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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 415

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parie Terza — Italia Centrale
   Sinigaglia fu riedificata e abbellita sotto Guidobaldo e cinta di fortificazioni. Furono anche munite Pesaro e Urbino. Ma queste ed altre spese, sostenute per mantenere splendida la corte, furono cagione che si ricorresse a nuove e gravi imposizioni, di cui stanco il popolo immiserito, si sollevò nel 1572. Cagli e Urbino levaronsi a rumore e gli Urbinati si rivolsero al papa come a supremo signore. Guidobaldo allora revocò quelle leggi, tranne che per gli Urbinati, ili pena dell'aver essi fatto ricorso ad altra autorità. Allora Urbino mandò dodici deputati a Guidobaldo per placarne lo sdegno; ma il duca li fece tutti imprigionare e a nove di loro fu mozzato il capo nella rocca di Pesaro, a molti altri confiscò i beni, altri cacciò in esilio. Finalmente concesse il perdono; ma prima fece edificare in città una nuova fortezza per tenere a freno gli abitanti.
   Francesco Maria li successe a Guidobaldo, morto a Pesaro nel 1574, e fu il sesto ed ultimo duca d'Urbino. Datato di grande ingegno, coltivò le lettere e le scienze ed ebbe anche a maestro il celebre matematico Federico Cominandino d'Urbino. Come guerriero prese parte alla battaglia di Lepanto, dove si ebbe premii ed onori dallo stesso Giovanni d'Austria. Salito al trono richiamò tutti coloro che erano stati esiliati dal padre suo e loro restituì i beni confiscati; si mostrò in seguito principe di alto senno politico. Sposò Lucrezia d'Uste, la quale morta presto, i sudditi fecero pressioni acciò passasse a seconde nozze, perchè non si estinguesse la famiglia Roveresca. Sposò quindi Livia Della Rovere, figlia di suo cugino Ippolito, marchese di San Lorenzo in Campo. Nacque da questa unione un figlio che chiamò Federico.
   Nel 1G06, desiderando Francesco Maria di sollevarsi dalle cure del governo, affidò lo Stato ai rappresentanti proposti dal popolo. Gli otto Comuni principali del ducato nominavano ciascuno tre cittadini, tra questi il duca ne sceglieva uno e gli otto scelti componevano la Giunta suprema. Gli otto risiedevano in Urbino, con potestà suprema, pari a quella dello stesso duca.
   Giunto Federico ad età maggiore, il padre volle affidargli le redini del governo, dopo di avergli data in isposa Claudia, sorella di Cosimo 11 granduca di Toscana. Ma Federico lasciò intravvedere spirito inquieto e atti violenti. Si dio a vizi, a dissolutezze e giunse a stipendiare una compagnia di comici coi quali viveva. 1 cittadini, preoccupati, reagirono e pensarono persino di levar di vita Federico, e ciò forse fu realmente eseguito, poiché il 29 giugno del 102;$ il principe fu trovato morto nel proprio letto. Un velo misterioso coprì questo improvviso avvenimento.
   Così Francesco Maria, che traeva la sua vecchiaia tranquillamente, nella prediletta dimora di Castel Durante, si vide di nuovo travolto nelle gravi cure dello Stato. Stabilì nuovamente la Giunta suprema e, per assicurare la signoria e la successione alla nipote Vittoria, unica figliuoletta di Federico, la fidanzò al giovane granduca di Toscana Ferdinando li, con tutto lo Stato d'Urbino in dote.
   Ma a tale pingue successione pretendeva il papa Urbano Vili, allora sulla cattedra di San Pietro, il quale seppe astutamente farla cadere nelle sue inani, poiché il vecchio duca, oppresso e assalito da cardinali e prelati, consentì alla fine ad una formale cessione del ducato d'Urbino e delle sue pertinenze alla Santa Sede e lasciato il governo ad un prelato spedito da Roma, si ritirò in Castel Durante, nel 1G2G. Le pretese di Roma essendo appoggiate dalla Spagna, il granduca di Toscana si trovò troppo debole per sostenere le sue ragioni e confermò la concessione fatta da Francesco Maria. Fu però convenuto che il papa avrebbe sborsato 100,000 scudi e che acquistasse o cedesse alla duchessa Vittoria i cannoni e i mobili delle rocche. Francesco Maria morì nel 1G31 ed Urbano Vili compiè la restituzione dei beni allodiali e diede effetto alle nltre cose convenute nel trattato.
   Così finì la successione dei duchi di Urbino e il ducato passò sotto l'immediato dominio elei pontefici, quantunque molti principi,per loro interessi, stimolassero Urbano acciò investisse del ducato il nipote Taddeo Barberini. Quanto alla città di Urbino,