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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 415
Urbino
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di Lorenzo Colonna. Guido Antonio sottomise inoltre Castel Durante, detto poi TJrbania, capoluogo della Massa Traballa, che si ribellò ai Ilrancaleoni suoi antichi signori. Ne seguì guerra; ma la pace che seguì, in conseguenza di un matrimonio tra una donna dei Ilrancaleoni e Federico, figlio naturale di Giudo Antonio, portò a questo ulteriori acquisti, cioè Sant'Angelo 111 Vado, Mercatello e. il restante della Massa Traballa. Morì nel 1443 lasciando la signoria a Oddantoino. natogli ila Caterina Colonna,
Oddantonio fu il decimo conte di Montefeltro e il primo duca d'Urbino. Appena succeduto al parlrc si recò, nel 1443, in Siena per tributare la sua venerazione a papa Eugenio IV, il quale lo innalzò alla dignità ducale. Tornato in Urbino cominciò a mostrarsi di animo malvagio e si macchiò a tal segno, da spingere i suoi cittadini alla vendetta. Si formò una congiura nel 1444, che dal suo capo, il medico Serafino Serafini, fu detta dei Serafini. 1 congiurati, seguiti da molto popolo, assaltarono il palazzo, lo invasero e trucidarono Oddantonio insieme ai suoi consiglieri e ministri di tirannia.
Ereditò la corona ducale Federico III suo fratello, figlio illegittimo di Guidantonio e di una donzella degli Ubaldini. Prima di prendere possesso del ducato dovette giurare che 11011 avrebbe mai presa vendetta della uccisione del fratello.
Fu questo Federico il più gran prìncipe della sua casa e quegli che ne portò all'apice la potenza e la gloria. Tutte le virtù di principe e di capitano in lui mirabilmente concorsero : giustìzia, liberalità, prudenza, moderazione nelle vittorie, generoso amor di patria. Il Machiavelli lo chiamò eccellentissimo nel mestiere delle anni ed il Guicciardini primissimo di tutti i capitani del suo tempo. Dello intelligente giudizio e della munificenza con cui, pari a Nicolò V, a Cosimo de' Medici, ad Alfonso d'Aragona, adunò nella sua corte una ricca collezione di libri, può far fede la Biblioteca Vaticana che di quella collezione si arricchì. Fu largo e generoso verso i dotti, nel che pure emulò la gloria di quanti principi furono più splendidi protettori e mecenati delle scienze e delle lettere. Per lui, come a suo luogo vedremo, sorse in Urbino 11110 dei più belli e sontuosi palazzi che vanti l'Italia, ricco di marmi, di dipinti e d'ornamenti di ogni maniera. Federico si dimostrò magnanimo e grande e col nome di Federico il Grande egli viene da molti scrittori ricordato.
Pel matrimonio con Gentile, figlia di Bartolomeo Brancaleoni, ebbe la Massa Trabaria. Collegatosi poi col conte Francesco Sforza gli rimase fedele anche quando volgeva in bassa fortuna. Con Galeazzo Malatesta, signore di Pesaro, negoziò l'acquisto di Fos-sombrone, per 13,000 fiorini d'oro e da ciò accrebbesi l'odio del Malatesta da Rimini verso la casa di Montefeltro e ne seguì lunga guerra. Sigismondo Malatesta, nel 1447, tolse a Federico Fossombrone, ma questi la riacquistò subito colle armi. Seguì una tregua per anni dodici, nonostante la quale Pergola e il vicariato di Mondavio rimasero a Federico. Venutisi a battaglia, Sigismondo fu sconfitto sulle rive del Cesano ed unite le sue armi a quelle della lega formatasi contro il Malatesta, fu il principale autore della rovina dì quel principe. Protesse invece Roberto figlio di Sigismondo, 11011 soffrendo le ambiziose mire di papa Paolo II, e difese Riniini minacciata dalle armi ecclesiastiche capitanate da Napoleone Orsini e da Pino Ordelaffi. Combattè quindi numerose e importanti guerre in Italia, nelle quali si trovò come capitano generale ora del duca di Milano, ora della Repubblica fiorentina, ora degli Aragonesi.
Nel 1471 Sisto IV gli donò la rosa d'oro e lo confermò duca di Urbino. Verso il medesimo tempo Edoardo IV re d'Inghilterra gli conferì l'Ordine della Giarrettiera, che ei prese con solennissima pompa. Trovandosi accampato nel Polesine di Rovigo, in luogo paludoso e malsano, contrasse una febbre, che dopo di averlo travagliato per tre mesi, lo condusse a morte 111 Ferrara, nel settembre del 1482. Aveva sposata in seconde nozze Battista, figlia di Alessandro Sforza signore di Pesaro, donna virtuosissima, bella, versata nelle lettere e nella eloquenza latina.