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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Massa e Carrara - Lucca - Pisa - Livorno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 272
I'isa
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riarsero le lotte intestine (peste perpetua d'Italia) e Pisa fu costretta a cedere Cagliari in Sardegna ad Alfonso 11 d'Aragona.
Nell'andata a Roma di Lodovico il Bava.ro (1327) i risani, per non danneggiare il loro commercio, risolsero di mantenersi neutrali. Lodovico impose loro gravi contribuzioni e nominò vicario generale il loro avversario Castruccio. Reduci da Roma, Lodovico e l'antipapa Nicolò V dimorarono m Pisa, la quale fu perciò posta sotto l'interdetto papale. Dopo la partenza dell'imperatore venne fatto a Bonifacio della Gherardesca espellere, nel 1329, il vicario imperiale; riacquistare l'indipendenza della Repubblica ed addurre alcuni anni di pace, durante i quali fu in gran fiore l'Università; ed i Lorenzetti dipinsero, verso il 1340, nel Camposanto.
Dopo la morte di Itonifacio nella guerra contro Lucca e i Fiorentini, i risani ebbero Lucca (1312) con undici mesi di assedio e con uno sfarzo d'armi che costò un milione e mezzo di fiorini d'oro; ma nuovi dissidi intestini straziarono la città; i Bergolinì (popolo semplice) vinsero i Raspanti (mercanti rapaci) ed elessero, nel 1348, Gambacorti a loro capo-difensore. Persino la Morte Nera, o peste, non potè comporre i dissidi: come a Firenze fu gravissima questa pestilenza; ma non sono attendibili le cifre di mortalità date dai cronisti, d'altronde contradittorie.
Al passaggio per ire a Roma di re Carlo IV, nel 1353, i Raspanti vinsero per mezzo di lui i Gambacorti. La voce che Carlo voleva riscattare Lucca ila Pisa suscitò una sommossa: il popolo infuriato assalì i Tedeschi e il palazzo Comunale ove abitava Carlo fu dato alle fiamme, sì cli'ci dovette fuggir con la moglie vestito a mezzo. La sommossa fu repressa, ma i Gambacorti caddero vittima del tradimento dei loro avversari e della debolezza di Carlo, il quale lasciò giustiziare cinque membri della loro famiglia.
Nelle nuove guerre con Firenze (1362) coadiuvò il condottiere inglese Hawkwood (Giovanni Acuto) e quindi Baumgarten (1364) con 3000 corazzieri tedeschi, i quali lasciarono per maggior soldo l'esercito, mentre l'Hawkwood rimase fedele. Coll'aiuto di lui un vanitoso e pretensioso banchiere, di nome Giovanni dell'Agnello, si impadronì del potere, si spacciò per doge nominato dalla Madonna, nobilitò sedici famiglie, strinse paci vergognose, richiamò i Bergolini. scinuniotteggiò la pompa imperiale portando a cavallo uno scettro d'oro. Ma quando nelle feste imperiali cadde fratturandosi una gamba, il popolo se ne liberò gridando: Viva il popolo e l'imperatore, morte al principe!
I Gambacorti tornarono a Pisa trionfanti. Pietro divenne capitano, resse per ben vent'anni saviamente lo Stato, abbellì la città e ne promosse l'industria e il commercio; ma cadde ucciso per trama del suo proprio segretario, Jacopo d'Appiano, che lo tradì al duca di Milano, a cui suo figlio Vanni vendè, nel 1399, la signoria per 200,000 fiorini. Nel 1102 la signoria pervenne al costui figlio naturale Gabriele, il quale si pose sotto la protezione del maresciallo francese in Genova e vendè, nel 1405, la cittadella di Pisa a Firenze. Ne seguì un'insurrezione generale a Pisa; un nipote del Gambacorti fu eletto capitano del popolo; ma quando i Fiorentini bloccarono, nel 1406, la città e i Genovesi la strinsero d'assedio dal mare, il Gambacorti conchiuse un trattato che lo salvava ma consegnava Pisa ai Fiorentini,
Le famiglie più cospicue emigrarono e il Gran Consiglio trovò, nel 1409, la città ridotta a inai partito: sempre però si continuò ad abbellirla e, nel 1409, Benozzo Goz-zoli vi eseguì, lavorando per sedici anni, i famosi freschi nel Camposanto.
Nel 1479 una delle periodiche pestilenze fece provvisoriamente trasportare a Pistoja l'Università; l'ultima delle gravi pesti a Pisa fu nel 1030 come a Firenze.
Quando Carlo Vili di Francia giunse festeggiatissimo nel 1494 a Pisa, i cittadini tentarono ricuperare la perduta libertà. Il re francese dapprima li secondò, poi vendette ai Fiorentini l'ordine che le sue truppe abbandonassero la città: il suo luogotenente D'Entraques (dicono innamorato dì una giovane pisana del Lante) non tenne