Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino', Gustavo Strafforello
Pagina (369/423) Pagina
Pagina (369/423)
La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 415
I Mandamenti e Comuni del Circondano di Urbino
365
specialmente dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini. Nel 1419 Braccio da Montone, dopo di avere invano tentato d'impadronirsi di Gubbio, si gettò nel contado e mandò un suo condottiero a Serra Sant'Abbondio, per impadronirsene; mane fu scacciato. Ne divenne poscia signore il conte Federico d'Urbino, il quale vi fece erigere una rocca.
11 paese trovasi a sud-ovest di Pergola, sulla sinistra del Cesano, su di una collina a 536 metri sul mare, alle falde del monte Croce della Serra (786 m.) e poco lungi dal Catria (1702 ni.); fu un tempo protetto da mura, oggi quasi del tutto diroccate. Osserva il Cimarelli, che questo fortissimo castello fu edificato a difesa del passo che formano gli Apennini tra la Marca e l'Umbria, il quale valico essendo per Gubbio pericoloso, fu da questa città fortificato con questo castello, che costò agli Eugubini 20,000 lire.
Ciò che rende interessante Serra Sant'Abbondio è la vicinanza del celebre monastero di Fonte Avellana (689 in. sul mare), asilo dell'Alighieri e tomba ili Guido Aretino. Ne daremo la descrizione secondo uno scritto del chiarissime prof. Rodolfo Cecchetelli-Ippoliti, inserito nel periodico Arte e Storia, 1891, n. 19, pag. 148 e seg.
Partendo da Serra Sant'Abbondio si cammina per una via incomoda che costeggia un fiumi-cello, la quale, lasciando a sinistra il villaggio di Leccia, percorre sempre una stretta valle. In questa non v'ha abitazione alcuna, nulla si scorge se non le alte cime brulle dei monti, clic descrivono linee delicate sull'azzurro del cielo; nulla si ode se non il rumore monotono delle limpide e fresche acque che veementi s'infrangono nelsasso.
Seguitando sempre la medesima via si scende quasi a livello del corso d'acqua; quindi si sale, si scende di nuovo, sempre tra immensi scogli di bianca pietra cornea, che formano spaventosi burroni. In vicinanza del monastero il paesaggio eambia aspetto: tutto è bosco; le verdi chiome degli alberi ricoprono da cima a fondo gli eccelsi monti; la valle si fa più angusta e tra gli alti faggi, querci, Serri, si scorge una bianca edicola consacrata a Sant'Albertino. Dall'edicola, sotto la quale sgorgano freschissime acque, alzando gli occhi, ci si presenta un immenso fabbricato bianco, che fa contrasto al circostante verde della grande selva. Cosi dopo 4 miglia di sassosa via, nella serena tristezza di una valle solitaria, giungesi all'eremo di Fonte Avellana.
Nel selvaggio dorso del gigantesco Catria, che elevasi per ben 1102 metri, fra rupi, rovinosi scogli e fìtte piante clic salgono sino alla cima del monte, si trova Santa Maria di Fonte Avellana, austero cenobio ove regna il più cupo silenzio. Iti questo luogo di pace, lontano dall'umano consorzio, vivono oggi pochi monaci. Di fronte al monastero, a circa 300 m., attaccata ad un albero, trovasi una tavoletta con questo scritto:
Siste
Ut In. Speculo, hnagimm. Ita. Mie. Voean Clama.
Non plus, quam Undecies.
Da questo albero adunque, rivolgendosi verso le mura del convento e pronunciando con lingua spedita due endecasillabi, si sente ripetere chiaramente, dalla gentile Eco, quanto si è detto. Il
monastero, che trovasi ad un terzo di altezza del monte Catria, presso il Corno, ha un clima freddissimo. Per soli tre mesi vi si gode la primavera ; nell'inverno la neve rende quel luogo inaccessibile, i venti spesso soffiano fragorosi su ì dirupi ; sembra un paesaggio del Polo.
L'eremo di Fonte Avellana ebbe forse origine nel 982 da un tal vescovo di Gubbio, chiamato Landolfo Panfili, che costrusse in quel luogo, insieme ad un suo compagno di nome Giuliano, una piccola chiesa in onore di S. Andrea Apostolo, alla quale aggiunse una cripta per menarvi vita solitaria edi penitenza. Ma tale opiiiioneè erronea.
In seguilo, cresciuto il numero degli eremiti, vi si recò San Hoimialdo; quindi San Pier Damiani, riformatore del monastero, aumentando le celle solitarie pose gli anacoreti sotto la Regola di San Benedetto. Tale società religiosa fu poi detta Congregazione dell' Avellana e per la semplicità del suo fondatore fu anche chiamata della Colomba; sino a che, nel 1325, papa Giovanni XX la dichiarò abbazia ed Ubaldo ne fu il primo abbate. Divenuta Commenda, passò al cardinale Iessanone, che vi abitò.
Estinta la Congregazione degli Avellaniti, fu dei Celestini, Ordine istituito nel 1298 da San Pietro Morone, poi Celestino V, che dimorò in quell'eremo. Finalmente, sotto il pontificato di Pio V, furonvi sostituiti t monaci Camaldolesi, i quali tuttora restano custodi del convento.
Nei secoli XV e XVI si facevano granili pellegrinaggi in questo luogo ed è fama che i devoti ascendessero sino a diecimila.
11 chiostro di Fonte Avellana dette sereno asilo a molti uomini illustri, cominciando da Dante, che esule, vi fu ricevuto nel 1318 dal priore Mori-cene. Quivi il sommo poeta scrisse (Par., xxi):
Tra duo liti d'Italia surgon sassi
E non mollo distanti alla tua pallia 'l'auto elle i tuoni suonano più bassi', E fanno un gibbo elie si cliiama Calrìa Ili sotto al quale è consecralo un Ermo Clic suol esser disposto u sola latria.