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l'arte Terza - Italia Centrale
1232 più grave ancora fu l'esulare dallo Studio (li Bologna a Padova, ove, allettati dulie premure (li quell'avveduto Comune, gettarono le basi dello Studio patavino, che fece seria concorrenza allo Studio bolognese e talvolta, durante il dominio di Venezia su quella città, ne minacciò il primato. Più tardi ancora, accesasi accanita la lotta tra le città guelfe dell'Alta Italia, fra le quali Bologna primeggiava, e l'imperatore Federico li, questi, volendo punire i Bolognesi d'avere, contro il suo divieto ed in ispregio a lui, anzi, espugnata Imola, ordinò la chiusura dello Studio di Bologna ed il trasferimento dei professori e degli scolari allo Studio di Napoli, da lui poco prima fondato e come cosa sua naturalmente prediletto. Ciò non servì che ad incuorare maggiormente i Bolognesi nella loro resistenza contro l'imperatore, resistenza che li portò alla vittoria della Fossetta ed a condurre fra le loro mura prigioniero Enzo re di Sardegna, il figlio prediletto dell'imperatore, alle richieste minacciose del padre, fieramente diniegato dalla città per bocca di Rolandino de' Passeggieri. egli pure dottore dello Studio bolognese, nel tempo stesso che magistrato accortissimo, soldato, ambasciatore e fondatore della Compagnia (lei Notari. Queste vicende, fra le quali 11011 mancarono neppure gli interdetti papali, 11011 impedirono peraltro alio Studio di Bologna di prosperare in modo prodigioso, sia per la celebrità ed il sapere dei professori che vi leggevano, sia per l'affluirvi di studiosi da ogni parte d'Europa, molti dei quali erano uomini per nascita e dignità oltremodo ragguardevoli; talché Odofredo afferma essersi contati in Bologna, al tempo d'Azo od Azzone, per un maestro, al principio del secolo XIII, più di diecimila studenti.
« 11 più curioso — dice il già citato scrittore bolognese — è che cotesto istituto mondiale conservava carattere privato. 1 dottori non avevano stipendio dall'erario pubblico, bensì una mercede patteggiata cogli scolari. Sembra però che talvolta i conti non tornassero. Odofredo, bizzarro ed arguto, diè line ad uno dei suoi corsi annuali ammonendo che l'anno seguente avrebbe fatto le lezioni ordinarie non le straordinarie, per le quali una mercede straordinaria gli era dovuta.Extraordinaria non credo leyere, egli dice, quia seolares non sìtnt Ioni pagutores, quia vohtnf scire et nohint solvere
E pròpri! nell'anno 12(35 in cui moriva il buon Odofredo — il ristaurato sepolcro del quale abbiamo già descritto toccando della chiesa di San Francesco — nasceva a Firenze tale che fu il più grande degli studenti (li cui lo Studio bolognese possa menar vanto. Abbiamo nominato Dante Alighieri. Secondo le ricerche fatte dal Carducci, dal Pucci e da altri, Dante sarebbe stato allo Studio di Bologna intorno al 1285, ossia circa all'età di 20 anni. In un memoriale bolognese del 1287 si trova un sonetto da quél codice, anzi da più codici, attribuito a Dante. 11 sonetto è relativo alla Garisenda — che più tardi doveva dare impronta ad una forte similitudine dell'Inferno. < Occasione del sonetto — scrive il Carducci che lo pubblicò pel primo — fu la Garisenda, ma l'argomento non esce, a parer mio, dalla materia d'amore. 11 poeta riprende e minaccia gli occhi suoi, perchè riguardando la Garisenda non conobbero, non videro una donna nominata per bellezza che passava ivi appresso ». Più forte testimonianza per bocca dello stesso Dante, della sua permanenza in Bologna ad oggetto di studio, è nella terzina del canto xvm dell'Inferno, ove fa dire al frate Catalano:
.....Io mli' già (lire a Bologna
Del Diavol dire aslai.....ecc.
Ora, essendo noto che Dante faceva parlare tutti i personaggi del suo poema secondo il concetto ed il sapere proprio, appare chiaro in queste parole un richiamo a qualche tesi scolastica o teologica udita allo Studio di Bologna intorno al diavolo ed ai mezzi suoi,
.....tra i quali udi'
Ch'egli è bugiardo e padre di menzogna.