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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   (JO
   l'arte Terza - Italia Centrale
   all'erezione di quest'edificio — mentre vi si parla di tante altre opere di minore importanza — elle da solo basterebbe a consacrare la fama d'un artista. Queste fatto va collegato all'altro dell'esistenza di una cronaca lasciata dal pittore ed architetto Gian Francesco Negri, morto circa nella metà del secolo XVII, affermante che il disegno di questo palazzo fu dato da Francesco Hai boli UT detto il Franéa, bolognese, artista valente ed operosissimo ed esperto anche in tal genere di lavori, siccome afferma Jacopo Alessandro Calvi nella sua Memoria sulla vita e leope.re del Francia. Anche il Marini ed altri storici non solo considerano il Francia come pitiore, ina benanco come orafo, incisore ed architetto.
   Nulla di inverosimile che questo bel palazzo, afieggiante a quanto sembra quello allora esistente dei Bentivoglio, possa essere di disegno del Francia dato il fare grandioso che si riscontra in tutte le cose di questo artista, e dato anche il fatto che Gaspare Nadi, al quale fu attribuito, minuzioso cioncatore dei fatti proprii, di questa opera che sarebbe stata fra le primarie, non fa cenno di sorta. 11 palazzo appartenne alla Società dei Drappieri o Stracciamoli fino al 1797, anno nel quale quella Corporazione, insieme a tante cose che sapevano ornai di rancido, fu soppressa. Passato in proprietà privata (Malaguti), d'assai deteriorato ch'era, fu dal nuovo proprietario, con non lieve dispendio, nel 1827 ridonato sulla fronte e sui lati alla primitiva artistica architettura; nella quale si ha un saggio della evoluzione artistica del secolo XV, dal gotico al Iìinasciinento.
   Palazzo UftiilnoSio Antico. — Di un monumento ilei quale son piene le memorie bolognesi della seconda metà del secolo XV e del principio del XVI non possiamo tacere qui — sebbene sia scomparso sotto la furia popolare in un giorno di rivoluzione — e sul luogo ove sorgeva sorga ora un altro monumento di carattere affatto diverso, ina non meno celebre nei fasti dell'arte: il teatro Comunale. Intendiamo parlare del distrutto palazzo dei Bentivoglio, che fu nei suoi tempi celebrato come una delle meraviglie della architettura italiana e come una prova del grande splendore delle Corti italiane nel secolo XV.
   Scrive l'Allucini che Sante Bentivoglio, diventato signore di Bologna, comperò nella via dei Castagnoli sedici case ch'erano presso la sua e atterrò questa e quelle per far piazza ad un palazzo che fosse degno della sua fortuna ed ambizione. Chiamò da Firenze il Pago, architetto eccellente, ed il 24 aprile 1460 pose la prima pietra dell'edilizio. Morto nel 1463 al 1° d'ottobre, dopo breve sosta, l'opera fu ripresa con maggior vigoria da Giovarmi 11 Bentivoglio, suo figlio e successore, e con grande magnificenza rapidamente condotta al termine Secondo le memorie lasciateci da varii scrittori il palazzo Bentivoglio Antico aveva una fronte di 95 piedi bolognesi, pas-
   sante sulla via San Donato (ora via Zamboni). Sembra fosse a due piani. Un porticato ionico di 19 colonne sopra un alto basamento formava il primo e sulla cornice di quello s'innalzava il secondo, ove i lìnestroni arcuati e bipartiti erano tramezzati da pilastri d'ordine corintio, rispondenti alle colonne sottoposte. Coronava la mole un cornicione merlato. Come abbiamo già detto, è ferma la tradizione che il palazzo dell'Arte degli Stracciamoli, più sopra descritto, ritraesse in piccolo l'architettura del palazzo dei Bentivoglio. L'edilizio era tutto in mattoni ed aveva, giusta l'affermazione dei contemporanei, 244 camere, esclusi i gabinetti e gli altri luoghi minori e di servizio. Sotto il sesto arco del porticato si apriva la porta col vestibolo che finiva in un peristilio, per il quale si entrava di mano in mano nei cortili, nelle loggie, negli appartamenti terreni, nelle armerie, nelle scuderie, nei giardini ornati di statue e di fontane; il tutto disposto in bell'ordine sopra un'area che si stendeva lino al borgo della Paglia (ora via delle Belle Arti), ove sorgeva la facciata posteriore, decorata di portico essa pure. I lati della fabbrica misnravai o ciascheduno 420 piedi bolognesi. Agli appari; menti superiori conduceva un ampio scalone e, mediante un ponte levatoio soprapposto alla via dei Castagnoli, si passava sulla torre eretta di fianco ed isolata. Questa da una parte era larga circa 18 piedi e dall'altra 14; superata in altezza dalla sola torre degli Asinelli e divisa internamente in selte piani a vòlta, con camere bellissime. Aveva la base a scarpa in macigno ed un ballatoio o terrazzo a merli alla sommità; su questo sorgeva un'altra torre racchiudente una grossa campana per chiamare a raccolta. Tutto all'intorno del ballatoio ricorrevano scolpiti e messi a oro e a colori, uniti colla sega bentivogliesca. gli stemmi delle famiglie imparentate coi Bentivoglio, cioè ì Visconti, gli Sforza, i Gonzaga, gli Este, i Mala-testa, i Manfredi, i Torelli, i fìangoni, i Pio, gli Orsini, ecc. Questa torre figura benissimo nel panorama di Bologna, ritratto sulla pittura murale che ancora conservasi in una stanza attigua all'aula del Consiglio provinciale, nel palazzo Pubblico: pittura attribuita al Francia e della quale abbiamo già discorso. Gli appartarne!;li erano dipinti dai migliori artisti che allora fossero in Bologna e fra i quali pi iineggiavailFrancia. Sono ricordate ancora le storie ili Troia, il fatto dì Giuditta, dipinti sul palazzo ed il grande torneo del 1470 dipinto sulla torre. Secondo il Gozzadini. che ne diede un'accurata illustrazione, sembra che l'edilizio costasse 150.000 ducati d'oro. Di tanta magnificenza, di tanta grandiosità ora nulla più è rimasto, neppure un rudero, appena ne rimane la memoria nelle vecchie cronache bolognesi e nella tradizione popolare.
   La torre, colpita dal fulmine nel 1504 e sconquassata da un terremoto nell'anno seguente, si