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Parie Terza — Italia Centrale
a Giotto od a quelli ricordati, che a lui evidentemente s'inspirarono, sono i peggiori campioni dell'arie locale. 1 lavori clic si conservano nella Pinacoteca ed in varie chiese e raccolte private ne fanno fede. « Mentre — scrive il Ricci, già più volte citato — l'arte in molte parti d'Italia si avanzava a passi giganteschi, a Bologna procedeva con una lentezza sconsolante. Ovunque oramai si copiava e si sentiva e si riproduceva il vero con facilità; a Bologna invece lo studio dal vero era pei pochi pittori uno sforzo superiore alle loro forze... 11 solo che si elevi un poco e Marco Zoppo (1430-90); ma la sua fama è di gran lunga superiore al merito e a torto s'è ritenuto e si ritiene maestro del Francia... Ad ogni modo fi certo ch'egli non viene dalla scuola bolognese ma da quella delloSquarciana e clic perciò, se pure il disegno non è gran fatto eccellente, il colorito è abbastanza luminoso... ».
Secondo l'opinione più corrente, Marco Zoppo sarebbe l'anello di transizione tra la pretesa scuola di Lippo di Dalmasio e quella del Francia, poiché è tradizione che lo Zoppo sia stato il maestro del Francia, « ciò che molto lisciava la vanità degli storici municipali » dice il Ricci, che poi prosegue : « La critica disinteressata attende però a demolire il mal fondato edilìzio, destinato a cadere inevitabilmente. Quando Giovanni II Rentivoglio fu assillilo al governo di Bologna, emulo delle altre Corti, volle ostentare uguale magnificenza e splendore. Concorsero allora architetti, pittori e scultori di ogni parte, onde si videro i mirabili edilizi di l'agno fiorentino, di Giovanni Paci da Ilipatransone e le sculture di Nicolò da Puglia.
« Fra i pittori vennero tosto a Bologna Zanobi di Migliore, fiorentino, il figlio e i! nipote del quale, Bartolomeo e Zanobi juniore, operarono poi più tardi nella stessa città. Da Ferrara (dove nel secolo XV s'era venuta formando una scuola insigne, assurta dalla forma del Pisanello e di Pier del Franceschi o della Francesca, alle più indipendenti manifestazioni e ad una propria e robusta impronta settentrionale) giunse nel 1470 (poco dopo Galasso) Francesco Cossa, già noto per mirabili freschi operati nel palazzo di Sclii-fanoia. Egli non lavorò molto in Bologna, ma abbastanza per rivelarsi poderoso, come nella tempera che ancor oggi la Pinacoteca conserva, rappresentante la Verdine col Palio fra i Sanli PelmnÌQ, Giovanni llvangelisla e l'Apìiarenle (14-74). I volti sono un po' volgari, la pittura è un po' rozza, ma nel suo verismo il lavoro è meraviglioso. Francesco Cossa è ritenuto quindi da qualche recente scrittore il vero fondatore di questa scuola bolognese. A noi invece pare clic l'arte sua sia rimasta sola e non abbia avuto molli imitatori in Bologna. Palese é all'incontro la derivazione di Lorenzo Costa da Ercole Roberti. Questi dovette abitare Bologna dal 1480
al 14-86 e vi lasciò affreschi, ora distrutti, mirabilmente descritti dal Vasari e la predella di San Giovanni in Monte, oggi in parte a Dresda. Il Costa venne da Ferrara a Bologna nel 1483 e vi rimase lunghissimo tempo. Gli scrittori bolognesi ne fanno un allievo del Francia, ma a torto perchè il Francia si mise alla pittura, forse alcun poco più tardi, otutt'alpiù contemporaneamente. Prima attendeva all'oreficeria ed è ben notevole in proposito che nella Società della Arti il Francia non appare inscritto come pittore prima dell'anno 1503... ».
Di Francesco Raibolini, detto il Francia, si hanno nella Pinacoteca bolognese moltissimi e pregevoli quadri, che pur non essendo fra le sue opere più celebrate ed avendo in parte subito danni dai ristauri « sono più che sufficienti a dimostrare il valore di quell'artista veramente insigne, il quale seppe disegnare e colorire come pochi al suo tempo. Dal 1490 al 1517, anno della sua morte, egli lavorò indefessamente e, come Raffaello, in così breve tempo operò per quattro. Alcune sue opere notevolissime sono da gran tempo perdute, come gli affreschi del palazzo Bentivoglio; altre sono andate disperse; altre sono disseminate per varii luoghi, come Forlì, Cesena, Ferrara, Parma, Roma, Milano, Torino, Brescia, Lucca, Pietroburgo, Madrid, Parigi, Dresda, Monaco, Berlino, ecc. Oltre a ciò ebbe agio di dipingere vetri, coniare monete e a fare molti lavori di oreficeria, fra i quali vanno meritamente celebrate le due waestadi (dette erroneamente paci) d'argento niellato, conservate nella Pinacoteca ».
11 Francia, che fu anche architetto, dimostra possedere al sommo grado, oltre la genialità del sentimento, quella meravigliosa versatilità artistica clic fu caratteristica dei maggiori artisti di quel fortunato periodo dell'arte nostra. Egli fu un vero fondatore di scuola pittorica; fra la numerosa pleiade di discepoli attribuitigli — tra cui alcuni, come il Chiodacelo, l'Amico Asper-tini, appresero indubbiamente la Lorenzo Costa — sono accertali per suoi allievi, seguaci, imitatori il figlio Giacomo, il cugino Giulio, il nipote Giambattista, il Ikiller! — specialista, di-renio così, in Madonne, clic molte volte furono attribuite al Francia — il Tainaroni, il Viti detto anche 'fiiftfijeo,Biagio Pupilli, detto dalle Lame, Girolamo Marchesi, dello il Cotinnola, Innocenzo Francticci da Imola, Bartolomeo Ramenghi, detto il Iìatinacavallo, un Nicola Pisano e molti altri.
11 Malvasia, nella sua Felsina Pittrice, afferma d'averpotuto esaminare la vacchetta, o repertorio, sulla quale il Francia notava le sue memorie ed ì nomi ed ì lavori dei suoi discepoli ; dai suoi registri risulterebbero essere non meno di 200 gli artisti che appresero l'arte dal Francia. Sgrazia-tamenle quei documenti importantissimi per 1 arte e por l'autenticazione di tante opere della