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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 415

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondario di Ancona 49
   cominciò a svolgersi quella vita operosa nelle industrie, in ispecie della carta e della lana, nelle arti belle, nelle lettere, nelle armi, che, sviluppandosi sempre maggiormente, gli meritò di essere annoverato tra i primi quattro castelli d'Italia. Da ([iti la molta reputazione di potenza che si procacciarono i Fabrianesi presso i vicini e i lontani, onde di continuo furono ricercati della loro alleanza (Carte diplomatiche fabrianesi); da qui la moltiplicità e la ricchezza delle chiese sòrte tutte in quel tempo ; da qui la maestosa sontuosità dei templi dedicati a San Venanzo e a San Francesco (l'uno rifatto nei primordi del secolo XVII, l'altro nella terza metà del XVIII ed ora affatto distrutto); da qui l'abbondanza degli opifici cavtieri e lanieri e degl'istituti di pubblica beneficenza ; da qui finalmente ogni forma di prosperità socia'e, di cui rimangono eloquenti testimonianze negli atti pubblici e privati custoditi negli Archivi notarili e comunali, i soli che siano stati esplorati con un po' di diligenza ; coso tutte più o meno trascurate dai cronisti fabrianesi, che furono soltanto accuratissimi di raccogliere e registrare le tradizioni, non sempre genuine, di fatti clamorosi, isolati, spesso individuali che impolpano un libro, ma non costituiscono una storia.
   Sorte le fazioni dei Guelfi e Ghibellini, Fabriano ebbe a provarne i funesti effetti, poiché Alberghetti Chiavelli, tiglio di Tommaso I e nepote di Gualtieri, si die coi nobili a seguire le parti Fig. 17.
   imperiali, tentando d'insignorirsi Fabriano: Ponte di Cbiaradovo alla Montagna della Pl0ssa del castello, e il popolo invece (da fotografia Floriam).
   seguì la parte guelfa, di guisa che
   Alberghetti! più volte ne fu cacciato e più volte vi ritornò, ora cogli aiuti di Lodovico il Da varo che lo creò vicario imperiale; ora protetto da Lodovico I re d'Ungheria, che con poderoso esercito si recava a Napoli per vendicare la morte del suo fratello Andrea, marito della regina Giovanna; ora sostenuto da Giovanni Visconti col quale era entrato in leg a. Ma Urbano V, cui i Fabrianesi avevano ricorso per essere liberati dal giogo tirannico di lui, lo fece imprigionare insieme al figlio Guido, e minacciandolo di morte lo costrinse a restituire alla Chiesa il castello, lo che avvenne tra il fine del 13G9 e il principio del 1370, nel qual tempo morì in Viterbo in età di 112 anni.
   Alberghete lasciò erede dei suoi pretesi diritti il suo primogenito Guido, il quale, dopo essere stato per alcun tempo ramingo, riebbe il vicariato di Fabriano che tenne
   1S6 — La Patria, voi. III.