rappresentanti i Misteri del Rosario. La salita ai santuario per questo porticato è abbastanza agevole, e di buon passo da porta Saragozza si può compierla in meno di % d'ora. Ed è, a parte anche l'interesse speciale o religioso che può destare il santuario, passeggiata piacevolissima a compiersi per i bellissimi panorami che olfre, ora sulla sottostante ciltà, ora sulla pianura, ora sulla linea delle colline sulla quale muore il versante settentrionale dell'Apennino.
Il monte della Guardia — cosi detto ab-antico perchè vi fu sempre tenuto un corpo di milizie a guardia e difesa della città, ed ancora oggi fa parte delle opere avanzate delle fortificazioni di Bologna, con terrapieni, artiglierie, casematte e polveriere — è uno spiano quasi isolato, verso la pianura che permette perciò di abbracciare un vasto raggio di orizzonte da qualunque parte si guardi. Salendo, mediante la scala esterna al terrazzino della cupola del santuario, si ha a tempo sereno e limpido uno dei più interessanti panorami della regione emiliana. Ad oriente l'occhio abbraccia per una vasta distesa piani e colline fino alle ondulazioni dell'Imolese e del Ravennate e fino ai contrafforti che dividono le valli del Sillaro, del Sa ri terno, del Senio, colle vette di monte Catone, monte Taverna, munte
Battaglia, Sacro, Crociato, Cimone della Bastia, Carzolano ed altri, clic s'accostano ai 1200 metri sul livello del mare. Più oltre le creste che s'incontrano a sud-sud-est colla massa calcarea biancastra del Callida (lièi in.), le punte del monte Uggioli (1290 ni.), il monte Beni (1257 in.), il monto Guerrino (1115 in.), ed accostandosi sempre più a Bologna il gruppo dei monti di Lojano, il monte Zena o delle Formiche ed altri frammenti staccati dalle antiche erosioni delle acque.
A sud, l'occhio, dai colli di Padcrno e di San Michele in Bosco, quasi alle porte della città, sale per un succedersi gradevole di contrafforti e calcile secondarie sino al passo di Castro (871 in.) ed al passo della Futa (103 in.), spartiacque tra la Toscana e l'Emilia. — A sud-sud-ovest è un'altra sfilata di punte iniersecantisi per la valle tlel Reno, che dalla rupe ili Sasso va ai monti di Caprara e di Salvaro : il Catarello dalla forma acuminata a pan di zucchero, a monte di Lagaro, allo Sparvo, il monte Gatta (1159 in.) lino al gruppo alpestre di Stagno (1283 in.). — A sud-ovest, i monti che stanno tra Vergato e Porretta sulla sinistra del Reno, dal Granagliene (I383 m.) al Toccacielo (1797 ni.), al Corno alle Scalo (1945 in.), al Cimone (2163 in.) che è la maggior vetta dell'Apennino emiliano.
Guardando invece alla pianura, da ovest a nord, col sussidio di buoni cannocchiali si vede la torre della Ghirlandimi di Modena, la bassura del Mantovano Clio alle colline moreniche del Garda; le prealpi veronesi ed i colli Borici; la linea dei colli Euganei tra Padova e Rovigo; le città, le borgate della bassa Padana, Cento, Ostiglia, Sermide, Ferrara, le lagune di Cornacchie che si perdono nell'indefinita marina dell'Adriatico.
Nei locali del soppresso convento delle monache di San Luca venne insediato il grande « Osservatorio meteorologico Malvasia >> fondato per munifico lascito del conte Antonio Malvasia, colla condizione espressa clic vi si collocassero anche istrumenti di sismologia sperimentale e che venissero fatte regolari e giornaliere, osservazioni.
L'osservatorio è insediato in sei locali non troppo vasti, ma assai bene adattati. Consta dì un gabinetto magnetico per lo studio delle correnti magnetiche della terra col declinometro del Cecchi ed altri strumenti di precisione, c di due gabinetti sismici. Nel primo i movimenti del suolo sono denunciati da tre avvisatori ideali l'uno dal Malvasia stesso e gli altri dal padre Timoteo Bertelli; ii microsismografo De Rossi ed il cronosismografo Campagnoli, con un orologio a pendolo ed a minuti secondi muniti di apparato elettrico comunicante cogli avvisatori, per arrestarlo nel momento di un terremoto. Nel secondo gabinetto sismico si trovano il completo sismo-