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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   J40
   l'arte Terza — Italia Centrale
   più perfetti ed inspirati del grandissimo artista, opera d'arte di valore inestimabile, ij santa è raffigurata in atto d'estasi per le voci degli angeli intonanti un canto celeste, essa alza lo sguardo luminoso al cielo, nell'abbandono delle braccia lasciando scendere l'organo, del quale si vanno spostando le canne. Ai suoi piedi sonvi varii strumenti musicali infranti, che furono dipinti da Giovanni da Udine. Ai lati sonvi i Santi Paola, Giovanni Evangelista, Agostino e la Maddalena. Nella spogliazione del 1797 il quadro fu mandato a Parigi, d'onde ne ritornò colla Restaurazione alquanto danneggiato. Ma serba sempre la sua potenza suggestiva che trattiene, affascina l'osservatore e che lo rende indimenticabile. Questo quadro fu compiuto da Raffaello tra il 1514 ed il 1517 e gli fu ordinato da una gentildonna diBologna,EleriaDnglioliDall'Oglio, che per le rare sue virtù e la pietà insigne da cui fu animata verso i sofferenti, venne poi beatificata.
   Volfango Goethe, appena arrivato a Bologna, ancora colle ossa rotte pel viaggio in diligenza, scrive nelle sue Memorie: « Prima di tutto la Santa Cecilia di Raffaello » e la sua prima mossa nella detta città è al Museo, ove allora si conservava questo capolavoro dell'Urbinate.De Stendhal, nel suo Diario di viaggio in Italia, scrive: « A Bologna mi trovo sempre col custode del Museo Civico e quando ho mezz'ora disponibile vado al Museo, non fosse altro che per contemplare un solo quadro: la Santa Cecilia di Raffaello ». Luigia Colet dice, che tutte le altre opere della Pinacoteca di Bologna si eclissano di fronte al capolavoro raffaellesco: « di quella Santa Cecilia — son sue parole — di cui tutte le figure sono pure come l'arte greca, vive come la stessa natura, armoniose come la musica che freme sulle labbra degli angeli e che la santa ascolta in estasi ». Henry 'faine, uno dei colossi della critica artistica moderna, analizzando finamente questo quadro, cosi ne scrive : <.< Si fa per la prima volta il giro del .Museo di Bologna e subito ci si sente chiamati, richiamati, trattenuti dinanzi al quadro principale, la Santa Cecilia di Raffaello. Essa è nel mezzo circondata da quattro figure e sopra di essa, nel cielo, gli angioli cantano tenendo spiegato un libro; nulla di più. Si vede che il pittore non cerca le attitudini variate, nò gli interessi drammatici. Nessuna ricercatezza, nessun effetto nel colorito, un'intonazione rossastra d'una forza e d'una semplicità ammirabili, ravvolge tutta la pittura. Tutto il merito è nella specie e nella qualità dei personaggi : colori, panni, gesti, accessori sono là come un accompagnamento grave e sobrio, che non fa che accrescere la solidità del corpo e la nobiltà del tipo. Come definire questo tipo? La santa non 6 né angelica nè estatica ; è una forte e sana giovinetta, dalle membra complesse, dal sangue co-
   pioso e caldo, dorata dal sole italiano, d'un franco e simpatico colore. Alla sua sinistra è un'altra fanciulla, meno robusta e più giovane, ha l'aspetto di maggiore innocenza; ma la sua purezza non è ancora che calma. A mio avviso, per quanto pudiche e caste esse siano, lo sono meno pel temperamento che per la giovano età ; la loro testa placida non ha ancora pensato, la loro posa ò quella dell'ignoranza. E siccome con Raffaello è d'uopo per trovare delle simili!udini salire lino alle sommità dell'ideale, direi che ai miei occhi due tipi soltanto sorpassano i suoi, quello delle iddie greche e quello delle giovanotte nordiche. Colla stessa perfezione di struttura e colla stessa serenità d'animo esse hanno qualche cosa di più: le prime la sovrana fierezza delle razze aristocratiche, le altre la sovrana purezza dei temperamenti spiritualisti.
   « Si scorge benissimo il momento artistico che questo gruppo rappresenta. Queste insigni figure non sono affatto legate fra di loro, nè trascinate in un'azione comune; ognuna esiste per sè stessa; la disposizione è la più semplice possibile, quasi primitiva; è un vere quadro da chiesa, non una decorazione di salone; fu ordinato da una pia donna e alla devozione risponde ancora piti che al piacere. Ma quei personaggi non sono rigidi, la loro immobilità non sopprime la vita. Sono robusti, muscolosi e drappeggiati, belli, liberi, felici come signore antiche, fi pittore ha la fortuna unica di trovarsi fra il Cristianesimo che si spegne e il paganesimo che sta per trionfare: fra ii Perugino e Giulio Romano. In tutti gli sviluppi liavvi un momento perfetto ed tino solo; Raffaello di uno si è impadronito, come Fidia, come Platone, conte Sofocle ».
   Altri quadri pregevoli posseduii dalla Pinacoteca della R. Accademia di Belle Arti in Bologna sono: una Madonna del Perugino; una notevolissima Madonna di Francesco Mazzola detto il Par-migianino, un'ancona di Giotto, un San Gregorio del Vasari, un'altra ancona d'altare di Antonio Vi va noi e di Bartolomeo da Murano; poi quadri di scuola veneta, lombarda, francese, fiamminga, olandese, spaglinola, ecc. Fra le opere di scuola recente o moderna se ne contano della Le Bruii Vigée, di Giulio Piatti, di Antonio Bosaspina, di I Cesare Masirii, di Valentino Salmi, di Alessandro Guardassoni, d'Achille Guerra, di Luigi Busi, di Alessandro Focosi, ecc., appartenenti al genere storico romantico, ed una discreta collezione dei più moderni paesisti e pittori di genere.
   La Pinacoteca bolognese possiede inoltre una ricchissima raccolta d'incisioni sommanti a più migliaia d'esemplari — che in parte le furono I cedute dalla Biblioteca dell'Università — por-, tanti le firme di Marc'Antonio Baimondi, Giulio ; Bonasone, dei Tibaldi, dei Passerotti, di Sabba-tini, dei Cancri, di Gatti, Valesio. Guido Reni, I Cantorini, Albani, Domenichino, Alberto Duier,